2016

I MOTIVI

Il 2016 è stato indiscutibilmente l’anno del team Penske. Se nella stagione precedente la squadra del Capitano aveva raccolto poco considerando il notevole vantaggio velocistico mostrato in quasi ogni gara, nel 2016 le vittorie sono fioccate, per merito in primis di Simon Pagenaud. Dopo un 2015 intelocutorio, il francese ha pienamente dimostrato il suo valore, imponendo a tratti una superiorità perfino sorprendente. Con uno Scott Dixon sfortunato e falloso, Pagenaud non ha potuto che trovare in casa gli ostacoli principali verso il titolo. Partito in sordina ma capace di invertire la tendenza a metà stagione, Will Power ha avuto il merito di crederci fino alla fine, portando per il decimo anno consecutivo la contesa fino all’ultima corsa di Sonoma. Se nel 2015 un Graham Rahal strepitoso aveva permesso alla Honda di arrivare in California con concrete possibilità di portare a casa il titolo, nel 2016 il campionato è sempre stato un affare Chevrolet, i cui piloti hanno messo insieme 14 vittorie su 16. Grazie anche al lavoro di sviluppo concesso dalla serie, la casa giapponese ha comunque ridotto le distanze, mostrando i muscoli negli ovali più veloci e dominando la Indy 500, vinta dal rookie Alexander Rossi paradossalmente grazie ai buoni consumi più che alla prestazione pura. Il 2016 ha infine visto il tanto atteso ritorno delle ruote scoperte a Road America, accompagnato dalla non prevista ma altrettanto gradita ricomparsa di Watkins Glen. Due appuntamenti che hanno riscosso il favore del pubblico e che si spera possano indurre un progressivo ritorno in altri circuiti storici delle ruote scoperte americane.

 

 

 

 

TEAM E PILOTI

 

Pilota Juan Pablo Montoya (COL) Helio Castroneves (BRA) Will Power (AUS) Simon Pagenaud (FRA)
Oriol Servia (SPA)
Vettura #2 Verizon #3 Pennzoil #12 Verizon #22 HP Enterprises
Pacchetto tecnico Chevrolet Chevrolet Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Brian Campe Jonathan Diuguid Dave Faustino Ben Bretzman
Stratega Jon Bouslog Roger Penske Tim Cindric Kyle Moyer
Capo meccanico Vance Welker Travis Law Matt Jonsson Billy Vincent

indycar.com; Tim Holle
indycar.com; Tim Holle

indycar.com; Mike Finnegan
indycar.com; Mike Finnegan

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

In molti nell’inverno si sono domandati se il 2015 di Pagenaud fosse solo un’annata storta o se rappresentasse il potenziale del francese: un pilota che fa miracoli con poche risorse ma non si dimostra un campione nel momento che conta. La risposta è stata inequivocabile. Un lavoro psicologico maniacale e una chimica perfetta con una squadra ancora acerba nel 2015, hanno permesso al francese di recitare il ruolo del mattatore, in grado di imporsi con autorità in qualifica e comandare le gare a piacimento, sia dominando che lottando ruota a ruota per raggiungere la vetta. Un passo avanti notevole rispetto al 2015, in cui era spesso sembrato troppo rinunciatario. Dopo un inizio stagione fulminante il francese ha contenuto abilmente il ritorno del compagno Power, fuori causa a St. Petersburg per un brutto incidente in prova e a lungo frenato da una condizione fisica imperfetta, a causa di una intolleranza alimentare scoperta nell’inverno. Dopo aver rotto il ghiaccio a Detroit, Power è tornato il pilota velocissimo e aggressivo di sempre, in grado di mettere a segno 4 vittorie, tra cui la seconda 500 miglia in carriera a Pocono, La rimonta si è però fermata per un incidente evitabile a Watkins Glen, anche se nelle ultime corse Pagenaud è stato complessivamente superiore, meritando ampiamente il titolo.

Castroneves ha messo insieme la solita stagione di alti e bassi, alternando corse anonime a fine settimana da assoluto protagonista. Per il secondo anno di fila la vittoria lo ha però tenuto a distanza, con qualche errore strategico a negargli un successo assolutamente meritato a Detroit. Montoya ha invece vissuto una stagione difficile. La splendida vittoria strappata a Pagenaud nella corsa inaugurale di St.Pete sembrava prospettare una nuova caccia al titolo per il colombiano, ma dopo qualche sfortuna nelle corse successive, un brutto errore alla Indy500 ha fatto cadere il team #2 in un vortice di errori, sfortune e qualifiche non all’altezza, risultate spesso in contrattempi tipici delle retrovie. Peccato perchè nonostante i risultati siano arrivati col contagocce,  in più di un’occasione Montoya ha ancora mostrato la grinta dei giorni migliori.

