Riportiamo un significativo stralcio dello storico White Paper, la lettera con cui nel 1978 Dan Gurney ha messo per la prima volta nero su bianco il malcontento delle squadre nei confronti dell’USAC, organizzatore del massimo campionato a ruote scoperte americane, lo USAC National Championship, in cui correvano le cosiddette Champcars. Quanto segue è la traduzione del documento riportato nel sito dell’All American Racers, la storica squadra del leggendario pilota e proprietario americano.
Negli ultimi 3 o 4 anni ho avuto conversazioni con quasi tutti i proprietari e direttori di team. Ho parlato con i piloti, con direttori del sanctioning body, con i proprietari dei circuiti, promoters, grandi sponsor, tifosi e altre parti interessate. In generale tutti concordano che c’è qualcosa di sbagliato nel nostro sport: non sta minimamente raggiungendo il suo pieno potenziale…e c’è un gran bisogno di cambiamento!
Dalle discussioni cui ho partecipato mi sono reso conto che siamo tutti così concentrati nel correre gli uni contro gli altri da non avere il tempo di fermarci e analizzare la situazione. Con frustrazione ho quindi capito che le cose devono ancora peggiorare prima di poterci dare una svegliata. Il nostro sport ha il potenziale per essere economicamente redditizio e sano, da un punto di vista commerciale, per tutti i partecipanti. Gran parte dei proprietari e dei direttori di team sono uomini d’affari di successo nelle loro vite extra corse. Come uomini d’affari dovremmo vergognarci di noi stessi per essere coinvolti in uno sport prestigioso come il Championship Racing, dotato di un gran potenziale ma debole e disorganizzato come si trova allo stato attuale. È veramente strano che con tutti questi “pesi massimi” coinvolti, non siamo ancora riusciti a muoverci insieme. (“Dividi e impera” sembra ancora funzionare, no?)
O.K.! Cosa dovremmo fare allora? Per prima cosa facciamo una piccola digressione. Studiamo un po’ di storia. Nei primi anni ’70, le condizioni della Formula 1 erano simili a quelle in cui versa ora lo USAC Championship. Il pubblico era poco, gli sponsor difficili da trovare, i media erano poco interessati, le spese alte e in crescita e il panorama era di totale disorganizzazione.
Fu a questo punto che la gravità della situazione li ha resi uniti e pronti a formare un organizzazione chiamata Formula 1 Constructors Association (FOCA). Hanno scelto un uomo chiamato Bernie Ecclestone come capo delle operazioni e negoziatore e si sono impegnati solennemente a rispettare al 100% ogni sua decisione. Si sono rimboccati le maniche e hanno aggiornato completamente il loro sport, al punto che il pubblico pagante è molto molto aumentato, gli sponsor sono tanti e contenti di essere coinvolti, la stampa copre vigorosamente tutti gli eventi in TV e lo stesso fanno riviste e quotidiani in tutto il mondo, e i soldi stanno tornando ai costruttori e ai proprietari dei circuiti sotto forma di maggiori vendite di biglietti, più sponsorizzazioni, maggiori montepremi e lo spettatore assiste a uno spettacolo migliore per i soldi che ha speso.
Il fatto ovvio è che la FOCA ha trasformato la Formula 1 da un gruppo di squadre deboli e divise, senza alcuna forza o potere contrattuale, in un business fiorente. Lo hanno fatto unendosi e prendendosi un impegno del tipo “non si torna più indietro”. Parlano con una voce sola (quella del negoziatore scelto) e quella voce ha acquisito autorità rapidamente.
Ora, è vero che Championship racing e Formula 1 sono realtà differenti e quindi ci vorrà un tipo di organizzazione un po’ diverso per portare miglioramenti. Parlo della FOCA solo come un esempio di qualcosa che ha funzionato senza mezzi termini. Penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che i costi del nostro campionato siano cresciuti al punto da essere ridicoli, e allo stesso tempo i montepremi non sono cresciuti affatto, anzi si sono ridotti considerando gli effetti generali dell’inflazione sull’economia USA.
Al momento noi, i proprietari di team, siamo quelli che devono fare di gran lunga lo sforzo più grande, siamo quelli che fanno i maggiori investimenti con poche o nessuna speranza di guadagnarci qualcosa, ma siccome siamo stati così concentrati nel battagliare tra noi, abbiamo lasciato che proprietari dei circuiti, promoters e sanctioning body ci portassero a spasso prendendosi tutti i vantaggi. L’USAC per esempio negozia con le TV come se avesse i diritti TV che, se volessimo andare in fondo alla questione, sarebbero nostri (Proprietari di macchine e teams).
È ovvio che se Long Beach (in F1, n.d.t.) può permettersi di pagare un montepremi di circa 1.000.000$ a gara dopo soli 5 anni di esistenza (hanno iniziato nel 1974), con un pubblico pagante di massimo 70.000 spettatori fin ora, allora Indy con un pubblico di oltre 600.000 spettatori (200.000 nel primo weekend, 100.000 nel secondo e 300.000 per la gara, quindi 600.000 paganti in tutto), una tradizione lunga 60 anni e la sua copertura TV internazionale, potrebbe permettersi di pagare più di 2 milioni di $ come montepremi, a voler essere onesti. Come ha detto il sig. Lindsey Hopkins: “Siamo quelli che hanno fatto di più per costruire le tribune a Indianapolis rispetto a chiunque altro. IMS dovrebbe ringraziarci ogni anno, in aggiunta ai ringraziamenti che noi facciamo loro”.
