Nome: George Dario Marino Franchitti
Luogo e data di nascita: 19 maggio 1973, Bathgate (Scozia)
Nazionalità: Scozzese
Ruolo: Pilota
Dario Franchitti nasce a Bathgate, vicino a Edinburgo, il 19 maggio 1973 e come molti futuri colleghi ha le corse nel sangue. Sin da piccolo accompagna in pista suo padre George, titolare di un azienda produttrice di gelati e pilota amatoriale. Contagiato dal virus dei motori, Dario si cimenta col kart a 10 anni e inizia subito a vincere, prima in Scozia e poi in tutta la Gran Bretagna. A 17 anni lascia la scuola, diventando il ragazzo di bottega del team di David Leslie, dove fa un po’ di tutto e impara molto sul mondo delle corse.
Passa in monoposto nel 1991, col padre che ipoteca la casa di famiglia per finanziare la stagione di F.Vauxhall Junior, in cui Dario vince subito il titolo. Nel 1992 passa al campionato principale di F.Vauxhall col team di Paul Stewart, dove incontra Sir. Jackie, che diventa un imprescindibile punto di riferimento. Dario chiude la prima stagione al quarto posto, aggiudicandosi il McLaren/Autosport Young driver award, che lo aiuta a coprire il budget per la stagione successiva, in cui lo scozzese conquista il titolo. Economicamente sono comunque periodi di magra e quando non corre, Dario è spesso impegnato come istruttore in scuole di guida veloce e nella consegna di auto per diverse concessionarie. Nel 1994 lo scozzese è promosso dal team Stewart in F.3 Inglese al fianco di Jan Magnussen. Forte di precedenti favorevoli con il danese, Franchitti affronta con fiducia la stagione, vincendo la prima corsa. Nel resto del campionato però Magnussen è semplicemente inarrestabile, vince 16 corse su 18 aggiudicandosi il titolo con anticipo record. Per Dario è invece una stagione frustrante, con diversi problemi a frenarne spesso la marcia. Conclude il campionato al quarto posto, perdendo in parte la fiducia della squadra.
In difficoltà a trovare i fondi per affrontare un’altra stagione in F.3 o fare il passaggio in F.3000, la carriera di Dario è a un bivio, fino a quando una chiamata inaspettata porta a una enorme opportunità. Norbert Haug, direttore sportivo Mercedes, decide infatti di puntare sui giovani e ingaggia Franchitti in DTM e nella sua versione internazionale, l’ITC. Dario rischia di rovinare tutto al primo test con la nuova macchina, che distrugge alla prima presa di contatto tradito dalle gomme fredde. Si fa però perdonare alla prima corsa di Hockenheim, dove ottiene la pole. Nel 1995 è quinto in DTM con 4 podi, mentre si classifica terzo nell’ITC, vincendo al Mugello. Nel 1996 l’ITC assorbe il DTM, dando vita a una serie stellare. Dario si mantiene per tutto il campionato nella parte alta della classifica, grazie a un’ottima costanza di risultati. A fine stagione avrà messo insieme 8 podi, compresa la stupenda vittoria di Suzuka (una delle sue piste preferite con il Mugello), in cui dalla nona piazza di partenza si fa largo a sportellate tra le Alfa Romeo, conquistando il primo posto con una spettacolare staccata su Christian Danner al penultimo giro. Questi risultati gli valgono il quarto posto finale.
L’ITC dura solo un anno, ucciso dai suoi costi esorbitanti, ma Franchitti non è rimasto fermo. Già nella stagione precedente parla infatti con Norbert Haug e Paul Morgan della possibilità di correre nella CART americana, in cui la Mercedes è entrata ufficialmente nel ‘94. I colloqui portano a inizio ’97 a un test sul circuito di Homestead, in cui Franchitti prova la Reynard-Mercedes del team di Carl Hogan. La prima presa di contatto con una Champ Car è scioccante. Abituato a una macchina leggera, con numerosi aiuti elettronici e relativamente poca deportanza, Dario all’inizio fatica ad adattarsi a una vettura da 900 cv, oltre 700 kg e molto dura dal punto di vista fisico. Dopo il necessario rodaggio, ottiene comunque ottimi riscontri, convincendo il team manager americano. Parallelamente ha la possibilità di svolgere il ruolo di collaudatore per la McLaren, che già aveva provato nel 1995. Ron Dennis propone allo scozzese un contratto a lungo termine, lasciandogli la libertà di correre in America con la vaga speranza di arrivare un giorno in F.1. Franchitti però rifiuta la proposta, che in realtà garantisce poco al suo futuro agonistico, concentrandosi sulla possibilità americana.
La prima corsa CART sull’ovale di Homestead è difficile: Dario si qualifica bene, in quinta fila, ma in gara commette il classico errore da rookie, finendo nello sporco mentre viene doppiato da Andretti e andando a muro. Franchitti è quasi sempre il più veloce dei debuttanti, ma sfortuna ed errori gli impediscono non solo di ottenere grossi risultati, ma anche di chiudere nei punti con continuità. Dopo sei corse di apprendistato in cui racimola 3 punti a Surfers Paradise, inizia una fase di grandi prove velocistiche senza però risultati. A St Louis, la gara di casa del team Hogan, parte a centro gruppo, va in testa nella fase decisiva grazie a una buona strategia, ma il sogno è rovinato da un problema al cambio. A Detroit è buon quinto in qualifica, ma tampona Zanardi alla prima curva e un errore strategico lo estromette poi dalla lotta per la vittoria. A Portland è tra i più efficaci sul bagnato, lottando alla pari col pilota italiano, ma si ritira per un incidente evitabile con Unser. A Toronto poi arriva la prima pole, frutta di un’altra grandiosa prestazione in qualifica, vanificata però da un contatto alla prima curva con Bobby Rahal che lo spedisce a fondo gruppo, prima che un altro incidente lo elimini del tutto dalla corsa. L’ultima grande occasione arriva a Road America, dove Franchitti è ancora tra i più veloci sul bagnato, uscendo dai box dietro il leader Blundell dopo il primo turno di soste. Incredibilmente però rovina tutto dietro la pace car, perdendo il controllo della vettura all’uscita di curva 1 e centrando il muro. A fine stagione Dario può quindi contare su 10 miseri punti mentre Carpentier, mai veloce come lo scozzese anche a causa delle meno competitive gomme Goodyear, mette a segno due piazzamenti che sommati al secondo posto di St Louis gli garantiscono il titolo di rookie dell’anno. La velocità di Franchitti non è però passata inosservata e Barry Green, che sta rifondando la squadra campione nel ’95 con Villeneuve, propone allo scozzese un contratto per le stagioni successive. Il cambio di casacca manda su tutte le furie Carl Hogan, che appieda Dario per l’ultima corsa di Fontana, sostituendolo con Robby Gordon
Nel 1998 Dario si afferma come top driver e potenziale candidato al titolo della serie CART. Il team Green schiera infatti due Reynard-Honda-Firestone che poco hanno da invidiare alle vetture gemelle del team Ganassi, dominatore degli ultimi campionati. Sulla carta Franchitti dovrebbe essere il giovane da affiancare alla star del team, Paul Tracy, lasciato libero da Roger Penske a fine ’97. Fin da subito però Dario chiarisce il suo ruolo, risultando immediatamente più competitivo del canadese, che vive una stagione piena di sfortune e incidenti. Dopo le corse difficili di Homestead e Motegi, a Long Beach lo scozzese rimane in zona vittoria per tutta la gara, ma nulla può per contenere la furiosa rimonta di Zanardi, che recupera un giro e con gomme più fresche brucia nel finale lui e Bryan Herta. Gli ovali successivi regalano poche soddisfazioni, eccezion fatta per l’ottimo quarto posto di Milwaukee.