 

 

Pilota James Hinchcliffe (CAN) Mikhail Aleshin (RUS)
Vettura #5 Arrow #7 SMP
Pacchetto tecnico Honda Honda
Ingegnere Allen McDonald Blair Perschbacher
Stratega Robert Gue Nick Snyder
Capo meccanico

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

indycar.com; Brett Kelley
indycar.com; Brett Kelley

In arrivo 

 

Pilota Max Chilton (ENG) Scott Dixon (NZL) Tony Kanaan (BRA) Charlie Kimball (USA)
Vettura #8 Gallagher #9 Target #10 NTT DATA #83 Novo Nordisk
Pacchetto tecnico Chevrolet Chevrolet Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Brandon Fry Chris Simmons Todd Malloy Eric Cowdin
Stratega Tom Wurtz Mike Hull Barry Wanser Scott Harner
Capo meccanico Jamie Coates Blair Julia Kevin O’Donnell Ricky Davis

indycar.com; Brett Kelley
indycar.com; Brett Kelley

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

indycar.com; Joe Skibinski
indycar.com; Joe Skibinski

indycar.com; Joe Skibinski
indycar.com; Joe Skibinski

Il titolo 2015 conquistato in extremis non è servito a convincere la Target dell’investimento in IndyCar, aprendo il 2016 con una nota malinconica, mitigata dalla ricomparsa sulla vettura #9 delle saette caratteristiche dei tempi d’oro di fine anni ’90. Peccato le similitudini tra quel periodo e il 2016 si siano fermate lì. Dixon è stato autore di una stagione tutto sommato deludente. Ormai affermatosi, se mai ce ne fosse stato bisogno, come unica vera luce del team, offrendo una velocità ineguagliata su stradali e cittadini, il neozelandese ha avuto il ritmo per puntare al successo in almeno dieci corse. Problemi tecnici a St. Pete e Road America, bandiere gialle sfortunate a Toronto, errori altrui a Detroit e Barber e qualche errore strategico e di guida quà e là hanno però limitato il bottino alle vittorie di Watkins Glen e Phoenix. Dixon rimane uno dei tre migliori piloti del campionato e il suo affiatamento con Chris Simmons è ormai perfetto, ma contro un duo Penske-Pagenaud in stato di grazia certe ingenuità, di squadra e pilota, non sono ammissibili. E’ poi curioso che proprio in una stagione molto migliore del 2015 a livello di prestazioni pura, il neozelandese esca dalla top 3 in campionato per la prima volta in 10 anni.

Kanaan ha replicato a grandi linee il 2015: sempre efficace sugli ovali, spesso più di Dixon, continua a faticare nei circuiti cittadini, dove qualifiche insufficienti lo costringono spesso a rimonte quasi impossibili. Poi però è in grado di mettere insieme fine settimana di tutto rispetto come Road America e Watkins Glen. Si conferma una buona spalla per Dixon ma non ha più la costanza e la velocità pura per rivaleggiare costantemente con Power e Pagenaud. Anche per Kimball una stagione di conferme, nel senso che l’americano continua a dimostrare il suo status di pilota da metà schieramento, incapace nonostante il materiale a disposizione, di replicare le promettenti prestazioni di fine 2013. Atteso (da molti) e annunciato (da se stesso) come migliore rookie della stagione, Max Chilton è stato indiscutibilmente una delusione. Dopo le bellicose dichiarazioni dell’inverno, in cui si diceva subito pronto a raggiungere obiettivi importanti, il pilota inglese è passato quasi inosservato, trafficando fuori dalla top ten per gran parte della stagione, senza grossi errori ma anche con pochi sussulti. I suoi momenti migliori sono quindi stati la bella prova di Phoenix e le qualifiche di Road America e Watkins Glen, indubbiamente le due piste più familiari a un pilota dei suoi trascorsi. Considerando le favorevolissime condizioni del debutto, (due anni di esperienza in F1, la conoscenza di buona parte delle piste e l’assaggio degli ovali avuta in IndyLights, l’eccellente dotazione tecnica a disposizione e un ingegnere conosciuto ed di altissimo livello come Brandon Fry), la sua stagione è quindi apparsa del tutto insufficiente.

 

 

KV Racing Technology

Pilota Sebastien Bourdais (FRA)
Vettura #11 Mistic
Pacchetto tecnico Chevrolet
Ingegnere Olivier Boisson
Stratega Jimmy Vasser
Capo meccanico

indycar.com; Matt Fraver
indycar.com; Matt Fraver

 In arrivo

 

 

Pilota Takuma Sato (JPN) Jack Hawksworth (ENG)
Vettura #14 ABC Supply #41 ABC Supply
Pacchetto tecnico Honda Honda
Ingegnere Raul Prados Dan Hobbs/Daniele Cucchiaroni
Stratega Larry Foyt George Klotz
Capo meccanico

indycar.com; Chris Jones
indycar.com; Chris Jones

indycar.com; Mike Finnegan
indycar.com; Mike Finnegan

Anche per il team Foyt una stagione di conferme…ma in negativo. Alle prese con un pacchetto Honda notoriamente problematico, la squadra, rinforzata nell’inverno dall’arrivo di un team manager di esperienza come George Klotz, non è comunque riuscita a sfruttare la indubbia superiorità delle vetture italo-nipponiche nemmeno per fare una bella figura a Indianapolis, di solito un appuntamento favorevole alla squadra texana. Su stradali e cittadini in diverse occasioni le prestazioni delle vetture hanno visto una regressione prestazionale dal venerdì alla domenica, solo in parte giustificabile con il tipico vantaggio in qualifica del pacchetto Chevrolet. In questo panorama desolante i piloti hanno fatto il possibile. Nonostante un 2015 pessimo, Hawksworth ha deciso di dare alla squadra una seconda possibilità, pentendosi dal primo minuto una volta realizzato che i problemi, a suo dire derivanti non da incapacità del gruppo di ingegneri ma da una struttura ancora poco organizzata e da pit stop sempre troppo lenti, erano gli stessi della stagione precedente. Stesso discorso per Sato, in generale meno efficace del compagno in qualifica ma autore dei migliori piazzamenti della squadra: un eccellente quinto posto a Long Beach e un altro più fortunato a Toronto. Una bellissima rimonta a Elkhart Lake è invece evaporata per una evitabile penalità

 

 

