Sam Hornish Jr.

Nome: Samuel Jon Hornish Jr.

Data e luogo di nascita: 2 luglio 1979, Defiance (Ohio, USA)

Nazionalità: Statunitense

Ruolo: Pilota

Sam Hornish Jr. nasce a Defiance, Ohio, il 2 luglio 1979. Suo padre possiede un’azienda di trasporti ed è un grande appassionato di corse. La passione di Sam nasce così nelle tribune dei circuiti del circondario e a 10 anni arriva il debutto col kart sullo sterrato, dove vince quasi subito, passando presto alle piste pavimentate. Negli anni successivi il giovane Sam ottiene successi prima in campo regionale e poi interstatale, affermandosi in vari campionati disputati tra gli Stati Uniti e il Canada. A 16 anni debutta in Formula Ford, nella USF2000, in un team a conduzione familiare, facendo esperienza. Nelle stagioni successive cambia diverse squadre, ottenendo nel 1998 tre podi e il settimo posto in classifica. Nel 1999 passa quindi in F.Atlantic, col team Shank, con cui ottiene una vittoria sull’ovale di Chicago e chiude il campionato al settimo posto. Parallelamente Sam entra in contatto con un piccolo team che corre in IRL, il PDM Racing, che a Indianapolis è ospitato nell’officina del leggendario capo meccanico AJ Watson. Insieme riescono a mettere insieme il budget per correre le prime quattro corse del campionato 2000.

Nella primo appuntamento di Orlando Sam chiude 19° staccato di molti giri, finendo poi contro il muro nella corsa successiva a Phoenix. A Las Vegas porta però la sua G.Force-Aurora vecchia di un anno a un insperato terzo posto, risultato che dà una svolta alla sua carriera. Per Indianapolis la squadra riceve infatti una nuova vettura dalla Dallara, che l’americano qualifica in quinta fila. La gara si chiude con un incidente al 150° giro, ma i premi in denaro sono sufficienti perché Sam possa acquistare dalla squadra un carico di 2500 telefoni cordless, donati da uno dei pochi sponsor, e continuare con il team per qualche altra corsa. Mentre i genitori riescono in qualche modo a dare via tutti i telefoni, Sam nelle gare successive riesce a mettersi in mostra: in Kentucky in particolare, dove guida la corsa per una trentina di giri e rimane in zona podio fino a due tornate dal termine, quando finisce il metanolo e chiude nono. Il talento dell’americano non è però passato inosservato ai top team e dopo un test favorevole, Hornish viene scelto per sostituire il ritirato Scott Goodyear al team Panther.

Foto di rito a Indianapolis col team PDM e la livrea supportata dai Thunderbirds dell’aviazione americana. snaplap.net

L’avvio della stagione 2001 è scioccante. Sam infatti domina le prime due corse di Homestead e Phoenix, mettendo in riga i piloti più esperti della categoria e impostando poi un campionato basato sulla continuità. Hornish si dimostra infatti maturo e riflessivo, pur mettendo in mostra una guida aggressiva e spettacolare: è il più determinato nel traffico e non ha timori riverenziali nei confronti di nessuno, passando tra il muro e gli avversari senza esitazioni ma senza apparentemente forzare, con una naturalezza che lascia di stucco considerando la giovane età. Nelle corse successive Sam è sempre tra i protagonisti, mette a segno sette podi, tra cui tre secondi posti consecutivi, che gli permettono di conquistare il titolo a Chicago con una corsa d’anticipo. Libero da ogni pressione, nell’ultimo appuntamento in Texas il pilota dell’Ohio mette poi a segno una vittoria magistrale, regolando Sharp e Buhl in una spettacolare volata a tre. L’unico rammarico della stagione viene da Indianapolis, dove Sam si qualifica in quinta fila ma perde il controllo della vettura in una ripartenza, colpendo il muro e coinvolgendo Al Unser Jr.