Quando inizia la stagione degli stradali, Franchitti si inserisce definitivamente tra i protagonisti. A Detroit chiude quarto mentre a Portland domina la corsa, gettando però tutto al vento quando spegne il motore durante una sosta, prima di essere eliminato da PJ Jones. È però buon terzo a Cleveland e ottiene un’altra pole a Toronto, dove domina fino alle ultime battute quando il pedale del freno va a fondo, mandandolo in testacoda e costringendolo al ritiro. Dopo il motore rotto di Michigan parte in prima fila a Mid Ohio, ma è eliminato in un contatto con Herta che coinvolge anche Vasser. Finalmente a Road America arriva il primo liberatorio successo. Dario supera Andretti durante un turno di soste e prende il largo, ripetendosi poi nell’appuntamento successivo di Vancouver, dove è un deciso sorpasso sullo stesso Andretti negli ultimi giri a garantirgli la vittoria. Dopo il quarto posto di Laguna Seca la corsa di Houston, flagellata dal maltempo, diventa un affare privato tra Franchitti e Tracy. In un estremo tentativo di sorpasso del canadese, le vetture del team Green entrano in contatto e il successivo scontro col muro costringe Tracy al ritiro, portando a un violento confronto ai box con l’esasperato Barry Green, che si consola comunque con la vittoria di Franchitti. A Surfers Paradise Dario riesce a soffiare la pole a Zanardi, ma i meccanici del team Ganassi restituiscono la testa al campione in carica, che controlla la gara fino al traguardo. Nella seconda metà di campionato Franchitti è il pilota che ottiene più punti, ma un ritiro per problemi al motore nell’ultima corsa di Fontana, unito alla contemporanea vittoria di Jimmy Vasser, gli costano il secondo posto in classifica.
Nel 1999 Franchitti è tra i più seri candidati al titolo con Moore, Vasser e Andretti. Quella dello scozzese è una stagione quasi perfetta, consistente, con evidenti progressi sugli ovali e la solita maestria su stradali e cittadini. Nessuno può però prevedere l’impatto sul campionato del rookie Montoya, che prende il posto di Zanardi al team Ganassi. In buona parte delle corse il colombiano ha un passo quasi inavvicinabile e se per metà stagione la corsa al titolo coinvolge quasi tutti gli attesi protagonisti, dopo Chicago solo Franchitti può di fatto ancora contendergli la vittoria finale, grazie anche ai numerosi errori strategici del team Ganassi. Franchitti si dimostra molto competitivo nella corsa di apertura a Homestead, ma una tattica azzardata porta alla vittoria il suo grande amico Greg Moore, mentre Dario chiude terzo negli scarichi di Andretti. A Motegi lo scozzese però colpisce il muro e a Long Beach si scatena il ciclone Montoya. Dopo le avvisaglie del Giappone, il colombiano mette infatti in mostra tutta la sua grinta e velocità sulle strade della California, passando in una ripartenza Franchitti e andando a vincere approfittando dell’errore del poleman Kanaan. Nelle corse successive di Nazareth e Rio il colombiano stupisce ancora di più, dominando alla grande i due difficili ovali. Franchitti è solo ottavo in Pennsylvania e chiude buon secondo in Brasile.
A St Louis la tensione torna alle stelle nel team Green, quando Franchitti tenta un difficile sorpasso su Tracy in curva 3. Il canadese non concede abbastanza spazio e il contatto che ne consegue manda in testacoda Dario e a muro Paul. Franchitti si salva invece dal contatto col muro e riesce a proseguire, raccogliendo un eccellente terzo posto. Tracy si rifà nell’appuntamento successivo, tornando finalmente alla vittoria a Milwaukee, dove Franchitti è settimo. A Portland Dario ingaggia un lungo duello sui consumi con Montoya, che lo precede sul traguardo ma viene comunque battuto da De Ferran, su una strategia più aggressiva che gli impone di tirare al massimo ed effettuare un rabbocco nel finale. Montoya vince però la corsa successiva a Cleveland, mentre Franchitti si ferma bloccato dal motore. Road America segna una battuta d’arresto per entrambi: Dario prima va in testacoda e poi si ritira, mentre Montoya domina a lungo ma nel finale resta senza marce. La marcia di Montoya si arresta ancora a Toronto, dove il colombiano esce di pista, mentre Dario coglie il successo al termine di una corsa dominata. Il rookie recupera allo scozzese alcuni punti a Michigan, dove Dario chiude al quinto posto, ma a Detroit arriva il clamoroso sorpasso in classifica. Montoya infatti domina la corsa, ma un errore via radio di Chip Ganassi lo costringe a una strategia suicida. Viene poi eliminato da una tamponata di Castroneves, mentre Franchitti guida una doppietta del team Green. Il contrattempo non scoraggia però Juan, che infila tre successi consecutivi e sembra poter chiudere la contesa.