Pilota Graham Rahal (USA) Spencer Pigot (USA)
Vettura #15 Stake&Shake #16
Pacchetto tecnico Honda Honda
Ingegnere Eddie Jones Neil Fife
Stratega Ricardo Nault Jay O’Connell
Capo meccanico

indycar.com; Chris Jones
indycar.com; Chris Jones

indycar.com; Chris Jones
indycar.com; Chris Jones

Pretendere da Graham Rahal un altro miracolo in stile 2015 sarebbe stato onestamente troppo. Il pilota dell’Ohio, ancora supportato da un gruppo di lavoro sparuto ma coeso, ha comunque confermato che i risultati dell’anno precedente non erano un fuoco di paglia. Quasi sempre al vertice della pattuglia Honda Rahal, sempre veloce e aggressivo,  ha offerto un rendimento eccellente soprattutto sugli stradali, andando vicinissimo al successo a Sonoma e Watkins Glen. Una strada tecnica errata, intrapresa durante l’inverno, ha invece tarpato le ali del team a Indy e Pocono, le piste in cui il pacchetto Honda ha garantito al team Andretti, ampiamente oscurato nel resto della stagione, una superiorità indiscutibile. E’ un po’ a sorpresa quindi che l’unica vittoria stagionale sia arrivata in Texas, al termine peraltro di una spettacolare battaglia a 4 in cui Rahal ha potuto mettere a frutto la sua irriducibilità. Il quinto posto finale è un risultato equo per una stagione che, a detta degli stessi interessati, ha beneficiato raramente delle circostanze favorevoli che in più di un’occasione si sono verificate nel 2015.

Il team ha anche portato al debutto Spencer Pigot, in netta difficoltà in qualifica data l’inesperienza con la mescola più morbida delle gomme Firestone, ma in grado almeno nel Gp di Indy di mettere insieme una solida corsa, che gli è valsa un undicesimo posto. La Indy500 si è invece rivelata più dura per il rookie, frenato dall’assetto generale adottato dalla squadra, cui si è poi sommato un brutto incidente nelle libere che non ha aiutato ad aumentare la fiducia.

 

 

Pilota Conor Daly (USA) Luca Filippi (ITA)
Gabby Chaves (COL)
RC Enerson (USA)
Pippa Mann (ENG)
Vettura #18 Jonathan Byrd’s Racing #19 Boy Scouts of America
Pacchetto tecnico Honda Honda
Ingegnere Michael Cannon Kyle Brannan
Stratega Dale Coyne Darren Crouser
Capo meccanico

indycar.com; Bret Kelley
indycar.com; Bret Kelley

indycar.com; Chris Jones
indycar.com; Chris Jones

Il 2016 è stato, almeno nel lato #18 del box, un anno di stabilità per il team Coyne, in grado di annunciare con grande anticipo rispetto al solito il programma completo di Conor Daly. Totalmente fuori fase sugli ovali, la squadra ha puntato tutto su alcuni azzardi strategici nelle altre corse, riuscendo talvolta a centrare risultati sorprendenti. Daly si è mostrato all’altezza del compito: gran lottatore, non ha avuto problemi a gestire la situazione anche dopo essersi trovato al comando della prima corsa di St. Petersburg, lottando senza timori riverenziali con Kanaan e Castroneves. Sfruttando ogni occasione l’ex GP2, sotto la guida tecnica di Mike Cannon, è quindi riuscito a portare a casa un bottino di tutto rispetto, collezionando 6 arrivi in top 10, tra cui un insperato secondo posto a Detroit, frutto ovviamente di alcune bandiere gialle favorevoli. Peccato che invece la corsa migliore dell’anno, Road America, sia invece stata rovinata da un cedimento meccanico mentre si trovava ai margini della top5. Fatta eccezione per un settimo posto a Toronto e il nono in Wisconsin, l’americano ha però faticato in qualifica, risultando meno efficace di Filippi e Enerson. L’italiano, al via in 5 appuntamenti, ha impressionato ancora per velocità, riuscendo ad entrare per tre volte tra i primi 12. Peccato che la bella corsa di St. Pete sia stata rovinata da un incolpevole contatto con Andretti. Ancora maggior potenziale è stato mostrato da Enerson, veloce ma inconcludente in IndyLights, in grado di mostrare sin dai primi giri una velocità sorprendente, come accaduto al debutto di Mid Ohio, dove il rookie si è piazzato in top 10 nelle libere e ha mostrato un passo invidiabile in gara. Watkins Glen è andata ancora meglio, con un undicesimo posto in griglia e il nono sul traguardo, risultati forse addirittura riduttivi per il potenziale espresso. Sonoma è invece stato un week end avaro di soddisfazioni, ma è indubbio che Enerson abbia fatto alzare più di un sopracciglio nelle prime due uscite in carriera.

