Specifiche tecniche IndyCar 2012-2020

SOMMARIO

  1. INTRODUZIONE
  2. TELAIO E AERODINAMICA
  3. MOTORE E TRASMISSIONE
  4. MASSE NON SOSPESE
  5. PESO MINIMO
  6. SISTEMI DI BORDO E REGOLAZIONI

 

  1. INTRODUZIONE

Le specifiche dell’attuale vettura IndyCar sono state fissate alla fine degli anni 2000, con l’intenzione di introdurre un modello nettamente più veloce, efficiente e sicuro della Dallara IR03 aspirata utilizzata fino al 2011. Determinata a implementare una formula dai costi controllabili ma anche rilevante rispetto al panorama motoristico del periodo, l’IndyCar decise per un approccio ibrido, aprendo la strada alla competizione motoristica ma continuando ad affidarsi alla Dallara per la produzione di un telaio unificato, il modello IR12, denominto DW12 dopo il tragico incidente di Dan Wheldon a Las Vegas 2011. La varietà sul fronte carrozzeria si sarebbe dovuta ottenere con gli aerokits, vesti aerodinamiche prodotte negli intenti iniziali da entità indipendenti e liberamente acquistabili dalle squadre.

Helio Castroneves alla guida della Dallara DW12 dotata del kit aerodinamico unico in vigore nel periodo 2012-2014. indycar.com, Chirs Owens

 

All’atto pratico gli aerokits non hanno mai seguito il progetto originale: osteggiati per anni dalle squadre, sono stati introdotti con ben 4 anni di ritardo dietro insistenza dei motoristi superstiti, stravolgendo il concetto aerodinamico della vettura originale.

Simon Pagenaud impegnato a Sonoma nella guida della DW12 con aerokit Chevrolet. Tale veste aerodinamica, unitamente alla controparte Honda, è stata impiegata nel triennio 2015-2017. indycar.com, Chris Owens

 

Il modello DW12, così come la sua ultima iterazione, la IR18 introdotta nel 2018, basa la sua produzione di carico aerodinamico su due generosi condotti Venturi sul fondo vettura. Come nella tradizione ormai quarantennale delle corse IndyCar, si tratta quindi di una “wing car”, seppur a un livello molto meno esasperato delle prime vetture a effetto suolo comparse sulla scena americana nei primi anni ’80, che videro una progressiva limitazione delle minigonne fino al concetto attuale.

Seppur quindi molto meno efficaci delle minigonne originali, i condotti Venturi attualmente permessi (di dimensioni e configurazione diversa in funzione del carico massimo ammesso nelle  varie piste), sono i maggiori responsabile della spinta aerodinamica verticale agente sulla vettura. Ruolo riconquistato solo nel 2018 dopo il notevole incremento della “quota” di carico prodotta da ali e corpo vettura nel periodo degli aerokits (2015-2017).

Alexander Rossi alla guida della Dallara DW12 dotata dello universal aerokit (anche detta Dallara IR18) in vigore a partire dal 2018. indycar.com, Chris Owens

 

 

2. TELAIO E AERODINAMICA

Strutturalmente il telaio monoscocca IndyCar, prodotto da Dallara, è formato da un composito in fibra di carbonio e kevlar. Il telaio ha subito negli anni svariati aggiornamenti legati alla sicurezza, a partire dall’aggiunta di ulteriori pannelli resistenti ai lati dell’abitacolo, implementati a fine 2013. La distribuzione dei pesi è stimata pari a 44% anteriore – 56 % posteriore.

Le sospensioni, a triangoli sovrapposti in acciaio, sono del tipo pushrod sia all’anteriore che al posteriore, con doppio gruppo molla elicoidale-ammortizzatore e terza molla longitudinale. Lo sviluppo degli ammortizzatori è libero e costituisce una delle principali aree di investimento per le squadre. L’adozione di diversi attacchi delle sospensioni permette di variare il passo tra 2984 e 3086 mm. Sugli ovali è inoltre permesso un passo leggermente asimmetrico.

 

In base al tipo di pista, sono previste tre configurazioni aerodinamiche:

  • Stradali/cittadini: è consentito l’utilizzo di un’ala anteriore dotata di un profilo principale e due elementi supplementari. L’ala posteriore è invece un triplano formato da un profilo principale e due flap. Il fondo vettura è dotato di un condotto, davanti ai pontoni laterali (in figura), che congiuntamente ai condotti Venturi e al diffusore (composto da vari profili verticali detti strakes, vedere video), incrementa l’effetto suolo.
Aerokit 2018 in configurazione stradale. In giallo sono evidenziati gli elementi dell’ala anteriore, con il secondo flap opzionale. In arancione sono invece rappresentati gli elementi dell’ala posteriore. indycar.com

 

Il fondo vettura in configurazione stradale prevede un canale di collegamento tra bordo inferiore e superiore che permette di energizzare l’aria e ottenere un deciso incremento di effetto suolo.