Phoenix. autoracing1.com
Phoenix. autoracing1.com
Campione. indycar.com
Campione. indycar.com

 

Se nel 2001 Sam vince la forse non irresistibile concorrenza dei piloti IRL (Buddy Lazier ottiene comunque una vittoria in più), nel 2002 per il giovane americano arriva l’esame più impegnativo. Dopo il debutto di Phoenix e il trionfo di Indianapolis nel 2001, la Penske si trasferisce stabilmente in IRL nel 2002 e il campionato diventa subito un affare privato tra i piloti del Capitano, il due volte campione CART Gil De Ferran e il vincitore di Indy Helio Castroneves, e il giovane campione IRL. E’ questa la stagione in cui Hornish trova ancora più consapevolezza dei suoi mezzi, diventando il maestro degli arrivi al fotofinish. La stagione parte a Homestead e sono il team Panther e il suo pilota a vincere il primo round, dominando davanti a De Ferran e Castroneves. A Phoenix però i ruoli si invertono ed è Helio a trionfare davanti a Gil, con Hornish che agguanta un terzo posto nonostante problemi al cambio. Fontana chiarisce quello che sarà il motivo di tutta la serie: la Penske corre tutta la stagione col motore 2001, meno assetato e più affidabile, mentre il preparatore del team Panther riesce dove la Ilmor si blocca, facendo lavorare egregiamente il più potente propulsore Chevy 2002.

In California Hornish conquista una grande vittoria bruciando sul traguardo Jaques Lazier, mentre i piloti Penske chiudono quarto e quinto. Nell’appuntamento successivo di Nazareth l’americano commette però un brutto errore cercando un impossibile attacco all’esterno su Lazier mentre De Ferran, in crisi coi consumi, cede la vittoria all’ultimo giro a Sharp, con Castroneves solo quinto. Indy è ancora amara per Sam, che parte in terza fila, lotta nelle prime posizioni con Scheckter e Kanaan, ma danneggia una sospensione in una strisciata contro il muro, perdendo numerosi giri per le riparazioni. In Texas è coinvolto in un altro incidente con Cheever, chiudendo poi terzo dietro le Penske a Pikes Peak. Torna quindi alla vittoria a Richmond, con un’esaltante rimonta negli ultimi giri in cui ha la meglio su Giaffone e De Ferran, chiudendo poi terzo a Nashville, dove comanda a lungo la gara ma chiude quarto dopo aver perso tempo per un contatto con il rookie Mack, che gli rovina addosso durante una bandiera gialla. In Kansas è battuto in volata da Ayrton Daré, mentre a Michigan è solo settimo dietro le Penske, con le quali continua ad alternarsi in testa al campionato, grazie al secondo posto in Kentucky dietro Giaffone. De Ferran e Castronves si rifanno a St Louis, precedendo Hornish in una doppietta Penske ma nella gara successiva, a Chicago, Gil impatta violentemente contro il muro ed è costretto a saltare l’ultima corsa in Texas. Sam conduce a lungo la gara e sul traguardo precede Al Unser Jr. per 2 millesimi di secondo, record per l’arrivo più ravvicinato nella storia dell’IndyCar. Castroneves agguanta invece un quarto posto e si presenta in Texas con 12 punti di ritardo dall’americano. Nonostante Meira e Sharp siano molto veloci, la corsa finale si trasforma in un duello privato tra il brasiliano e Hornish. L’americano sa che un secondo posto gli garantirebbe il titolo, ma decide di rischiare il tutto per tutto. I due si scambiano diverse ruotate negli ultimi 30 passaggi, ma Sam riesce comunque a precedere Helio per 9 millesimi, staccandolo di 20 punti in classifica. Con questo trionfo Hornish assurge al ruolo di eroe nazionale per i tifosi, battendo i piloti stranieri di una squadra dalle potenzialità quasi illimitate rispetto al piccolo ma agguerrito team Panther.

Volata decisiva in Texas. indycar.com
Volata decisiva in Texas. indycar.com

Finale a Richmond

Volata di Chicago

Nel 2003 l’arrivo delle migliori squadre CART e soprattutto di motoristi come Honda e Toyota, cambia completamente gli equilibri del campionato IRL. Improvvisamente le squadre motorizzate Chevrolet vengono tagliate fuori dai giochi di testa e in breve molti dei protagonisti dei primi 5-6 anni della serie devono cedere il passo. La prima metà stagione per Hornish e il team Panther è difficile, tra corse inconcludenti, qualche incidente e ritiri per problemi tecnici: a Homestead l’americano è solo decimo, viene spedito contro il muro a Phoenix dal rookie AJ Foyt IV, presentandosi a Indianapolis con all’attivo il sesto posto di Motegi. Sam si qualifica 18° ma in gara risale in top ten, sfruttando magistralmente ogni occasione concessa dal traffico fino agli ultimi giri, quando la rottura del motore lo costringe al ritiro. È solo 10° in Texas, cogliendo poi due piazzamenti in top 5 sugli ovali corti di Pikes Peak e Richmond, dove la potenza è un fattore secondario e lui può dare spettacolo nel traffico.