 

 

Pilota Ed Carpenter (USA) Josef Newgarden (USA)
Spencer Pigot (USA)
Vettura #20 Fuzzy Vodka #21 Fuzzy Vodka
Pacchetto tecnico Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Matt Barnes Jeremy Milles
Stratega Tim Broyles Brent Harvey
Capo meccanico

indycar.com; Bret Kelley
indycar.com; Bret Kelley

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

In arrivo 

 

 

Pilota Carlos Munoz (COL) Marco Andretti (USA) Ryan Hunter-Reay (USA) Alexander Rossi (USA)
Vettura #26 Cinsay #27 Snapple #28 DHL #98 Castrol/Napa
Pacchetto tecnico Honda Chevrolet Honda Honda
Ingegnere Garrett Mothersead Nathan O’Rourke Ray Gosselin Tom German
Stratega Rob Edwards Stratega: Michael Andretti Bryan Herta
Capo meccanico

indycar.com; Bret Kelley
indycar.com; Bret Kelley

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

indycar.com; Chris Owens
indycar.com; Chris Owens

 In arrivo

 

 

IL CALENDARIO

Il 2016 vede diverse variazioni nella struttura del calendario. La pioggia caduta per tutto il week end e vari problemi organizzativi e finanziari hanno decretato il fallimento della corsa di New Orleans, che si somma agli abbandoni di Fontana e Milwaukee. Seppur scenario di corse decisamente spettacolari, la pista californiana non è riuscita nei 4 anni precedenti a costruire una buona base di pubblico, risultando anche di difficile collocazione nel calendario, con la serie non più intenzionata a chiudere il campionato in notturna sulla costa ovest, con conseguenti difficoltà per gli spettatori della costa est. Anni di sforzi e investimenti da parte dell’Andretti Promotions non sono bastati poi a rivitalizzare la corsa di Milwaukee, finita fuori calendario anche a causa delle dispute interne allo stesso organizzatore. Dopo anni di speculazioni la serie è però riuscita a garantirsi il ritorno sul rinnovato miglio di Phoenix, come da tradizione inserito a inizio campionato. In maniera simile si è poi conquistato l’approdo sullo storico stradale di Road America, assenza ingiustificabile nel calendario di una serie USA di alto livello. Dopo aver visto fallire le speranze di una corsa sulle strade di Boston durante il Memorial Day, a campionato in corso la serie è infine riuscita a portare a casa il ritorno in un altro tempio sacro del motorismo americano, Watkins Glen, in calendario dal 2005 al 2010. Una sostituzione in corso decisamente ben accetta da piloti e pubblico.

Gara Data Pista Tipologia
1 13 marzo St. Petersburg Cittadino
2 2 aprile Phoenix Ovale corto
3 17 aprile Long Beach Cittadino
4 24 aprile Barber Stradale permanente
5 14 maggio Indianapolis GP Stradale permanente
6 29 maggio Indianapolis Super speedway
7 4 giugno Detroit 1 Cittadino
8 5 giugno Detroit 2 Cittadino
9 11 giugno Texas Ovale medio
10 26 giugno Road America Stradale permanente
11 10 luglio Iowa Ovale corto
12 17 luglio Toronto Cittadino
13 31 luglio Mid Ohio Stradale permanente
14 21 agosto Pocono Super speedway
15 4 settembre Watkins Glen Stradale permanente
16 18 settembre Sonoma Stradale permanente

 

 

RACCONTO DELLA STAGIONE

Will Power arriva a St.Pete con una infezione all’orecchio, i cui sintomi peggiorano ulteriormente dopo un violento incidente nelle libere. Nonostante una pole position stratosferica, l’australiano è costretto ad alzare bandiera bianca prima del via, lasciando la sua vettura a Oriol Servia mentre Simon Pagenaud rileva la pole position davanti a Montoya. Il francese comanda le operazioni nelle prime fasi, prendendo vantaggio sul colombiano mentre un Castroneves in crisi di gomme deve cedere il passo a Dixon, Hunter Reay e Andretti. È proprio quest’ultimo poi a portare in pista la pace car con un’entrata kamikaze su Filippi. Alla ripartenza Montoya riesce a passare Pagenaud, ma la corsa viene nuovamente interrotta per un incidente a catena causato da Munoz, che rovina la corsa di vari protagonisti tra cui Rahal. Quando la gara riprende Montoya ha la meglio sul sorprendente Daly, in testa per via di una diversa sequenza di rifornimenti, prendendo margine su Pagenaud, mentre la corsa di Dixon è compromessa da una sosta supplementare per problemi di surriscaldamento. Nonostante un problema allo sterzo renda la guida sempre più difficoltosa, Montoya amministra bene il vantaggio sul francese negli ultimi giri, cogliendo la prima vittoria della stagione. Hunter Reay chiude terzo dietro Pagenaud, negando alla Penske uno storico tris con un gran sorpasso a Castroneves a tre giri dalla fine, portando la Honda sul podio.

La Penske conquista un’altra pole position nel secondo appuntamento di Phoenix, con Castroneves a precedere Kanaan e Montoya. I piloti del Capitano guidano le prime fasi di gara, ma prima il brasiliano e poi il colombiano sono frenati da una foratura che li spedisce nelle retrovie. Il comando passa quindi a Kanaan, che però deve presto consegnarlo a Dixon durante le soste. In una pista in cui anche i doppiaggi sono difficili, Hunter-Reay e Rahal mettono a segno diverse manovre spettacolari durante le ripartenze, compensando le difficoltà della Honda, ma il pilota del team Andretti è tradito per due volte da bandiere gialle uscite al momento sbagliato. Dopo l’ultima sosta Dixon conserva la testa della corsa, mentre Pagenaud si issa al secondo posto davanti al rientrante Power. I tre chiudono nell’ordine con un aggressivo Kanaan che risale fino al quarto posto dopo aver perso terreno ai box.