 

 

  • Ovali corti: stesso tipo di ala anteriore impiegato sugli stradali, ma privato del secondo elemento supplementare (solo in Iowa). Al posteriore è vietato l’impiego del secondo flap superiore mentre la configurazione del fondo vettura è analoga a quella impiegata sugli stradali.
Vettura in configurazione ovale corto. L’ala anteriore non presenta più il secondo flap (utilizzabile comunque a Gateway), così come l’ala posteriore, divenuta un biplano. indycar.com

 

  • Super speedways: monoplano anteriore e posteriore, limitazione dei profili verticali sul diffusore (vedi video) e fondo forato all’altezza dei pontoni laterali (in figura). L’incidenza massima dell’ala posteriore è fissata a +2° a Indy e Pocono e -6° in Texas, dove l’elevato banking aiuta la velocità di percorrenza.
Vettura in configurazione super speedway. Gli alettoni anteriori e posteriori si riducono a un singolo profilo a bassa resistenza specifico per questo tipo di piste. indycar.com

 

Nei super speedways il fondo presenta un foro all’altezza dei radiatori, in modo da ridurre l’effetto suolo e tenere sotto controllo le velocità in curva. L’accorgimento riduce inoltre l’effetto “vela” in caso di decollo della vettura.

 

In tutti i casi  è possibile applicare sul bordo d’uscita dei flap esterni il cosiddetto Gurney flap o Wicker flap, una appendice con sezione a L disponibile in varie lunghezze, che permette un modesto  aumento di deportanza al prezzo di un trascurabile incremento di resistenza.

 

In seguito alla scarsità di regolazioni disponibili a Indy 2018, in cui il caldo anomalo ha ridotto notevolmente la deportanza costringendo tutti a viaggiare con la massima incidenza, nel 2019 l’IndyCar ha inoltre introdotto una serie di ulteriori combinazioni di Gurney flap per le ali anteriori e posteriori in configurazione super speedway, come spiegato da Craig Hampson nel seguente video.

 

Dimensioni
Telaio Dallara DW12
Aerodinamica Universal aerokit 2018
Passo mm 2984,5 – 3086,1
Lunghezza mm 5123
Larghezza mm 1943
Capienza serbatoio litri 70,0
Larghezza massima Ala anteriore Ala posteriore
mm Esterno Interno Esterno Interno
Road&Street, Short ovals 1933,3 1590,7 1136,8 1100,7
Super speedways 1780,3 1430,5 1328,4

 

La lunga ricerca di una soluzione in grado di garantire la protezione dell’abitacolo, iniziata nel 2015 con il tragico incidente di Justin Wilson, ha portato nel 2019 all’introduzione di una pinna verticale davanti all’abitacolo (AFP), con lo scopo principale di deviare eventuali grossi detriti indirizzati frontalmente verso la testa del pilota.

Il dispositivo AFP (advanced frontal protection) montato sulla vettura di Zach Veach a Indy 2019. indycar.com; James Black

 

Il dispositivo, chiaramente provvisorio, ha anticipato l’adozione nel 2020 dell’’aeroscreen, progettato dalla Red Bull Advanced Technologies, che rappresenta un mix tra l’Halo F1 e il cupolino provato nel 2019. Di quest’ultimo, ottimale da un punto di vista estetico ma rivelatosi fallimentare sotto il profilo strutturale, l’aeroscreen conserva la superficie anti proiettile che avvolge l’abitacolo, ora supportata da una struttura in alluminio, composta da un pilone centrale che si estende però a circoscrivere l’intero abitacolo.
Il risultato è un dispositivo che dovrebbe garantire l’impressionante resistenza agli urti dimostrata dall’Halo (si parla di 150 kN di carico verticale, 25 più dell’Halo), mettendo però al riparo i piloti dai piccoli detriti tipici degli incidenti sugli ovali.
Se la visibilità sull’asciutto, garantita anche da appositi tear offs che saranno rimossi durante le soste da un meccanico supplementare, ha raccolto consensi unanimi, qualche dubbio rimane in merito alla visibilità sul bagnato e, soprattutto, al flusso d’aria all’interno dell’abitacolo. A tal proposito le soluzioni attualmente proposte si concentrano su due fori praticati sul muso della vettura, atti a garantire la ventilazione nella zona della pedaliera, oltre a due canali ricavati nel vano ammortizzatori, che dovrebbero garantire un sufficiente afflusso d’aria verso l’abitacolo, orientabile a piacimento dal pilota.

Per ovviare alla mancanza d’aria diretta verso il casco, si sono infine ricavate delle prese d’aria sui bordi d’uscita dell’aeroscreen, che tramite un tubo permettono di reindirizzare il flusso direttamente dentro il casco, in maniera non dissimile da quanto accade in Nascar.