A Michigan arriva finalmente la svolta quando la IRL permette alla Chevrolet, colta impreparata dall’impegno di Honda e Toyota, di correre ai ripari. La casa del cravattino decide così di impiegare un nuovo motore atmosferico derivato dal progetto Cosworth per la ChampCar 2003. La situazione si ribalta e ora è il team Panther ad essere quasi troppo forte per gli avversari. A Michigan Sam chiude secondo in volata dietro Alex Barron, ma coglie una perentoria affermazione in Kentucky, è poi sesto a St Louis, chiude secondo dietro Castroneves a Nazareth e con una corsa sensazionale trionfa a Chicago, facendosi largo a ruotate nel traffico e precedendo Dixon e Herta sul traguardo per pochi millesimi. Sam ha ancora la meglio sul neozelandese nella corsa successiva a Fontana, dove completa le 400 miglia alla media record di 207,1 mph. Staccato a Nashville di 117 punti da Kanaan, l’americano arriva all’ultima corsa in Texas in quarta posizione con 19 punti da recuperare su Dixon e Castroneves. I sogni di gloria per un terzo titolo consecutivo vanno però in fumo, insieme al suo motore, a 24 giri dal termine, relegando Hornish al quinto posto finale.

Volata vincente a Chicago. indycar.com
Volata vincente a Chicago. indycar.com

Volata a 3 a Chicago

Sul finire della stagione 2003 Gil De Ferran annuncia il suo ritiro dalle competizioni e Roger Penske non si fa scappare l’occasione di ingaggiare Hornish, primo americano stabilmente in forza alla squadra dai tempi di Al Unser jr. Per Sam è un sogno che diventa realtà, perché da sempre desidera correre per il Capitano e vincere a Indianapolis con la vettura bianco-rossa. Alla Penske Hornish incontra anche Rick Mears, suo idolo d’infanzia, che lavorerà molto sul giovane americano, instillandogli quella giusta dose di pazienza necessaria per portare a casa una corsa complessa come Indianapolis. Per la prima volta Sam ha anche a che fare con un compagno di squadra stabile, Helio Castroneves. Sono proprio loro due a giocarsi la prima gara del 2004 a Homestead. Dopo aver seminato il gruppo, negli ultimi 10 giri Hornish si installa sulla coda di Castroneves, fintando di continuo un attacco. All’ultimo giro il brasiliano adotta una strana tattica: convinto che la linea esterna sia la più veloce sul traguardo, in curva 1 Helio lascia libero l’interno a Hornish. I due proseguono affiancati fino alla curva 3 ma l’americano riesce a passare davanti, andando a vincere al debutto con la squadra. A Phoenix Hornish è forse l’unico in grado di contendere la vittoria a Kanaan, ma finisce contro il muro della curva 2 dopo il primo pit stop, buttando via un sicuro podio. Un altro incidente a Motegi, causato da un cambio di traiettoria improvviso di Matsuura, conduce al mese di maggio. Sam si qualifica in quarta fila, ma dopo una fase iniziale di studio rompe gli indugi e si porta al comando, lottando con Kanaan e Rice. A metà gara però perde tempo prezioso durante una sosta e durante la rimonta è coinvolto in un brutto incidente all’uscita di curva 4 con Manning e Greg Ray.

Nell’appuntamento successivo in Texas chiude quarto dopo un pericolosissimo contatto ruota a ruota con Rice e il momento difficile si prolunga a Richmond, dove ha la vittoria a portata ma, nel tentativo di raggiungere Castroneves, si tocca con Scheckter colpendo il muro e perdendo 5 giri. Dopo un’altra prova non entusiasmante in Kansas, torna finalmente sul podio a Nashville, dove Kanaan rintuzza con una ruotata un suo estremo attacco all’ultimo giro. Il terzo podio arriva a Milwaukee, un terzo posto dietro Franchitti e Rice, cui segue un buon quarto posto a Michigan. Un ritiro per problemi tecnici in Kentucky precede i disastri di Pikes Peak e Nazareth. In Colorado Hornish dà spettacolo, risalendo il gruppo a suon di sorpassi, fino a quando una turbolenza lo spedisce contro il muro. In Pennsylvania invece è bravo a soffiare il primo posto a Castroneves, ma quando la vittoria sembra ormai a un passo, un’incomprensione durante una sosta lo vede ripartire in anticipo e compromettere tutto. Raccoglie poi due piazzamenti a Chicago e Fontana, ma è ancora una volta fermato da un problema tecnico in Texas, dove potrebbe giocarsi la vittoria. I numerosi ritiri lo relegano in un deludente settimo posto finale in classifica