In tutte le nostre discussioni, come proprietari di macchine e team leaders, abbiamo concordato che è essenziale continuare a supportare l’USAC come sanctioning body del Championship racing. L’unico miglioramento sarà che l’USAC lavorerà per noi e supporterà la nostra causa e le nostre politiche. Deve essere chiaro che l’intento di questa organizzazione è migliorare le corse in senso generale. Non solo per i proprietari o i piloti, ma anche per i padroni dei circuiti, i promoters, il sanctioning body, gli sponsors, i sostenitori e ultimi ma non meno importanti, i tifosi e il pubblico pagante.
In ultima analisi ovviamente avere più spettatori paganti è la chiave del successo per tutti. I proprietari di piste e gli organizzatori, promuovendo aggressivamente questi grandi eventi che da contratto dovrebbero includere le squadre e le stars, avrebbero un pubblico maggiore…che in cambio attirerà gli sponsors e l’attenzione delle TV e quindi altra gente ecc., innalzando tutto il modello economico dello sport. È mia ferma convinzione che piuttosto che tagliare i costi delle corse, cosa quasi impossibile, è molto più importante rendere i soldi più rapidamente disponibili, aumentando la popolarità e il prestigio dello sport agli occhi del pubblico generale.
I circuiti non intenzionati a mettere in campo impegno e promozione adeguati a raggiungere il livello minimo di montepremi non dovrebbero poter ospitare gare. L’alternativa è quella di permettere alla nostra organizzazione (quest’idea è presa dalla FOCA) di prendere in gestione le piste con un accordo ragionevole, promuoverci le gare e farle dove pensiamo possano avere successo. Sempre sanzionate dall’USAC naturalmente. Per esempio, il GP di Germania a Hockenheim sarà organizzato e promosso dalla FOCA quest’anno, 1978.
Ora, come arriviamo da qui a lì? Per coma la vedo io, il primo passo è analizzare la situazione, riunirci e formare l’’organizzazione. (Chiamiamola CART o Championship Auto Racing Teams). Una volta che tutti saremo d’accordo sul fatto che c’è bisogno della CART allora dobbiamo decidere cosa vogliamo fare e come vogliamo farlo. Penso che l’organizzazione possa essere portata avanti da uno staff di tre persone. Un direttore/negoziatore, un segretario e uno che tenga i conti per il personale. Avremo bisogno di una carta per gli spostamenti aerei, una carta telefonica e un conto spese. Si dice che Bernie non abbia niente del genere, lavora solo con una commissione del 2% su tutto ciò che ha fatto tramite la FOCA.
Penso che una “resa dei conti” con l’Indianapolis Motor Speedway è o debba essere il primo obiettivo. Loro sono quelli che possono permetterselo. Dovremmo rinegoziare il contratto TV (diritti nostri, non loro) e dovremo chiedere un montepremi doppio. Con le altre piste dovremmo negoziare sulla base di un ragionevole ritorno su tutti i fronti come TV, incassi dai biglietti, pubblicità degli sponsors ecc. Il tutto dovrebbe essere visto dal punto di vista della cooperazione piuttosto che del cercare di ucciderci l’un l’altro.
Dobbiamo lavorare insieme per capire come migliorare il marketing complessivo, la pubblicità. Se la CART potesse mandare preventivamente i piloti e del materiale informativo a giornali, stazioni TV, camere di commercio, organizzazioni civiche, scuole, ecc. allora dovremmo farlo. È vitale risolvere il problema di come ottenere più soldi da pubblicità e televisioni, così da avere una torta più grande da spartirsi…l’unico modo perché le nostre richieste di montepremi più alti abbiano validità è che i soldi effettivamente ci siano. A meno che non si riesca a vedere i libri contabili dei vari circuiti, negozieremo sempre da una posizione di ignoranza. Mi sembra che potremmo essere tutti molto più avanti se lavorassimo (squadre e circuiti, n.d.t.) insieme piuttosto che divisi. Dobbiamo vedere le loro dichiarazioni dei redditi e i loro libri.
Con il giusto programma di esposizione, una compagnia petrolifera può ottenere il sufficiente livello di ritorno dall’essere lo sponsor esclusivo della Championship series. Sigarette, whiskey, banche…abbiamo bisogno di una squadra di promozione e vendita molto aggressiva con gente molto in gamba a gestirla. Come finanziamo questa operazione CART? Costi di partecipazione? Percentuali sulle vincite? Ecc. Sono aperto a proposte. Qualcuno (il nostro uomo della CART) deve essere parte di tutte le negoziazioni che Dick King (presidente dell’USAC, n.d.t.) fa con i vari promoter delle piste, la gente della televisione, gli sponsor del campionato ecc.
Dan Gurney