A Mid Ohio Franchitti parte in pole e domina a lungo, perdendo però tutto il vantaggio a causa di una foratura lenta, con Montoya che supera alla grande Tracy e ha poi campo libero dopo l’ultima sosta. Nella corsa di casa Ganassi a Chicago, Juan e Dario si scambiano a lungo la testa della corsa, transitando nell’ordine sul traguardo separati da Moreno, che inspiegabilmente non da strada a Franchitti. A Vancouver, in una corsa difficilissima sul bagnato, i contendenti al titolo arrivano allo scontro diretto e Franchitti commette un errore clamoroso quando, nel tentativo di passare il colombiano, perde il controllo della vettura e finisce contro le gomme. Montoya, nonostante una corsa tutt’altro che entusiasmante, guadagna altri punti sul rivale a Laguna Seca, quando Franchitti si ritira dopo un contatto con Moore ed è ormai staccato di 28 lunghezze. Il campionato sembra finito, ma a Houston Montoya distrugge una sospensione colpendo la vettura ferma in pista di Castroneves. Franchitti invece perde numerose posizioni a causa di un treno di gomme difettoso, ma dopo le soste si produce in una esaltante rimonta che gli vale il secondo posto dietro Tracy. A Surfers Paradise Dario conquista la pole con 8 decimi di vantaggio su tutti, dominando la corsa. Montoya, dopo delle prove difficili, è invece bloccato al terzo posto dietro Fernandez, fino a quando un errore in frenata lo conduce incredibilmente all’impatto contro le gomme, con conseguente ritiro.
La vittoria permette a Franchitti di presentarsi all’ultima corsa di Fontana con un vantaggio di 9 punti sul rivale. Dopo una stagione di lavoro perfetto della squadra però, lo scozzese perde due giri nella prima parte di gara a causa di problemi durante i pit stop. Sul finale non può poi evitare un ultimo rabbocco, che lo fa chiudere al decimo posto. A Montoya basta quindi il quarto posto per raggiungere Dario in classifica e aggiudicarsi il titolo per il maggior numero di vittorie, 7 contro 3. La delusione per la sconfitta lascia però subito spazio al dolore per la scomparsa di Greg Moore, il miglior amico di Dario oltreoceano, vittima di un incidente delle cui conseguenze i piloti vengono tenuti allo scuro fino alla bandiera a scacchi.
Dopo un inverno difficile, Dario torna alla guida della sua Reynard nel febbraio 2000 per i test pre stagionali a Homestead, in cui è vittima di un incidente tremendo, che lo porta a sbattere la testa contro il muro, provocandogli un grave trauma cranico e diverse fratture al bacino. Le conseguenze dell’incidente, che per molto tempo incideranno su riposo e concentrazione, sono parte in causa delle prestazioni altalenanti di Franchitti nelle stagioni successive. Dario riesce comunque a prendere il via a Homestead, ma il 2000 è una stagione storta, in cui le sue imperfette condizioni fisiche si sommano a tante piccole sfortune ed errori che a fine stagione lo lasceranno senza vittorie, oltre a estrometterlo dalla lotta per il titolo. Il primo risultato di rilievo arriva a Motegi, con un secondo posto che risolleva un inizio di campionato pessimo.
A Nazareth, come anche a Toronto, Houston e Surfers Paradise è coinvolto in un incidente al primo giro, mentre a Chicago si tocca ancora una volta con Tracy, che guida a lungo la classifica ma nelle ultime corse si deve arrendere a De Ferran. I migliori risultati per Dario sono due terzi posti a Michigan e Laguna Seca, mentre la piazza d’onore di Vancouver è la più amara delle delusioni. Il team Green domina il fine settimana e lo scozzese è determinato a onorare con un successo la corsa di casa di Greg Moore. Dario domina ma all’ultima sosta fa spegnere il motore, chiudendo secondo alle spalle di Tracy. La stagione termina con un ritiro a Fontana per rottura del motore e un 13° posto in classifica. In un test organizzato da Jackie Stewart, Franchitti prova a luglio la Jaguar F.1 a Silverstone. Il primo giorno Dario prende le misure alla vettura, fiducioso di poter esprimere il suo valore l’indomani. Il telaio che però il team gli mette a disposizione è, a suo dire, diverso e molto più lento, decretando il fallimento del test. Lo scozzese rimarrà sempre convinto che la squadra, dilaniata da lotte interne, lo abbia sabotato di proposito.
Nel 2001 Franchitti è confermato al team Green, che schiera altre due vetture per Paul Tracy e Michael Andretti, in arrivo dal team Newman Haas. È una stagione sicuramente più serena per Dario, che torna alla vittoria a Cleveland e ottiene tre secondi posti: a Detroit dove non può contrastare Castroneves, a Michigan dove l’ostruzionismo del doppiato Tagliani aiuta a vincere Carpentier e a Houston, dietro De Ferran. Numerosi piazzamenti in top ten nella prima parte del campionato (saranno 11 alla fine) tengono in corsa Dario per il titolo fino all’estate, ma una serie di problemi tecnici e qualche errore lo blocca al 7° posto finale.
Nel 2002 il team Green conferma la formazione di piloti, passando durante la stagione dal telaio Reynard alla Lola. Inizialmente la squadra si trova in difficoltà con la nuova vettura a causa di problemi ai freni, ma a metà stagione Franchitti è costantemente tra i più veloci, centrando tre vittorie, la prima delle quali a Vancouver, vendicando il secondo posto di due anni prima, trionfando poi ancora in Canada, sul cittadino di Montreal. Il terzo successo, il primo su un ovale, arriva in casa a Rockingham. Come detto la prima parte di stagione regala poche soddisfazioni, con un secondo posto a Monterey e un terzo a Motegi cui seguono i ritiri per incidente a Milwaukee e Laguna Seca. Risultati incostanti, con qualche incidente e rotture meccaniche alternate a podi e vittorie, non fanno andare Dario oltre il quarto posto in campionato, pochi punti dietro Junqueira e Carpentier, ma abbondantemente davanti ai compagni Andretti e Tracy. Nel 2002 Franchitti esordisce a Indianapolis, non risultando mai competitivo e vivendo la corsa come una distrazione dall’impegno CART. Negli ultimi giri si esibisce poi in una serie di manovre di disturbo ai danni di Castroneves e Giaffone, volte ad aiutare il compagno Tracy, che non gli fanno certo onore.
Nel 2003 Franchitti dovrebbe correre al fianco di Andretti e Kanaan in IRL, ma la stagione dello scozzese dura di fatto solo due gare, perchè durante un giro in moto in Scozia un guasto alla sua MV Agusta causa una rovinosa caduta, che gli provoca una frattura vertebrale. Dario salta numerose corse, tra cui Indianapolis, tornando poi a Pikes Peak, dove chiude buon quarto prima che il dottor Trammell, che lo ha rimesso in piedi, lo obblighi a saltare il resto della stagione. Nelle prime due corse Dario raccoglie un settimo posto a Homestead e un ritiro per rottura del cambio a Phoenix.