Come nel 2015 Castroneves parte in pole anche a Long Beach, precedendo Dixon. Mentre il brasiliano prende subito il comando, il campione in carica subisce dopo poche tornate l’attacco di un aggressivo Pagenaud, che in breve si porta a ridosso del compagno. Il primo turno di soste collettive vede però Dixon tornare davanti al francese per poi chiudere il piccolo margine creato in testa da Castroneves. In una corsa piuttosto avara di sorpassi il momento chiave arriva durante il secondo turno di soste. Dixon riesce a passare Castroneves e subito tenta di risparmiare carburante, ma dai box non lo avvertono che Pagenaud è ancora in pista. Quando il francese completa la sosta attraversa con tutte e 4 le gomme la linea divisoria tra pista e corsia di accelerazione. Il team Ganassi si aspetta una penalità ma il francese viene solo ammonito dalla direzione gara, lasciando a Dixon il compito di tornare davanti in pista. Nonostante due buone possibilità Pagenaud alla fine resiste, precedendo il neozelandese di pochi metri e conquistando il primo successo dal suo arrivo alla Penske. Castroneves completa il podio precedendo Montoya e l’eccellente Sato, migliore dei piloti Honda.

A Barber il capoclassifica Pagenaud conquista la prima pole della stagione davanti a Will Power. Il francese prende subito il comando nelle prime fasi, costruendo un ampio margine su Newgarden e Power, mentre Dixon è mandato in testacoda da Bourdais al primo giro e Montoya recupera dal fondo dopo una pessima qualifica. Pagenaud sembra avere la corsa in pugno ma nelle ultime fasi diversi doppiati ne rallentano la marcia, permettendo a Rahal, che nel frattempo si è liberato di Power e Newgarden, di ricucire il margine e tentare un avventuroso attacco a 7 giri dal termine. Ne scaturisce un contatto che costringe Pagenaud nella sabbia. Perso il comando il francese si porta subito all’inseguimento e quando Rahal si imbatte nel doppiato Hawksworth i ruoli si invertono: nel bel mezzo della lotta per la vittoria un’incomprensione con l’inglese rovina l’ala anteriore del leader, già danneggiata in precedenza. Rahal resiste come può ma Pagenaud ha gioco facile a riprendere il comando e andare a conquistare il secondo successo consecutivo. Per Rahal arriva comunque il primo podio stagionale davanti a Newgarden, che supera Power nelle ultime curve. Nonostante la corsa non venga mai neutralizzata, Montoya chiude la sua rimonta al quinto posto dopo essere partito ultimo.

Pos. Pilota Punti
1 Simon Pagenaud 188
2 Scott Dixon 140
3 Juan Pablo Montoya 136
4 Helio Castroneves 118
5 Tony Kanaan 106
6 Graham Rahal 100
7 Will Power 94
8 Josef Newgarden 91
9 Takuma Sato 90
10 Ryan Hunter-Reay 87

Pagenaud comanda ancora le qualifiche nel gran premio di Indianapolis, partendo al palo davanti a Hinchcliffe, che aprofitta della penalità comminata a Rahal e Newgarden, trovati sottopeso. La partenza è subito frenata da uno scarto di Dixon che porta a un contatto tra Kanaan e Bourdais, con conseguente neutralizzazione. Alla ripartenza Pagenaud conduce su un gruppetto composto da Hinchcliffe, Kimball, Montoya e Hawksworth, che lascia poi strada a Dixon. Con una bella manovra l’americano conquista la seconda posizione, portandosi brevemente in testa durante le soste, prima che le gomme calde consentano a Pagenaud di riprendere il comando con margine. La marcia del francese è però fermata da una bandiera gialla, che conduce a metà gara a un turno di soste collettive. Castroneves e Daly, fermatisi poco prima, ne approfittanno per portarsi davanti mentre Pagenaud si ritrova anche dietro Hinchcliffe. Alla partenza Daly si porta abilmente al comando prendendo margine, imitato dietro da Pagenaud, che in una curva si libera di Hinchcliffe e Kimball. Con una serie di giri velocissimi prima dell’ultima sosta, il francese pone poi la basi per tornare al comando, che non molla più fino alla bandiera a scacchi. Nel finale Castroneves conquista un’insperata piazza d’onore contenendo il ritorno di Hinchcliffe, che precede Kimball e un grande Rahal. Costretto a cedere posizioni nel finale, Conor Daly porta comunque a casa un ottimo sesto posto davanti a un poco incisivo Dixon.

Memore dei tremendi voli della passata edizione, in accordo con i costruttori l’IndyCar impone per Indianapolis e gli altri super speedway l’adozione di una piastra sul fondo vettura denominata dome skid, volta ad aumentare l’effetto suolo prodotto dalle vetture in caso di perdita di aderenza. La soluzione impone però un aumento dell’altezza da terra, con relativa perdita di effetto suolo in condizioni di marcia normale e relative lamentele più o meno unanimi dei piloti, che temono per lo spettacolo della 100° edizione. Ulteriore benzina sul fuoco è poi gettata da alcuni piloti Honda, che accusano le squadre Chevrolet di aver nascosto il proprio potenziale velocistico per non indurre variazioni al pacchetto tecnico utilizzabile e non mettere quindi a rischio il vantaggio prestazionale osservato nel 2015. In realtà per tutta la settimana di prove i piloti Honda si dimostrano velocissimi, piazzando Hinchcliffe (di ritorno alla Indy500 dopo il tremendo incidente del 2015) e Hunter-Reay in prima fila, inframmezzati dalla Chevrolet di Newgarden. In gara i due ex comagni di squadra si contendono a lungo la prima posizione, insidiati da Townsend Bell. La prima sospresa della corsa arriva verso metà gara quando Montoya, mai protagonista, conclude la sua corsa contro il muro della curva 2. Le cose non vanno meglio ad altri attesi protagonisti: Pagenaud è velocissimo ma rimane attardato da continui problemi di misfire, Power non entra mai in gara così come Dixon, frenato anche da un contatto col muro. Le speranze di vittoria di Hunter-Reay e Bell vanno poi in fumo per un incidente in pit lane e anche Castroneves, issatosi in testa a metà gara, rimane attardato dopo essere stato centrato da Hildebrand. La vittoria sembrerebbe essere un affare tra Hinchcliffe, Newgarden, l’inossidabile Kanaan e Munoz, ma l’ultima bandiera gialla, causata da un incidente di Sato, esce al limite della finestra di carburante, trasformando la corsa in una gara al risparmio. I primi decidono di puntare tutto sulla velocità, sperando in una bandiera gialla o rassegnandosi a uno splash and go finale. Velocissimo ma rimasto attardato da vari contrattempi ai box, Alexander Rossi decide invece di evitare il rabbocco conculsivo. Guidato a ogni passo via radio da Bryan Herta, l’americano si libera di Power e Kimball, che seguono la stessa tattica, risparmiando l’impossibile pur mantenendo un ritmo competitivo. Facendosi trainare poi dalla scia dei compagni Bell e Hunter-Reay, Rossi vede i primi fermarsi ai box a due giri dalla fine, tornate che percorre alternando fasi di accelerazione a interminabili periodi di frizione e accosto, fino a tagliare il traguardo in lacrime con il serbatoio praticamente vuoto. Un rookie conquista quindi la 100° edizione della Indy500, precedendo sul traguardo il compagno Munoz, a sua volta in lacrime ma per la delusione, e un generoso Newgarden.