La massa dell’aeroscreen, pari a 23 kg, concorre ovviamente a spostare in avanti la distribuzione dei pesi, oltre ad alzare il centro di gravità della vettura. La cosa è stata avvertita immediatamente dai piloti, che hanno comparato la guida a quanto sperimentato negli anni precedenti con il serbatoio pieno.

Nei test 2018 a Phoenix, Scott Dixon prova la prima versione dell’aeroscreen, senza supporto in alluminio. La soluzione verrà abbandonata in seguito al fallimento dei test di resistenza strutturale. Chris Jones, indycar.com

 

Scott Dixon in azione nei test di febbraio 2020 ad Austin. Da notare le prese d’aria per il raffrescamento del pilota, messo a dura prova dal nuovo aeroscreen. Chris Graythen, Getty Images, indycar.com

 

Vista laterale dell’aeroscreen montato sulla vettura di Will Power. Chris Graythen, Getty Images, indycar.com

 

Dalla visuale dall’alto è possibile vedere il condotto che indirizza l’aria raccolta dalle prese ricavate sul bordo d’uscita dall’aeroscreen, direttamente nel casco di Alexander Rossi. Chris Graythen, Getty Images, indycar.com

 

Aeroscreen visto dall’abitacolo di Felix Rosenqvist. Chris Graythen, Getty Images, indycar.com

 

 

3. MOTORE E TRASMISSIONE

Per quanto riguarda il motore, si tratta di unità turbocompresse V6 da 2,2 litri di cilindrata, con V compresa tra 60 e 90 gradi. La turbosovralimentazione è ottenuta per mezzo di due turbocompressori BorgWarner 7163 (la Honda nel 2012 aveva optato per un singolo turbocompressore, possibilità poi vietata). Sono ammesse non più di due valvole Wastegate a comando idraulico o elettronico.

La distribuzione è garantita da un sistema con doppio albero a camme in testa e quattro valvole per cilindro con richiamo a molla (la distribuzione pneumatica è vietata). L’iniezione è ottenuta tramite due iniettori per cilindro, uno interno alla camera di combustione e l’altro agente a monte dalla valvola di aspirazione. La velocità di rotazione è limitata elettronicamente a 12.000 giri/min.

I motori sono alimentati con carburante E85 (85% etanolo, 15% benzina), fornito da Sunoco, cui subentrerà a partire dal 2019 Speedway. Per aumentare le possibilità di sorpasso, su stradali e cittadini è concesso l’utilizzo libero (per un massimo di 200 secondi) del push to pass, sistema che permette il temporaneo aumento della pressione di sovralimentazione di 10 kPa (circa 50 cv).

La massima pressione di sovralimentazione varia in funzione del tipo di circuito:

Tipo di pista Pressione (bar) Potenza stimata (cv)
Stradali/cittadini (push to pass) 1,5 (1,6) 700 (750)
Ovali corti 1,4 640
Indianapolis gara 1,3 580
Indianapolis qualifica 1,5 700

Per l’intera stagione, comprese prove e test, ogni partecipante ha a disposizione quattro motori, da sostituirsi ogni 2500 miglia.

Lo sviluppo dei propulsori, congelato durante la stagione, viene portato avanti dai costruttori alternando annate di lievi aggiornamenti a modifiche più consistenti. In attesa dei nuovi motori da 2.4 litri che arriveranno nel 2021, Honda e Chevrolet (il terzo motorista ammesso, Lotus, si è ritirato per scarsi risultati e mancanza di fondi nel 2012) hanno concordato un sostanziale congelamento delle unità, ormai prossime al fine sviluppo.

L’elettronica di bordo è fornita dalla Cosworth, a eccezione della ECU (unità di controllo motore), di esclusiva McLaren. Il segnale di comando dell’acceleratore è trasmesso tramite un sistema fly-by-wire.

Il cambio, longitudinale del tipo sequenziale a 6 rapporti più retromarcia (vietata negli ovali), comandato tramite palette dietro al volante, è prodotto dalla Xtrac.

La frizione, a triplo disco in carbonio con carter in acciaio, è prodotta dalla AP. L’attivazione avviene tramite bilanciere sul volante.