Franchitti torna ai nastri di partenza nel 2004, confermato dal team Andretti Green, che in questa stagione diventa la squadra di riferimento. Il campionato si apre male, con un incidente con Mark Taylor a Homestead. A Phoenix poi Dario naviga in top 5, reagendo però troppo tardi all’uscita di una bandiera gialla nel finale, tamponando Tomas Scheckter. È settimo a Motegi, qualificandosi in prima fila a Indianapolis, dove però non è mai realmente in lotta per la vittoria e chiude solo 17°. Il resto della stagione è un incredibile sequenza di alti e bassi. All’ottimo secondo posto in Texas segue un incidente a Richmond, il quarto posto in Kansas e un ritiro per problemi al cambio a Nashville. A Milwaukee poi arriva finalmente il momento di Dario, che prende la testa della corsa a metà gara e domina fino al traguardo. Lo stesso copione si ripete qualche settimana più tardi a Pikes Peak, con le due vittorie inframmezzate da un sesto posto in Kentucky e l’ennesimo ritiro per problemi tecnici a Michigan. Stessa sorte gli toccherà anche a Chicago, mentre a Nazareth chiude terzo, col team AGR che occupa tutto il podio, sbeffeggiando Roger Penske sul circuito di casa. Dopo un sesto posto di Fontana, il campionato si chiude male per Franchitti, coinvolto in un brutto incidente nelle prove in Texas e replicato poi in gara, quando un cedimento meccanico manda in testacoda lo scozzese, centrato poi da Barron. Alla prima stagione completa in IRL, Dario si piazza al sesto posto.
Ormai perfettamente ristabilito dai diversi infortuni patiti negli anni, il 2005 dovrebbe essere l’anno di Franchitti, una delle punte di un team praticamente invincibile. Il campionato si apre però subito male, con un motore rotto a Homestead. A Phoenix lo scozzese conferma il suo grande affiatamento con gli ovali corti, superando Castroneves e Hornish e comandando la seconda metà gara. Durante l’ultima sosta, effettuata a pochi giri dal termine, le Penske non sostituiscono le gomme, tornando in pista davanti a Dario che preferisce il pit stop completo. La corsa si risolve in una ripartenza a tre giri dal termine, in cui Franchitti cerca di passare Hornish all’esterno in curva 1. L’americano è però abile a portare il rivale sullo sporco, con Dario che sfiora il muro e perde posizioni, chiudendo quarto. A St Pete è uno dei più veloci, ma un contatto con Sharp e altri contrattempi lo fanno precipitare nelle retrovie. È però bravissimo nel finale a rimontare fino al terzo posto, ma la stessa aggressività lo tradisce a Motegi quando, cercando di resistere all’esterno in curva 4 a un attacco di Wheldon, finisce nello sporco e contro il muro. A Indianapolis si qualifica in seconda fila, alternandosi in testa con Hornish e Kanaan, ma è solo sesto al traguardo, a causa anche di una strategia che lo fa ripartire ai margini della top ten nel momento decisivo. È poi solo ottavo in Texas, mentre chiude buon secondo a Richmond, dove può poco contro un Castroneves velocissimo. È poi protagonista nell’appuntamento successivo in Kansas, ma perde il treno dei primi all’ultima sosta, dovendosi accontentare del quarto posto. A Nashville, dove vive insieme alla moglie Ashley Judd, coglie finalmente la prima vittoria della stagione tenendo a bada Hornish e superando Carpentier a 7 giri dalla bandiera a scacchi. È poi secondo a Milwaukee, dove prende la testa grazie a una strategia differenziata e ingaggia uno spettacolare duello a base di ruotate con un incontenibile Hornish, che coglie il secondo successo stagionale. Le corse successive regalano solo un ottavo posto a Michigan e un ritiro per problemi tecnici in Kentucky, mentre a Pikes Peak è ancora Dario a buttare al vento una corsa dominata, ripartendo troppo presto durante una sosta e perdendo due giri. Anche a Sonoma lo scozzese è tra i più veloci, ma un errore in qualifica lo costringe a partire dalle ultime file, da cui non riesce ad andare oltre il settimo posto. Nelle ultime corse è solo 12° a Chicago, chiudendo poi sul podio a Watkins Glen, dove non può nulla contro un imprendibile Dixon. A Fontana è protagonista di un duello per la vittoria con Kanaan, che sulla dirittura d’arrivo attiva per sbaglio il limitatore di velocità, regalando la corsa a Dario. Il successo per lo scozzese è particolarmente sentito, perché ottenuto sulla pista in cui il suo amico Greg Moore ha perso la vita 6 anni prima.
Nel 2006 Franchitti è uno dei principali candidati al titolo, ma il team AGR vive una stagione pessima, come anche il suo pilota. A Homestead Dario ottiene un buon quarto posto, conquistando la pole nell’appuntamento successivo a St Pete. Lo scozzese sbatte però nel warm up e si ferma in gara dopo pochi giri con una sospensione fuori posto. Un altro errore durante una sosta, con un meccanico investito, gli costa il podio a Motegi. A Indianapolis, dopo un difficile mese di prove, porta a casa un settimo posto, ma non è mai coinvolto nella lotta per la vittoria. Un errore sul bagnato a Watkins Glen gli costa il ritiro, mentre a una prestazione scialba in Texas segue un ottimo terzo posto a Richmond. Sugli ovali veloci però le sue prestazioni continuano a essere insufficienti, con un 12° posto in Kansas cui seguono due seste posizioni guadagnate a Nashville e Milwaukee. Mentre in Tennesse si lamenta sul finale per il presunto blocking di Danica Patrick, in Wisconsin il team AGR torna alle posizioni che gli competono, con Kanaan che porta a casa il successo. Le ultime corse, fatta eccezione per un bel secondo posto a Sonoma dove potrebbe forse vincere se non dovesse guardare le spalle ad Andretti nel finale, non regalano nulla di significativo. Per l’appuntamento finale di Chicago Dario, coinvolto in un brutto incidente a Goodwood alla guida di un auto storica, viene addirittura sostituito da AJ Foyt IV. In questo periodo sono molte le voci che lo vedrebbero in ChampCar per la stagione successiva, col team AGR che non nasconde l’insoddisfazione per le prestazioni dei due veterani, Franchitti e Herta, solo 8° e 11° in classifica.