DETROIT 1 (in arrivo)

DETROIT 2 (in arrivo)

Pos. Pilota Punti
1 Simon Pagenaud 357
2 Scott Dixon 277
3 Helio Castroneves 271
4 Josef Newgarden 259
5 Alexander Rossi 242
6 Carlos Munoz 242
7 Will Power 240
8 Tony Kanaan 240
9 Juan Pablo Montoya 233
10 Charlie Kimball 227

A lungo rinviata per pioggia, la corsa successiva in Texas prende il via di domenica con Carlos Munoz in pole position davanti a Scott Dixon. Il colombiano, alla sua prima pole in carriera, mantiene a lungo la testa della corsa, incalzato da Castroneves e Hunter-Reay, in grande rimonta dal centro gruppo. Il primo turno di soste vede però emergere James Hinchcliffe davanti all’americano, ma la corsa viene neutralizzata da un tremendo incidente che vede Conor Daly perdere il controllo e travolgere Newgarden. Dopo aver impattato violentemente contro il muro della curva 4, le due vetture si dirigono verso il traguardo, con Newgarden semi capovolto che spinto dalla vettura fuori controllo di Daly colpisce nuovamente il muro con il rollbar, che viene quasi divelto. Dopo pochi alcuni attimi di paura entrambi riescono a lasciare le vetture, ma Newgarden rimedia una frattura a una spalla e alla mano, oltre a un forte shock. La corsa va avanti sotto bandiera gialla fino al 77° giro, quando la pioggia forza la sospensione dell’evento, rinviato al 27 agosto.

Il tanto agognato ritorno a Road America, in una notevole cornice di pubblico, vede anche il ritorno alla pole position di Will Power, che condivide la prima fila con Scott Dixon. Mentre l’australiano prende subito la testa e domina per tutta la corsa, il campione in carica è presto costretto ad alzare bandiera bianca da un problema agli scarichi. In un mix di sorpassi ai box e in pista, Kanaan, Rahal e poi Pagenaud si alternano nell’andare a caccia di Power, che però guida a lungo la corsa con un vantaggio che oscilla tra i 6 e i 3 secondi. Tutto cambia a 10 giri dal termine, quando la superlativa prova del rookie Daly, costantemente ai margini della top 5, finisce contro il muro della curva 1 per il cedimento di una sospensione. Alla ripartenza un’incredibile battaglia nel gruppo è ulteriormente alimentata dal rallentamento di Pagenaud, che perde colpi a causa di un problema di misfire. Kanaan, su gomme più morbide, riesce nel finale a chiudere il divario che lo separa da Power, che però mette a frutto il maggior numero di push to passa risparmiati, tenendo a bada il veterano brasiliano nei lunghi rettilinei del circuito del Wisconsin. Per l’australiano arriva quindi la seconda convincente affermazione stagionale, davanti a un ottimo Kanaan e un sempre convincente Rahal, che precede l’altra Honda di Hunter-Reay mentre Pagenaud è costretto a un posto fuori dalla top ten. L’infortunio rimediato in Texas non ferma Newgarden, che seppur dolorante rimonta fino a un piazzamento in top ten dopo un errore in qualifica.

Una Toronto rimaneggiata, con un ultima sequenza di curve scandalosamente strette e sconnesse a causa dei lavori nell’area dell’Exhibition Place, vede Scott Dixon partire in pole position davanti a Castroneves. Mentre il brasiliano perde inizialmente il treno dei primi a causa di una foratura, Dixon controlla in tranquillità la corsa per buona parte della distanza, finché la progressiva distruzione di un cordolo, già causa di una lunga bandiera gialla, non spedisce contro il muro un troppo aggressivo Newgarden. La neutralizzazione, uscita nel bel mezzo di una finestra di rifornimento, divide il gruppo, premiando chi aveva effettuato la sosta prima dell’ingresso della pace car. Tra loro non figurano Dixon e Pagenaud, che fermandosi con il gruppo compatto lasciano campo libero a Kanaan, Power, Castroneves e Hinchcliffe. Il brasiliano del team Ganassi, sapendo di doversi comunque fermare ancora, tenta la fuga nelle ultime fasi, riuscendo comunque a rientrare al quarto posto, largamente davanti a Dixon e Pagenaud, invischiati nel traffico e solo ottavo e nono sul traguardo. La vittoria va quindi a Power, per una volta favorito dalla sequenza delle bandiere gialle, che precede un Castroneves ripagato della foratura iniziale, e Hinchcliffe, sul podio nelle strade di casa al termine di un week end difficile.IOWA (in arrivo)