Motore
Tipo di motore Biturbo V6
Fornitori Honda – Chevrolet
Cilindrata litri 2,2
Carburante Etanolo E85
Alimentazione Doppio turbo compressore Borg Warner 7163
Distribuzione Doppio albero a camme in testa
Valvole per cilindro 4 (2 di aspirazione e 2 di scarico)
Tipo di valvole A stantuffo con richiamo a molla
Massimo regime di rotazione giri/min 12000 (limitati elettronicamente)
Iniezione 2 iniettori per cilindro, di cui uno per iniezione diretta
ECU McLaren 400i
Alesaggio massimo mm 95
Peso minimo kg 112,5
Potenza max (no P2P) cv 700
Rapporto potenza/cilindrata cv/litro 318,2
Rapporto potenza/peso minimo cv/kg 0,95
Trasmissione
Cambio Xtrac Sequenziale, 6 marce con comando al volante
Frizione AP Racing 3 dischi in carbonio, comando al volante

 

 

4. MASSE NON SOSPESE

Per quanto riguarda gli pneumatici, si tratta di gomme slick di costruzione variabile in funzione delle caratteristiche della pista, fornite in esclusiva dalla Firestone. Su stradali e cittadini vi è l’obbligo di utilizzare in gara due diverse mescole: Primary, gomme standard dalla spalla nera;  Alternate, gomme di mescola più morbida identificate dalla spalla rossa. In caso di pioggia non sono previste gomme intermedie ma solo pneumatici intagliati da bagnato. Non è ammesso l’uso di termocoperte. Gli pneumatici sono montati su cerchi da 15” forniti da BBS, OZ e Avus.

I freni, dotati di dischi in carbonio e pinze in alluminio da 6 pistoncini, sono prodotti dalla americana PFC Brakes.

Dimensioni
Larghezza gomme anteriori mm 254
Larghezza gomme posteriori mm 355,6
Diametro max gomme anteriori mm 660,4 a 2,41 bar
Diametro max gomme posteriori mm 698,5 a 2,41 bar
Dimensione cerchi pollici 15
Peso minimo cerchi ant.-post. kg 6,1 – 6,7
Treni di gomme disponibili per evento
Primary (nere) Alternate (rosse) Bagnato
Stradali/Cittadini (Road America) 7 (8) 4 5
Detroit (double header) 9 4 7
Ovali corti 11
Super Speedways 13
Inndianapolis 500 36

 

 

5. PESO MINIMO

Il peso minimo, variabile in base al tipo di pista, è definito in condizioni di ordine di marcia, escluso il pilota e la relativa zavorra equilibrativa, il carburante e la borraccia del pilota con relativo contenuto. Per annullare i vantaggi derivanti dal “peso piuma” di alcuni piloti, l’IndyCar impone che la somma tra peso del conduttore e zavorra debba essere di 185 lb (circa 84 kg). Nel caso in cui un pilota superi gli 84 kg, l’eccedenza potrà essere ridotta dal peso della vettura. La zavorra, sotto forma di piastre di acciaio o tungsteno, deve essere ancorata sul fondo, dietro il sedile del pilota o davanti alla pedaliera (non oltre 4,5 kg).

Peso minimo
Tipo di pista lb kg
Stradali, cittadini e ovali corti 1620 734,8
Ovali da 1.5 miglia e oltre 1590 721,2

 

 

6. SISTEMI DI BORDO E REGOLAZIONI

Il sollevamento della vettura durante le soste è affidato ad un sistema di quattro martinetti idraulici (air jacks), alimentati esternamente con aria compressa al momento del pit stop.

Tra le varie regolazioni possibili dall’abitacolo, oltre alle diverse impostazioni relative al differenziale (bloccato sugli ovali) e alla ripartizione di frenata, particolare importanza ricoprono gli interventi su barre anti rollio e weight jacker. Nel primo caso si tratta di variare la rigidezza delle barre anti rollio anteriori e posteriori, in modo da correggere il bilanciamento della vettura al variare delle condizioni della pista e della vettura. In generale, per correggere una condizione di sottosterzo si tenderà a regolare le barre in modo da avere maggiore rigidezza sull’asse posteriore rispetto a quello anteriore.

Il weight jacker è invece un dispositivo, impiegato esclusivamente sugli ovali, che permette di modificare il comportamento della vettura variando la distribuzione di carico trasversale. L’effetto è ottenuto tramite un dispositivo idraulico comandato dall’abitacolo, che agendo longitudinalmente sul piattello d’appoggio varia il precarico di una delle quattro molle (agire su più molle comporterebbe una variazione dinamica dell’altezza da terra, vietata dal regolamento). In questo modo si può variare la frazione di carico gravante su tutte e quattro le ruote.

Di primaria importanza è inoltre la regolazione, effettuabile dall’abitacolo, della miscela aria-etanolo, che permette di ricorrere ad un mix “magro” nelle fasi di gara in cui è necessario risparmiare combustibile, per poi passare a miscele più “grasse” quando è invece richiesta la massima potenza. Il trasferimento di dati in tempo reale (telemetria) è per regolamento unidirezionale da vettura a muretto.

Durante i pit stop le variazioni di assetto si concentrano quasi esclusivamente sulla pressione degli pneumatici e l’incidenza dei flap dell’ala anteriore e, più raramente, posteriore.