Nonostante tutto Franchitti è confermato alla guida della vettura sponsorizzata Canadian Club per la stagione 2007, che non sembra promettere niente di che per lo scozzese, quarto elemento di una squadra piena di prime donne come Kanaan, Andretti e Danica Patrick. Nella prima corsa a Homestead lo scozzese è settimo, mentre a St Pete è mandato in testacoda da Kanaan alla terza curva, perde un giro ma incredibilmente riesce a recuperare concludendo al quinto posto. È poi terzo a Motegi e ottimo secondo in Kansas, andando a un soffio dalla pole a Indianapolis. Nelle prime battute rimane attardato da una sosta lenta, ma riesce in breve a riportarsi tra i primi. Dopo la prima interruzione per pioggia Dario adotta poi una tattica rischiosa, cambiando sequenza di rifornimenti per prendere il comando in attesa di altre precipitazioni. È aiutato in questo dai numerosi incidenti che si susseguono e che costano la gara a Kanaan, Wheldon e Andretti. Quando il nubifragio si scatena di nuovo Dario è ancora in testa, conquistando la vittoria più importante della carriera. Per Franchitti è la svolta, perché il successo a Indy gli regala una sicurezza mai vista, trasformandolo da pilota veloce ma spesso pasticcione in un campione riflessivo e concreto. Negli appuntamenti successivi infatti è secondo a Milwaukee e quarto in Texas, infilando poi due vittorie consecutive in Iowa e a Richmond. Nel primo caso controlla Andretti sul traguardo, aiutato dall’incidente multiplo che elimina alcuni concorrenti, in Virginia invece ha semplicemente un altro passo. Il momento d’oro gli regala una solida leadership in classifica, lentamente erosa però da Scott Dixon, che infila tre vittorie consecutive, con Dario sempre sul podio. A Michigan lo scozzese rimane attardato dopo la prima sosta, ma rimonta come una furia, riportandosi presto in testa. A 50 giri dal termine però la sua vettura si aggancia con la Dallara di Wheldon nel rettilineo di ritorno, volando letteralmente sopra le teste degli altri piloti, prima di strisciare contro l’asfalto capovolta. Dario esce comunque incolume dalla vettura distrutta e con Wheldon nel dopo gara voleranno parole grosse. Nell’appuntamento successivo in Kentucky, Franchitti commette un errore durante una sosta collettiva, andando a sbattere contro il cono che delimita la zona a velocità ridotta e danneggiando l’ala anteriore. Il contrattempo gli fa perdere contatto coi primi, ma il peggio deve ancora arrivare. Inconsapevole che si tratti dell’ultimo giro, dopo aver tagliato il traguardo al 7° posto lo scozzese continua a spingere, non avvedendosi del rallentamento di Matsuura, che viene centrato ad altissima velocità. La Dallara del team AGR si alza di nuovo in volo, andando a disintegrarsi contro il muretto, col pilota incredibilmente incolume che viene però multato per il suo comportamento irresponsabile. Nella corsa successiva a Sonoma Dario parte in pole e comanda la corsa con Kanaan a proteggergli le spalle. L’unica minaccia per lo scozzese sembra venire da Dixon, che riesce a ritardare più di tutti ogni sosta, trovandosi sempre davanti a gomme fredde. Lo scozzese riesce sempre a riguadagnare la posizione sul rivale, ma in occasione dell’ultima sosta deve vedersela con Andretti che, uscito dai box in testa, chiude la porta a Franchitti in curva 1. L’impatto manda contro le gomme Andretti e danneggia l’ala anteriore dello scozzese che, superato da Dixon e Castroneves, chiude terzo difeso in ogni modo da Kanaan. Nel dopo gara Michael Andretti incredibilmente si schiera dalla parte di Marco. Franchitti si presenta a Detroit indietro di 4 punti rispetto a Dixon, col quale si confronta nuovamente nelle strade del Michigan. Nelle ultime battute Dario si ritrova dietro il neozelandese, che perde il controllo della vettura durante un attacco su Buddy Rice, finendo per travolgere lo stesso Franchitti. Per Scott è il ritiro mentre Dario riesce ad arrivare sesto, tornando davanti di tre punti. All’ultimo appuntamento di Chicago, Franchitti fa fatica a tenere il ritmo di Dixon e delle Penske, ma una lunga opera di risparmio carburante, insieme ad alcune bandiere gialle fortunate, restringono ai due contendenti al titolo la lotta per la vittoria. Negli ultimi due giri Dixon conduce su Dario e sembra avviato al successo, ma all’ultima curva la Dallara del team Ganassi si ferma con il serbatoio vuoto, regalando allo scozzese la quarta vittoria dell’anno e il titolo IndyCar. Franchitti si presenta a Chicago con un contratto già firmato con Chip Ganassi per correre in Nascar nel 2008. In realtà questa operazione doveva svolgersi già la stagione precedente, quando lo scozzese era però stato “bruciato” dall’arrivo improvviso di Montoya. Dario lascia il team AGR in un clima teso, per le vicende delle ultime corse, oltre al licenziamento del fratello Marino dal programma della squadra in ALMS.
Il 2008 di Franchitti è quindi targato Nascar. Lo scozzese debutta in realtà nel 2007, correndo alcune corse ARCA e Nationwide Series, sulla falsariga del programma seguito da Montoya l’anno prima. Nella prima corsa in Nationwide a Memphis si qualifica al terzo posto, concludendo però 33°. In simile posizione termina le corse successive, sperimentando tutte le solite difficoltà che accompagnano nelle stock car i piloti delle ruote scoperte. Nel 2008 debutta a Daytona al volante della vettura 40, concludendo 33°. La stagione si rivela semplicemente un disastro. Nessuna delle vetture del team Ganassi è competitiva e lo stesso Montoya non riesce a ripetere gli scarsi risultati ottenuti la stagione precedente. Franchitti colleziona incidenti e piazzamenti insulsi fino alla corsa di Talladega in aprile, dove si frattura una caviglia in un incidente che lo tiene fermo per 5 corse. Nella serie cadetta fa qualche figura dignitosa, con un sesto posto a Las Vegas come miglior risultato. Nel week end Sprint Cup a Sonoma subisce anche l’onta della mancata qualificazione e dopo la corsa successiva di Pocono, Ganassi è costretto a chiudere il programma per mancanza di fondi. Prosegue invece la stagione in Nationwide, dove Dario conquista una splendida pole a Watkins Glen, buona almeno per l’onore dopo la brutta figura in California. In gara termina al quinto posto. Poche settimane dopo decide di lasciar perdere con le stock car, cedendo il volante a Bryan Clauson. Inizia a farsi largo la possibilità di tornare alle monoposto e nel fine settimana IndyCar di Detroit, data la partenza di Wheldon verso il team Panther e il rinnovo di Kanaan con AGR, si mette d’accordo con Ganassi per guidare la vettura 10 nel 2009. In realtà il debutto in rosso avviene già nella corsa fuori campionato di Surfers Paradise, dove lo scozzese si qualifica quarto ma rimane attardato, prima a causa di una bandiera gialla uscita nel momento sbagliato e poi per un testacoda.