Pikes Peak. indycar.com; Ron McQueeney
Pikes Peak. indycar.com; Ron McQueeney

Nel 2005 Sam è chiamato a riscattare una stagione d’esordio tutto sommato inconcludente. L’inizio è ottimo, con un secondo posto a Homestead strappato a Kanaan e Meira sul traguardo e una grande vittoria a Phoenix. In Arizona in realtà il pilota da battere è Franchitti, ma nel finale Hornish riesce a tornare davanti allo scozzese durante l’ultima serie di soste, evitando il cambio gomme ed effettuando solo un rabbocco. All’ultima ripartenza è quindi bravo a rimanere alto di linea, con Franchitti che decidendo di insistere nel sorpasso all’esterno finisce sullo sporco e bacia il muro. A St Petersburg arriva l’esordio sugli stradali per l’IRL e per Hornish l’esperienza è un po’ traumatica, a causa della lunga inattività su questo tipo di tracciato. La sua corsa, spesa a lungo nella parte bassa del gruppo, finisce in una via di fuga nel finale dopo un contatto con Tomas Enge. Una corsa negativa a Motegi, nonostante la pole, porta a Indianapolis, dove Sam parte per la prima volta in prima fila, al fianco di Kanaan. L’americano guida la corsa più a lungo di tutti, battagliando con Kanaan e Franchitti. A 50 giri dal termine però perde un po’ il contatto coi primi e nel tentativo di resistere all’esterno a un attacco di Bourdais, finisce contro il muro della curva 1, collezionando il sesto ritiro di fila allo Speedway, frutto ancora una volta dell’impazienza. Nella corsa successiva in Texas corre alla grande, ma può poco contro il velocissimo Scheckter, che riporta alla vittoria il team Panther. Sette giorni dopo a Richmond, Sam è decisamente il pilota più veloce e gioca un po’ al gatto col topo con Castroneves, fino a quando un errore clamoroso in curva 4 lo spedisce violentemente contro il muro. Nella corsa successiva in Kansas è poi frenato da un problema tecnico, ma la sua stagione riprende presto slancio.

A Nashville deve arrendersi a un Franchitti più veloce chiudendo secondo, ma il duello tra i due si rinnova a Milwaukee. Sam parte in pole e domina la prima parte di gara, prima di lasciare spazio a Wheldon e Castroneves a causa di un treno di gomme difettoso. Dopo l’ultima sosta l’americano si ritrova quinto alle spalle dei due e di Kanaan e Franchitti, che non si fermano nel tentativo di evitare l’ultima sosta. Una mano gli arriva proprio da Hornish, che nella sua rimonta urta Castroneves mandandolo a muro. Dopo aver commesso il peccato capitale, Sam sa che c’è un solo modo per farsi perdonare dal Capitano e alla ripartenza si da subito da fare. In poche tornate si libera di Wheldon e Kanaan, andando alla caccia di Franchitti. I due arrivano anche alle ruotate, ma dopo diversi giri di lotta Hornish ha la meglio, fino a quando un problema in scalata lo spedisce quasi contro il muro, permettendo allo scozzese di ripassare. La caccia ricomincia e Sam riesce a riconquistare la prima piazza, che grazie al traffico rimane in bilico fino al traguardo. Dopo questo successo, dei piazzamenti in Michigan e Kentucky conducono a un buon secondo posto a Pikes Peak dietro Wheldon, mentre a Chicago chiude terzo in volata dietro l’inglese e Castroneves. Poca gloria viene dallo stradale di Sonoma, mentre a Watkins Glen approfitta di incidenti vari per chiudere settimo, terminando poi quinto a Fontana. Costante spina nel fianco dei piloti Honda, almeno sugli ovali, Hornish si piazza buon terzo in classifica.