MID OHIO (in arrivo)

Posizione Pilota Punti
1   Simon Pagenaud 484
2   Will Power 426
3   Helio Castroneves 373
4   Josef Newgarden 364
5   Scott Dixon 357
5   Tony Kanaan 357
7   James Hinchcliffe 329
8   Carlos Munoz 328
9   Graham Rahal 324
10   Charlie Kimball 318

Seppur con 24 ore di ritardo causa pioggia, Mikhail Aleshin guida per la prima volta il gruppo sotto la bandiera verde nell’appuntamento di Pocono, accompagnato in prima fila da Newgarden. Dopo una breve interruzione per un brutto incidente di Sato in curva 3, la corsa vede Aleshin alternarsi a lungo al comando con Newgarden, Munoz e vari piloti Honda, molto competitivi sui superspeedway come già visto a Indianapolis. Tra loro anche Hunter-Reay, partito in coda al gruppo dopo un violento incidente nelle prove, ma presto alla caccia dei primi. Dopo un’altra bandiera gialla per un brutto incidente in pit lane tra Rossi, Kimball e Castroneves, la corsa va avanti senza particolari sussulti, con i piloti che si alternano nelle posizioni di vertice risparmiando più carburante possibile. Si assiste però alla progressiva rimonta di Power, che migliora via via la sua macchina, cosa che non riesce al capoclassifica Pagenaud, sempre ai margini della top ten e poi clamorosamente a muro, forse a causa di una foratura lenta. La vittoria sembrerebbe un affare privato tra Hunter-Reay e Power, ma la corsa dell’americano è complicata da un problema elettronico che fa ammutolire momentaneamente il motore Honda. Perso un giro per l’inconveniente, un’ ultima bandiera gialla permette al campione 2012 di recuperare il tempo perduto, schierandosi in coda al gruppo per l’ultima bandiera verde. Con una rimonta spettacolare Hunter-Reay agguanta il terzo posto a due giri dal termine, ma nulla può per insidiare il duo Power-Aleshin, in lotta ravvicinata fino agli ultimi giri, quando l’australiano riesce a costruirsi un margine di sicurezza, conquistando la seconda 500 miglia della carriera e riducendo a una ventina di punti il distacco in classifica dal compagno Pagenaud.

Il “buco” del calendario tra Pocono e Watkins Glen è occupato dal recupero della corsa in Texas, sospesa per pioggia dopo il brutto incidente tra Daly e Newgarden. Dopo 35 minuti di prove libere, senza possibilità di modificare la configurazione aerodinamica adottata in giugno, la corsa riprende esattamente dove era stata interrotta, al 77° giro, con Daly e Newgarden spettatori ai box. I primi giri vedono grande battaglia lungo tutto il gruppo, guidato da Hinchcliffe che contiene a fatica gli attacchi di Hunter-Reay. L’americano è però presto attardato da problemi di bilanciamento, lasciando campo libero al Sincaco, che prende il largo sfruttando al meglio le gomme e ritardando più di tutti le soste. Mentre Power e Pagenaud rimontano lentamente dal fondo, battagliando a lungo con Kanaan e Dixon, Carpenter si propone come principale sfidante del canadese, erodendone lentamente il vantaggio. I due doppiano tutti fino alla top 5, che coinvolge anche Rahal, Castroneves e Kanaan, ma quando Carpenter è quasi in scia a Hinchcliffe finisce per toccarsi con Dixon, che finisce a muro causando l’ingresso della pace car. Alla ripartenza Pagenaud riesce a sdoppiarsi, riguadagnando il giro quando è proprio Carpenter a finire a muro causa foratura. Un altro incidente tra Aleshin e Hawksworth trasforma poi gli ultimi giri in uno shoot out tra i piloti a pieni giri: Hinchcliffe, Rahal e il trio Castroneves-Kanaan-Pagenaud, dotato di gomme nuove. Dopo due incredibili  4 wide e contatti vari, all’ultimo giro Rahal riesce a sopravanzare il brasiliano per poi infilare il canadese in curva 3, vincendo la volata per soli 8 millesimi. Un delusissimo Hinchcliffe deve quindi accontentarsi del secondo posto (seconda doppietta Honda dopo Indy), precedendo Kanaan e Pagenaud, che guadagna punti preziosi su Power, solo ottavo al traguardo. Nel dopo gara Hinchcliffe è penalizzato di 25 punti per usura eccessiva del fondo vettura.