Nel 2009 Franchitti, voglioso di rivincita dopo un 2008 catastrofico, è tra i favoriti per il titolo. Si presenta quindi carico a St Pete, dove parte quinto e chiude una posizione più avanti. Nell’appuntamento successivo però non si fa sfuggire l’occasione, tornando subito al successo, trionfando per la prima volta a Long Beach. Un’incomprensione con Rahal in fase di rientro box causa però un incidente che gli costa il ritiro in Kansas mentre a Indy, dopo essere partito in prima fila e aver comandato le prime fasi, è attardato da una sosta lenta nel finale e chiude solo settimo. Buoni piazzamenti a Milwaukee e in Texas, portano alla seconda vittoria in Iowa e alla piazza d’onore di Richmond alle spalle di Dixon. Un’uscita di pista a Watkins Glen precede poi un’altra vittoria a Toronto, 10 anni dopo il successo ottenuto nella CART. Il fine stagione è all’insegna della solidità: un quinto posto a Edmonton e un terzo a Mid Ohio precedono una grande vittoria a Sonoma, dove Dario è tallonato per tutta la corsa da Briscoe. Il quarto posto di Chicago in volata e il secondo dietro Dixon a Motegi, permettono allo scozzese di arrivare all’ultima corsa di Homestead in seconda posizione, a 5 punti dal compagno di squadra. In gara Franchitti si rende subito conto di non poter tenere il passo di Dixon e Briscoe, puntando quindi tutto sulla strategia. Mentre i primi due ingaggiano una lunga battaglia sul piano della velocità, Dario ritarda ogni sosta, consapevole che una qualunque bandiera gialla rovinerebbe il suo lavoro. Nonostante il caldo torrido renda problematico il controllo della vettura, non ci sono però neutralizzazioni e quando gli avversari si fermano a pochi giri dal termine, Franchitti deve solo tenere d’occhio i consumi per arrivare al traguardo e cogliere la quinta vittoria stagionale e il secondo titolo IndyCar.
Il 2010 è forse la miglior stagione della carriera di Franchitti, un’annata in cui lo scozzese è veloce, non sbaglia quasi mai e soprattutto riesce ad elevare il suo gioco nel momento in cui è richiesto il massimo sforzo, riuscendo a rivaleggiare e forse superare Dixon anche sugli ovali da 1.5 miglia, un tipo di terreno in cui era sempre stato un po’ deficitario. La stagione inizia con “calma”, con una serie progressiva di piazzamenti: 7° nella caotica San Paolo; 5° a St Pete dopo un testacoda iniziale e una bella rimonta; 3° in Alabama, una pista sempre detestata. Un week end storto a Long Beach si conclude con un 12° posto, ma è secondo in Kansas dopo aver risolto a suo favore un lungo confronto con Kanaan e Castroneves. Si arriva quindi a Indy, dove Dario parte terzo ma è già in testa a metà del primo giro. Il suo è un autentico dominio, solo parzialmente messo alla prova da Kanaan e Andretti. In un finale di gara basato sui consumi però anche Dario rischia quando, dopo aver ripreso la leadership avendo visto tutti i suoi avversari fermarsi per un rabbocco, è insidiato all’inizio dell’ultimo giro da Dan Wheldon. Entrambi proseguono a un ritmo ridottissimo per arrivare in fondo, ma i problemi di Dario sono risolti dalla neutralizzazione causata dal catastrofico incidente tra Conway e Hunter-Reay. Franchitti non ha quindi problemi a tagliare il traguardo, precedendo Wheldon per il suo secondo successo al Brickyard, che gli da slancio anche in classifica. Will Power è incontenibile sugli stradali, ma lo scozzese è consistente, raccogliendo un quinto posto in Texas, cui fanno seguito i podi consecutivi di Watkins Glen, Toronto e Edmonton. In Iowa un problema tecnico lo mette fuorigioco con la vittoria ormai in vista, ma la rivincita arriva a Mid Ohio, dove Dario contiene gli attacchi di Power, per una volta battuto nei circuiti misti. L’australiano vince ancora a Sonoma, contenendo la rimonta di Franchitti, terzo, ma lo scozzese accorcia le distanze a Chicago, conquistando il successo davanti a Wheldon, con Power frenato da problemi all’ultima sosta. Dario precede il rivale anche negli appuntamenti successivi in Kentucky, dove chiude quinto e a Motegi, dove è secondo tra le Penske di Castroneves e Power. L’australiano si presenta così all’ultima corsa di Homestead con 12 punti sul rivale, che però conquista la pole e il maggior numero di giri al comando. Franchitti guida a lungo la gara e quando Power finisce a muro a ¾ di corsa può permettersi di giocare conservativo con la strategia. Un ottavo posto gli basta quindi per conquistare il terzo titolo in carriera.