Milwaukee. indycar.com; Ron McQueeney
Milwaukee. indycar.com; Ron McQueeney

Il pericolosissimo incidente delle prove a Indy

Il 2006 per Sam è l’anno perfetto, quello della definitiva consacrazione, seppur in un campionato sotto tono con soli 14 appuntamenti. La stagione parte a Homestead e l’americano domina a lungo, perdendo però posizioni durante l’ultima sosta collettiva e chiudendo terzo dietro Wheldon e Castroneves. A St Pete stupisce tutti precedendo il brasiliano in qualifica, ma in corsa torna nei ranghi e termina ottavo. A Motegi poi chiude quarto staccato dal vincitore Castroneves, ma la sua stagione comincia a Indianapolis, dove domina tutto il mese, conquistando con margine la pole position. In gara, per la prima volta, Hornish corre di conserva. Nei primi 100 giri lascia sfogare Wheldon, limitandosi a rimanere in top 5 e lavorando sulla vettura, ma la sua corsa prende una brutta piega al 150° giro quando, durante una sosta collettiva in regime di pace car, Roger Penske lo induce erroneamente a partire con il bocchettone ancora inserito. Nella confusione che segue, Sam si ritrova tra gli ultimi e alla ripartenza deve pure scontare un drive through, con Townsend Bell che lo tocca leggermente all’ingresso box. Nonostante tutto riesce a non perdere il giro pur risparmiando l’inverosimile per evitare l’ultimo rabbocco, che invece tutti gli altri devono effettuare. Una bandiera gialla nel finale ricompatta il gruppo e alla bandiera verde, data a 5 giri dal termine, Sam si districa in un groviglio di ruote facendo secchi Kanaan e Dixon e liberandosi facilmente di Michael Andretti. L’ultimo ostacolo tra Hornish e la vittoria è Marco Andretti, che respinge con grinta l’attacco del pilota Penske al penultimo giro. Sam perde molto terreno ma effettua l’ultimo giro come un ossesso, mentre il 19enne Andretti imposta ogni curva con troppa cautela, tanto che Hornish gli è di nuovo addosso in curva 3 e rischia di tamponarlo in curva 4. Sulla dirittura d’arrivo, il pilota Penske sfrutta perfettamente la scia e riesce a precedere il rivale di una lunghezza, il secondo margine più ristretto della storia di Indy, in un finale che passa alla storia.

Realizzato il sogno di vincere Indianapolis, Hornish si ributta sul campionato. Dopo una difficile prova a Watkins Glen sul bagnato, in Texas incalza Wheldon per tutta la corsa, ma durante l’ultima sosta lascia spegnere il motore ed è solo quarto. Le due corse successive lo lanciano però in testa al campionato. A Richmond domina incontrastato fino al traguardo mentre in Kansas riesce a scrollarsi di dosso Wheldon a due giri dal termine, precedendolo di poco. Nashville segna però una battuta d’arresto, con un errore dopo un pit stop che gli costa il ritiro, riscattato dal secondo posto di Milwaukee, dove dopo alcuni problemi iniziali recupera il giro perso e chiude alle spalle di Kanaan. A Michigan è fermato da guai elettrici, ma torna alla vittoria in Kentucky, precedendo in volata Dixon e Castroneves. Dopo questa serie di alti e bassi e un nono posto tutt’altro che entusiasmante a Sonoma, Sam si presenta all’ultima corsa di Chicago staccato di un solo punto da Castroneves e davanti a Wheldon di 18 lunghezze. Il brasiliano rimane però subito attardato per una penalità, perdendo nuovamente contatto nel finale. Contro voglia Sam rispetta l’ordine di Penske di non farsi coinvolgere nella lotta per la vittoria con i piloti Ganassi, portando a casa un terzo posto che vale il terzo titolo in carriera, conquistato con gli stessi punti di Wheldon ma due vittorie in più.

Vittoria in volata a Indianapolis. Bill Watson, indycar.com
Vittoria in volata a Indianapolis. Bill Watson, indycar.com
Campioni 2006. motorsport.com; Michael C. Johnson
Campioni 2006. motorsport.com; Michael C. Johnson