Pos. Pilota Punti
1 Simon Pagenaud 529
2 Will Power 501
3 Tony Kanaan 416
4 Helio Castroneves 415
5 Josef Newgarden 406
6 Scott Dixon 397
7 Graham Rahal 394
8 Carlos Munoz 382
9 James Hinchcliffe 367
10 Charlie Kimball 361

WATKINS GLEN (in arrivo)

Posizione Pilota Punti
1   Simon Pagenaud 555
2   Will Power 512
3   Scott Dixon 451
3   Helio Castroneves 451
5   Josef Newgarden 446
6   Tony Kanaan 427
7   Graham Rahal 403
8   Carlos Munoz 402
9   Charlie Kimball 389
10   James Hinchcliffe 380

Osteggiata in tutti i modi dalla popolazione locale, la corsa sulle strade di Boston viene cancellata a metà stagione, trovando un graditissimo sostituto in Watkins Glen, che torna dopo 6 anni a far parte del calendario. Scott Dixon domina le prove, aggiudicandosi la pole davanti a Will Power. Fin da subito il neozelandese imprime un ritmo insostenibile, staccando nettamente l’australiano, che contiene Pagenaud e Kanaan, scampati a un contatto multiplo nelle prime fasi. Memore dei fatti di Toronto, Dixon anticipa la prima sosta, mossa profetica perchè poco dopo l’esplosione di uno pneumatico manda Aleshin contro i rails, costringendo all’ingresso della pace car. Kanaan, Pagenaud e Power sono quindi costretti a fermarsi sotto bandiera gialle, ritrovandosi dietro i piloti fermatisi in precedenza. Per il brasiliano le cose sono poi peggiorate da un problema a una sospensione che gli costa due giri di ritardo. Alla ripartenza Dixon riprende a menare le danze imperterrito, nel gruppo invece Pagenaud gestisce la situazione, precedendo Power. La svolta nella lotta al titolo arriva poco dopo, quando un’incomprensione con Kimball spedisce violentemente l’australiano contro le barriere. Il francese a questo punto deve solo arrivare per incrementare il proprio margine in classifica, ma le cose sono complicate dalla strategia. Tutti approfittano della bandiera gialla per rifornire, pur nell’incertezza di vedere il traguardo senza un ulteriore rabbocco. Alla ripartenza Dixon si libera di Castroneves e del trio Sato-Andretti-Munoz, rimasto in pista in attesa di altre bandiere gialle, riprendendo in breve il comando. Negli ultimi giri  le strategie si dividono tra chi cerca di arrivare senza rabbocco e chi spinge al massimo rassegnandosi a una fermata nel finale. Dixon vede tranquillamente il traguardo, conquistando un meritatissimo successo davanti a Newgarden, bravo a gestire i consumi nel finale. Castroneves decide invece di fermarsi, avendo ragione all’ultimo giro di Daly e Hinchcliffe, che rimane a secco a due curve dal traguardo. Nonostante gli ultimi giri di sofferenza Pagenaud taglia il traguardo al settimo posto, portando a 43 punti il suo margine su Power.

Pos. Pilota Punti
1 Simon Pagenaud 555
2 Will Power 512
3 Scott Dixon 451
3 Helio Castroneves 451
5 Josef Newgarden 446
6 Tony Kanaan 427
7 Graham Rahal 403
8 Carlos Munoz 402
9 Charlie Kimball 389
10 James Hinchcliffe

380

Continua… SONOMA

Classifica finale
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Simon Pagenaud 659 0 16 5 8 10 12 8 406 12 0
2 Will Power 532 127 15 4 7 8 11 1 139 8 2
3 Helio Castroneves 504 155 16 0 4 8 10 0 143 8 3
4 Josef Newgarden 502 157 16 1 4 6 11 0 313 4 3
5 Graham Rahal 484 175 16 1 4 8 8 0 14 6 0
6 Scott Dixon 477 182 16 2 4 5 11 2 268 7 3
7 Tony Kanaan 461 198 16 0 2 5 12 1 37 4 2
8 Juan Pablo Montoya 433 226 16 1 3 5 10 0 123 5 0
9 Charlie Kimball 433 226 16 0 0 2 11 1 5 2 0
10 Carlos Munoz 432 227 16 0 2 2 7 1 50 3 0
11 Alexander Rossi 430 229 16 1 1 2 6 0 23 4 2
12 Ryan Hunter-Reay 428 231 16 0 3 5 8 0 97 4 0
13 James Hinchcliffe 416 243 16 0 3 4 9 1 217 3 0
14 Sebastien Bourdais 404 255 16 1 1 3 11 0 24 4 0
15 Mikhail Aleshin 347 312 16 0 1 3 4 1 120 2 0
16 Marco Andretti 339 320 16 0 0 0 3 0 0 0 0
17 Takuma Sato 320 339 16 0 0 2 5 0 0 0 0
18 Conor Daly 313 346 16 0 1 2 5 0 56 5 0
19 Max Chilton 267 392 16 0 0 0 2 0 2 1 1
20 Jack Hawksworth 229 430 16 0 0 0 0 0 0 0 0
21 Spencer Pigot 165 494 10 0 0 0 2 0 0 0 0
22 Gabby Chaves 121 538 7 0 0 0 0 0 0 0 0
23 JR Hildebrand 84 575 2 0 0 0 1 0 4 1 0
24 Oriol Servia 72 587 2 0 0 0 0 0 0 0 0
25 Ed Carpenter 67 592 5 0 0 0 0 0 1 1 0
26 Luca Filippi 61 598 5 0 0 0 0 0 0 0 0
27 Townsend Bell 55 604 1 0 0 0 0 0 12 1 0
28 RC Enerson 55 604 3 0 0 0 1 0 0 0 0
29 Pippa Mann 46 613 2 0 0 0 0 0 0 0 0
30 Matt Brabham 37 622 2 0 0 0 0 0 0 0 0
31 Alex Tagliani 35 624 2 0 0 0 0 0 11 1 0
32 Sage Karam 22 637 1 0 0 0 0 0 2 1 0
33 Bryan Clauson 21 638 1 0 0 0 0 0 3 1 0
34 Stefan Wilson 14 645 1 0 0 0 0 0 0 0 0
35 Buddy Lazier 12 647 1 0 0 0 0 0 0 0 0