La battaglia Power-Franchitti si ripresenta accesa come non mai anche nel 2011. I due si sfidano fin dalla prima corsa di St Pete, dove lo scozzese ha la meglio passando all’esterno con una ruotata il rivale e conquistando il primo successo stagionale. A Barber Power però pareggia i conti, mentre Franchitti riesce ad issarsi in terza posizione, ripetendosi poi a Long Beach, passato nel finale da un velocissimo Mike Conway. A San Paolo l’ennesimo acquazzone rende la corsa imprevedibile e alla fine è Power a portare a casa il successo, mentre Dario chiude quarto. Indianapolis vede lo scozzese dominare come nel 2010, ben spalleggiato dal compagno Dixon, ma nel finale il team Ganassi tenta l’ennesimo azzardo strategico, cercando di evitare l’ultima sosta. La mossa non riesce e Franchitti porta a casa un deludente 12° posto. Nelle corse successive lo scozzese sembra poter chiudere il campionato: vince a Milwaukee e conquista un primo e un settimo posto in Texas, è poi quinto in Iowa e vince ancora a Toronto. In Canada la rivalità con Power si accende quando nella famigerata curva 3, Franchitti manda in testacoda l’australiano, che per la verità non lascia molto spazio all’interno. Nel dopo gara il pilota Penske rinfaccia allo scozzese vari sgarbi subiti nelle corse precedenti, denunciando l’inconsistenza nelle decisioni della direzione gara, che prima annuncia e poi revoca una penalità per lo scozzese, che incrementa il proprio vantaggio in classifica. Nell’appuntamento successivo di Edmonton Dario chiude terzo dietro le Penske di Power e Castroneves ed è poi secondo dietro Dixon a Mid Ohio. Il campionato sembra chiuso, ma durante una ripartenza in una corsa letteralmente dominata a Loudon, Franchitti si aggancia con Sato e butta al vento una vittoria fondamentale. 47 punti con 4 gare da disputare sembrerebbero un margine tranquillizzante, ma nelle corse successive Power riprende slancio: l’australiano vince infatti a Sonoma e Baltimora, arrivando secondo dietro Dixon a Motegi. Franchitti raccoglie due quarti posti, ma è protagonista di una corsa disastrosa in Giappone, causando un incidente multiplo durante una ripartenza e finendo in fondo al gruppo. Riesce comunque a concludere ottavo, ma il risultato gli fa perdere la testa della classifica. La situazione torna però positiva nell’appuntamento successivo in Kentucky, dove lo scozzese chiude secondo in volata dietro Carpenter mentre Power, che domina nettamente le prime battute, è messo fuori gioco da un contatto con Ana Beatriz in pit lane. Franchitti si presenta con un buon vantaggio all’ultima corsa di Las Vegas e riesce ad evitare l’incidente a catena che coinvolge anche Power e costa la vita all’amico Dan Wheldon. La gara non assegna ovviamente punti e lo scozzese è così campione IndyCar per la quarta volta, la terza di fila.
Quando Franchitti prova per la prima volta la DW12, capisce che il 2012 non sarà un anno semplice. Con Castroneves, Dario è uno dei pochi a frenare col piede destro e fare il punta tacco all’occorrenza. La nuova vettura inizialmente non permette di adottare questa tecnica e lo scozzese chiede alla Dallara di realizzare una nuova pedaliera. Mentre Castroneves si trova benissimo con la nuova soluzione, Dario non sarà mai del tutto a suo agio sulla nuova macchina. L’inizio stagione è disastroso, con un 13° posto a St Pete e una 10° piazza a Barber. A Long Beach qualcosa si muove e Franchitti in qualifica è il migliore dei piloti Honda, partendo dalla pole a causa della maxi penalità ai piloti Chevrolet. Alla prima curva lo scozzese resiste all’attacco di Newgarden, che si infila nelle gomme, ma a ogni ripartenza è afflitto da problemi di elettronica che lo disturbano in accelerazione, facendogli perdere numerose posizioni. Alla fine lo scozzese è solo 15°, rompendo finalmente il digiuno di arrivi decorosi a San Paolo, dove arriva 5°. A Indianapolis il team Ganassi appare in difficoltà fin dalle prove e in qualifica Dixon e Franchitti si piazzano solo in sesta fila. Alla bandiera verde i due iniziano però a rimontare, ma Dario è spedito a fondo gruppo da una tamponata di Viso in pit lane. Lo scozzese riesce comunque a risalire con facilità e nella fase decisiva è davanti a tutti. La vittoria sembra un affare interno al team Ganassi, ma Sato riesce ad avere la meglio su Dixon e all’inizio dell’ultimo giro tenta il tutto per tutto con Franchitti. Quando i due approcciano curva 1 lo scozzese copre la traiettoria interna, allargandosi leggermente in ingresso per portare dentro più velocità possibile. Sato cerca di infilarsi in uno spazio strettissimo, mettendo due ruote sotto la linea bianca, finché non perde il controllo e va testacoda. Le due Dallara si sfiorano ma Franchitti mantiene il controllo e precede Dixon e Kanaan sul traguardo per conquistare la terza Indy500 in carriera. La vittoria al Brickyard rende positiva qualunque stagione, ma i risultati in campionato continuano a latitare. Dopo un eccellente secondo posto a Detroit infatti, Franchitti è pressoché inesistente in Texas, alle prese con una vettura inguidabile. A Milwaukee e Toronto è coinvolto in incidenti mentre in Iowa conquista la pole, non potendo poi prendere il via per problemi al motore. In gara lo scozzese sembra avere problemi a tenere il ritmo con la nuova DW12, ma in prova è ancora velocissimo, conquistando quattro pole, come a Edmonton, dove chiudo sesto. È poi solo 15° a Mid Ohio, conquistando un buon podio a Sonoma, seguito da un 13° posto a Baltimora, dove nel finale è frenato da un contatto con Barrichello. Nell’ultima corsa a Fontana chiude infine secondo, superato all’ultimo giro da Carpenter prima della neutralizzazione per l’incidente di Sato. Dario chiude così il campionato al 7° posto, il peggior risultato dal 2006.