Già nel 2006 Hornish e Penske cominciano a discutere un possibile passaggio in Nascar e dopo aver vinto il titolo, Sam corre due gare nella serie Busch, ad Homestead e Phoenix, entrambe concluse con un incidente. Con un crescente numero di gare su stradali e cittadini e la progressiva crescita del livello della competizione, Sam è consapevole che sarà sempre più difficile lottare per il titolo IndyCar, ma la sua motivazione più grande è tentare una nuova sfida. Affronta quindi la stagione 2007 sapendo che sarà la sua ultima nelle ruote scoperte prima del passaggio definitivo alle stock car. La prima corsa a Homestead vive inizialmente sul duello tra Sam e Wheldon, ma l’inglese ha un altro passo e Hornish deve accontentarsi del terzo posto dietro anche a Scott Dixon. A St Pete mostra progressi nei cittadini, tenendosi a lungo in top 5, prima di essere rallentato da problemi ai freni, mentre a Motegi chiude quinto dopo aver fatto spegnere il motore all’ultima sosta. Dopo una pessima prova in Kansas, viziata da problemi d’assetto, si arriva a Indianapolis. Fino a metà gara Sam rimane in contatto con i primi, ma una toccata di Scheckter gli causa una foratura, costringendolo a una sosta supplementare. Nel finale è passato da Castroneves, ma entrambi sono beffati dalla pioggia, che li blocca al terzo e quarto posto.

Nella corsa successiva a Milwaukee poi deve rinunciare al podio, fermandosi prima che l’alettone posteriore collassi come successo al compagno di squadra. In Texas arriva finalmente la prima vittoria davanti a Kanaan e Patrick al termine di una corsa dominata, mentre in Iowa è coinvolto in un maxi incidente causato dalla stessa Patrick. A Richmond è invece Sam a sbagliare, girandosi in partenza e perdendo diversi giri, rifacendosi però a Watkins Glen, dove coglie un secondo posto eccellente alle spalle di Dixon, mettendo in mostra un gran passo gara. Nella sua risalita dopo una sosta, Hornish rifila però una ruotata a Kanaan, che dopo il traguardo restituisce lo sgarbo all’americano. Una volta scesi dalle vetture i due hanno un duro scontro verbale, fino a quando il padre di Hornish, sbagliando, rifila uno spintone al brasiliano che provoca una rissa tra i meccanici delle due squadre. Lo scontro è l’apice di una lunga inimicizia tra Hornish e i piloti del team AGR, che accusano l’americano di scarso senso sportivo.

Nell’appuntamento seguente a Nashville Sam chiude quarto vicinissimo alla Patrick, mentre le corse successive terminano tutte in incidente: a Mid Ohio esce di pista in curva 1 dopo una gara discreta; a Michigan è coinvolto nel “big one” causato da Franchitti e Wheldon, mentre in Kentucky è lui a perdere il controllo della monoposto, coinvolgendo il pilota inglese. Un discreto quinto posto a Sonoma è seguito da un altro incidente a Detroit con Sarah Fisher. Nell’ultima corsa della stagione e della sua carriera a ruote scoperte, a Chicago, Sam è il più veloce e domina a lungo. Una strategia sfalsata permette però a Franchitti e Dixon di evitare l’ultimo rabbocco e guadagnare un giro su tutti. Il neozelandese termina l’etanolo all’ultima curva, ma Sam chiude comunque al terzo posto davanti a Castroneves, che precede anche in classifica generale, in cui i due terminano quinto e sesto rispettivamente.

Texas. Steve Snoddy; indycar.com
Texas. Steve Snoddy; indycar.com

Nel 2007 Sam comincia la sua avventura Nascar a tempo pieno,  prendendo parte a diverse gare Nationwide Series e a due nella serie principale, la Sprint Cup. Il miglior risultato nella serie cadetta è il 15° posto di Atlanta nella corsa primaverile, svolta durante la stagione IndyCar. Nel 2008 è impegnato totalmente in Sprint Cup, facendo qualche apparizione anche in Nationwide. Al suo debutto a Daytona centra un incoraggiante 15° posto, ma fatica molto negli appuntamenti successivi, vivendo tutte le difficoltà tipiche dei piloti IndyCar alle prese con le stock car, esattamente come Dario Franchitti, che sulla Dodge del team Ganassi non fa figure migliori. Alla fine il miglior risultato della stagione, chiusa al 35° posto, sarà un 13° posto a Charlotte, mentre in Nationwide raccoglie un 11° posto a Darlington.