Nel 2013 Franchitti, ancora poco a suo agio con la DW12, trova comunque una migliore continuità, pur non lottando quasi mai per il successo. La stagione si apre nuovamente in modo disastroso, con un ritiro a St Pete per incidente nei primi giri e un guasto a Barber che lo mette in breve fuori gara. Centra poi la pole position a Long Beach, dove chiude quarto a causa di un pit stop lento e un ritmo non irresistibile. È poi settimo a San Paolo, prima di partire nuovamente sedicesimo a Indianapolis. Mai in lotta per la vittoria, lo scozzese si affaccia in top ten nel finale, terminando però a muro durante l’ultima ripartenza. Nelle corse successive ottiene dei buoni piazzamenti tra i primi 10, fino a una corsa disastrosa in Iowa a causa di un pessimo assetto. Le cose migliorano sensibilmente negli appuntamenti successivi, in cui il team Ganassi si rimette finalmente in carreggiata: Dario è terzo nella tripletta del team a Pocono, conquistando poi la pole nella prima corsa di Toronto, che chiude al terzo posto. In questa occasione si riaccende la polemica con Power, che accusa lo scozzese di blocking all’ultimo giro. In gara 2 Dario, veloce nel giro singolo ma sempre sofferente su uno stint completo, chiude quarto, centrando poi un buon terzo posto a Mid Ohio. È ancora terzo a Sonoma, dove si rinnova la rivalità con Power a causa di una sequenza di ruotate scambiate tra i due nelle ultime ripartenze, che vedono prevalere l’australiano. Le ultime corse della stagione sono invece una sofferenza: mai competitivo a Baltimora, lo scozzese è fuori gioco dopo pochi giri per problemi tecnici. Nella prima corsa di Houston finisce a un giro di distacco per un testacoda mentre in gara 2 è coinvolto in un pauroso incidente con Takuma Sato. Nelle ultime battute il giapponese colpisce il muro ma prosegue davanti a Franchitti, fino a quando in una veloce curva a destra la Dallara del team Foyt non va per la tangente, con Dario vicinissimo. Nonostante le protezioni alle gomme posteriori, la vettura di Sato fa da trampolino per quella di Franchitti, che solleva il muso e si infrange sulle reti di protezione, distruggendosi e sottoponendo lo scozzese a una terribile decelerazione. Detriti e reti divelte da Franchitti finiscono in tribuna, ferendo numerosi spettatori. Dopo lunghi attimi di apprensione, arriva la notizia che Dario è cosciente, seppur molto dolorante. All’ospedale gli saranno riscontrate una frattura alla caviglia, un forte trauma cranico e altre fratture vertebrali, che vanno a sommarsi a quelle subite nel 2003. I primi giorni di degenza per Franchitti sono un calvario, in cui qualunque gesto costa una fatica enorme. Lo scozzese non vuole vedere nessuno in ospedale e una delle poche persone ammesse nella sua camera è il compagno di squadra Scott Dixon, diventato negli anni un grande amico. Dopo i primi tempi di riabilitazione, Dario può cominciare a pensare ai tempi di recupero e a quando potrà tornare in macchina, ma le sue aspettative vengono gelate dal parere di due medici di cui si fida ciecamente. Terry Trammell e Steve Olvey lo sconsigliano vivamente di riprendere a correre, in quanto un altro incidente potrebbe causare danni permanenti alla schiena e al cervello, già duramente provati dai vari incidenti subiti in carriera. Lo scozzese deve quindi prendere la decisione forse più difficile della sua vita, ritirandosi dalle competizioni e abbandonando il sogno non solo di vincere una quarta 500 miglia di Indianapolis, ma anche di iniziare una nuova avventura nell’endurance, a partire dalla 24 ore di Le Mans, in vista della quale ha già dei contatti aperti con il programma prototipi Porsche. Sulla falsariga di quanto fatto da Roger Penske con Rick Mears, Chip Ganassi offre a Dario la possibilità di continuare a lavorare con la squadra come consulente tecnico, due esperti occhi in più in grado di dare una diverso punto di vista a piloti e ingegneri. Nelle stagioni successive Franchitti è quindi impegnato a supportare i giovani della squadra, Karam, Kimball e Chilton, non mancando però di aiutare anche i più esperti Dixon e Kanaan, che possono attingere dalla infinita “banca dati” dello scozzese, ricca di trucchi e tecniche specifiche per le varie piste.
Anno | Serie | Squadra | N | Sponsor | Gare | Pos. Finale | Punti | Vittorie | Podi | Top5 | Top10 | Pole P. |
1997 | CART | Hogan | 9 | Hogan | 16 | 22 | 10 | 0 | – | – | 1 | 1 |
1998 | CART | Green | 27 | Kool | 19 | 3 | 160 | 3 | 6 | 9 | 11 | 5 |
1999 | CART | Green | 27 | Kool | 20 | 2 | 212 | 3 | 11 | 12 | 14 | 2 |
2000 | CART | Green | 27 | Kool | 20 | 13 | 92 | 0 | 4 | 5 | 7 | 2 |
2001 | CART | Green | 27 | Kool | 20 | 7 | 105 | 1 | 4 | 4 | 11 | 0 |
2002 | CART | Green | 27 | Kool | 19 | 4 | 148 | 3 | 7 | 8 | 10 | 1 |
2002 | IRL/IndyCar | Green | 27 | 7/Eleven | 1 | 44 | 11 | – | – | – | – | 0 |
2003 | IRL/IndyCar | Green | 27 | Kool | 3 | 25 | 72 | 0 | 1 | 2 | 0 | |
2004 | IRL/IndyCar | Andretti-Green | 27 | Arca/Ex | 16 | 6 | 409 | 2 | 4 | 5 | 8 | 1 |
2005 | IRL/IndyCar | Andretti-Green | 27 | Arca/Ex | 17 | 4 | 498 | 2 | 6 | 8 | 13 | 1 |
2006 | IRL/IndyCar | Andretti-Green | 27 | Canadian Club | 13 | 8 | 311 | 0 | 2 | 3 | 7 | 1 |
2007 | IRL/IndyCar | Andretti-Green | 27 | Canadian Club | 17 | 1 | 637 | 4 | 11 | 13 | 16 | 4 |
2008 | IRL/IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 1* | – | – | – | – | – | – | – |
2009 | IRL/IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 17 | 1 | 616 | 5 | 9 | 13 | 15 | 5 |
2010 | IRL/IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 17 | 1 | 602 | 3 | 10 | 13 | 15 | 2 |
2011 | IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 17 | 1 | 573 | 4 | 9 | 13 | 15 | 2 |
2012 | IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 15 | 7 | 363 | 1 | 4 | 5 | 7 | 5 |
2013 | IndyCar | Ganassi | 10 | Target | 18 | 8 | 418 | 0 | 4 | 7 | 11 | 3 |
Carriera | 5237 | 31 | 91 | 119 | 163 | 35 |
Vittorie | Stradali | Cittadini | Ovali | Totale | |||||
1997 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
1998 | Road America | Vancouver | Houston | 1 | 2 | 0 | 3 | ||
1999 | Detroit | Toronto | Surfers Paradise | 0 | 3 | 0 | 3 | ||
2000 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
2001 | Cleveland | 1 | 0 | 0 | 1 | ||||
2002 | Rockingham | Montreal | Vancouver | 0 | 2 | 1 | 3 | ||
2003 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
2004 | Milwuakee | Pikes Peak | 0 | 0 | 2 | 2 | |||
2005 | Nashville | Fontana | 0 | 0 | 2 | 2 | |||
2006 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
2007 | Indy500 | Richmond | Iowa | Chicago | 0 | 0 | 4 | 4 | |
2008 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
2009 | Long Beach | Iowa | Sonoma | Toronto | Homestead | 1 | 2 | 2 | 5 |
2010 | Indy500 | Mid Ohio | Chicago | 1 | 0 | 2 | 3 | ||
2011 | St. Pete | Texas 1 | Milwaukee | Toronto | 0 | 2 | 2 | 4 | |
2012 | Indy500 | 0 | 0 | 1 | 1 | ||||
2013 | 0 | 0 | 0 | 0 | |||||
Totale | 4 | 11 | 16 | 31 | |||||
Quote | 12,9% | 35,5% | 51,6% | 100,0% |