Nel 2009 arrivano riscontri più incoraggianti: Sam chiude il campionato al 28° posto ma riesce finalmente a entrare in top 5. Sono 7 i suoi arrivi tra i primi 10, tra cui svettano un quarto posto a Pocono e un quinto a Michigan, oltre a una vittoria in una batteria di qualificazione della All Star race di Charlotte. Il 2010 purtroppo segna un’inversione di tendenza, con un 29° posto finale e una 10° piazza a Loudon come miglior risultato che portano all’abbandono dello sponsor Mobil1. Nel 2011 Penske impegna Sam in un programma parziale in Nationwide, schierando una vettura molto competitiva: Hornish porta a casa 6 arrivi in top ten su 13 partecipazioni, dominando la prova di Phoenix e cogliendo finalmente la prima vera vittoria Nascar in carriera.

Questi risultati convincono il Capitano a confermare Sam per un impegno a tempo pieno nel 2012 nella categoria cadetta: su 33 corse l’americano porta a casa 22 arrivi in top ten, 10 in top5 e il quarto posto in campionato. Parallelamente, dopo la squalifica di Allmendinger, torna a correre in Sprint Cup, disputando 20 gare con un 5° posto a Watkins Glen come miglior risultato. Penske punta ancora su di lui nel 2013 per riconquistare il titolo Nationwide e Sam si gioca a lungo la testa della classifica con il giovane Austin Dillon, protetto di Max Papis, Regan Smith e Elliot Sadler. La lotta per il titolo si protrae fino all’ultima gara ed è Dillon ad avere la meglio per 3 soli  punti, con Hornish che chiude secondo con all’attivo 11 podi e una vittoria a Las Vegas. Per il 2014 Penske decide di terminare l’operazione riguardante la vettura numero 12 e Sam accetta l’offerta di Joe Gibbs di guidare per il suo team in alcune corse Nationwide. Al volante di una macchina estremamente competitiva, su 8 gare Hornish raccoglie una vittoria schiacciante in Iowa, un secondo posto in Michigan e altri due piazzamenti in top5. Corre anche una prova della Sprint Cup a Michigan, dove sostituisce l’infortunato Hamlin portando a casa un 17° posto.

Questi buoni risultati conducono per il 2015 a un ingaggio full time in Sprint Cup da parte del team di Richard Petty, ma la stagione non va secondo le attese. Sam non va infatti oltre un sesto posto a Talladega, cui si sommano due piazzamenti ai margini della top 10 a Sonoma e Watkins Glen. Questi risultati gli fruttano un 26° posto finale, posizione simile a quanto raggiunto in precedenza nelle stagioni Sprint Cup al team Penske. Dopo alcune voci su un possibile ritiro, a metà 2016 Sam è richiamato in Nationwide dal team Gibbs per correre in Iowa, dove replica il successo ottenuto due anni prima con la stessa squadra. Tre uscite supplementari con una vettura di Richard Childress fruttano poi all’americano un secondo posto a Mid Ohio, un quarto in Kentucky e un sesto ancora in Iowa.

Prima stagione completa in Nascar.
Prima stagione completa in Nascar. wikimedia.org
mustangfords.com; David Yeazell
Secondo in Nationwide nel 2013. mustangfords.com; David Yeazell
Anno Serie Squadra N Sponsor Gare Pos. Finale Punti Vittorie Podi Top5 Top10 Pole P.
2000 CART PDM 3 PDM 8 21 110 0 1 1 2 0
2001 IRL Panther 4 Pennzoil 13 1 503 3 10 11 12 2
2002 IRL Panther 4 Pennzoil 15 1 531 5 10 11 12 2
2003 IRL/IndyCar Panther 4 Pennzoil 16 5 461 3 5 7 12 1
2004 IRL/IndyCar Penske 6 Marlboro 16 7 387 1 3 6 8 0
2005 IRL/IndyCar Penske 6 Marlboro 17 3 512 2 7 9 12 3
2006 IRL/IndyCar Penske 6 Marlboro 14 1 475 4 7 9 11 4
2007 IRL/IndyCar Penske 6 Marlboro 17 5 465 1 4 8 12 0
Carriera         116   3444 19 47 62 81 12
Vittorie Stradali Cittadini Ovali Totale
2000 0 0 0 0
2001 Phoenix Homestead Texas II 0 0 3 3
2002 Homestead Fontana Richmond Chicago Texas II 0 0 5 5
2003 Kentucky Chicago Fontana 0 0 3 3
2004 Homestead 0 0 1 1
2005 Phoenix Milwaukee 0 0 2 2
2006 Indianapolis Richmond Kansas Kentucky 0 0 4 4
2007 Texas 0 0 1 1
Totale 0 0 19 19
Quote 0% 0% 100% 100%

Sam Hornish