Nome: Morris Nunn
Data e luogo di nascita: 27 settembre 1938, Walsall (Inghilterra)
Nazionalità: Inglese
Ruolo: Ingegnere, Proprietario di team
Da sempre nel mondo delle auto per via delle concessionarie di famiglia, Morris Nunn comincia a pilotare nei primi anni ’60, praticando con piccole monoposto e prototipi. Le cose cominciano a farsi serie nel 1965, quando partecipa al campionato inglese di F.3 alla guida di una vecchia Lotus in un team autogestito. Dopo la prima presa di contatto, il 1966 lo vede vincente nella prima gara di Mallory Park, cui seguono numerosi altri piazzamenti. Negli anni successivi rimane tra i protagonisti, cogliendo diversi successi e arrivando anche a guidare per il team Lotus, con cui corre saltuariamente anche in F2. Dopo un fallito approdo alla F.5000, decide di fare il salto della barricata, lasciando il volante per diventare costruttore. Nel ’70 nasce quindi la prima creatura di Mo Nunn per la F3, la LNF1, che nel 1971 debutta nel campionato inglese affermandosi da subito come auto da battere e incontrando in breve il favore del mercato. Mentre il progetto di una F2 non riscuote lo stesso successo, Rikki Von Opel, tra i numerosi piloti alla guida di una F3 di Nunn (tra gli altri un giovane David Purley), commissiona al costruttore inglese il progetto di una Formula 1, la N173, che debutta al GP di Francia 1973. La vettura fatica però a dimostrarsi competitiva per tutta la stagione e sorte simile tocca poi al modello del 1974, che porta al divorzio tra Von Opel e il team Ensign.
Alle prese con un budget risicatissimo, Nunn si barcamena in F1 fino al 1982, provando anche soluzioni non convenzionali, come i radiatori sul frontale della N179 guidata da Derek Daly, che però una volta in pista non rispetta le attese. Nonostante alcuni grandi piloti guidino le Ensign, tra cui Regazzoni, Amon, Daly, Surer, oltre a corse solitarie di Ickx e Piquet, il miglior risultato della squadra rimane un quarto posto dello stesso Surer nel 1981, cui si sommano alcune prestazioni maiuscole di Regazzoni nel ’77. L’ex pilota Ferrari è però anche legato al momento più basso della storia della squadra, quando a Long Beach 1980 il pedale del freno della N180 cede in fondo alla Shoreline Drive, spedendo Regazzoni contro il muretto di cemento e costringendolo alla sedia a rotelle.
Chiusa la pagina F1 nel 1983, quando la Ensign si fonde con la Theodore di Teddy Yip, Nunn cerca un nuovo inizio in America, affermandosi come ingegnere di pista nella CART, dove è già cominciata l’apertura ai circuiti stradali e si prepara quella ai cittadini. Nel 1984 si accasa quindi al team Bignotti-Cotter, dove ritrova uno dei suoi ultimi piloti F1, Roberto Guerrero, con cui completa una buona stagione cogliendo anche un eccellente secondo posto a Indianapolis. Due forti personalità tecniche come Nunn e Bignotti non tardano però a entrare in conflitto e a fine anno l’inglese lascia la squadra, riprendendo la collaborazione con la Theodore e il team Kraco. Nel 1986 passa quindi al team Newman Haas, dove però vive un difficile rapporto con Mario Andretti, che non si fida delle sue scelte tecniche e lo giudica troppo “morbido”, addirittura in grado di rivelare segreti tecnici agli avversari. L’anno successivo Nunn passa quindi al team Granatelli, dove ritrova Roberto Guerrero. I due ripartono esattamente da dove avevano lasciato nel 1984: il colombiano è tra i principali protagonisti della stagione, coglie un successo dominante a Phoenix e sfiora il bis a Indianapolis, dove però chiude secondo dopo aver spento il motore all’ultima sosta. Ancora in corsa per il titolo dopo aver centrato un altro successo a Mid Ohio, Guerrero è però protagonista di un terribile incidente in un test a Indianapolis che chiude la sua stagione.
Nel 1988 Nunn passa quindi al team Patrick, dove si prende carico del reparto tecnico diventando l’ingegnere di pista di Emerson Fittipaldi. Tra i due, avversari in pista a fine anni ’60, il rapporto è opposto rispetto a quanto accaduto con Andretti. Fittipaldi si fida ciecamente di Nunn e nonostante un inizio stentato con la nuova March e un continuo alternarsi di telai Lola vecchi e nuovi, i due mettono insieme una buona stagione, conquistando due successi nelle ultime fasi del campionato pur non mettendo in discussione il dominio Penske. Nel 1989 Patrick annuncia il ritiro a fine stagione e Fittipaldi e la Marlboro si accordano con Roger Penske per il 1990, ottenendo per la stagione in corso la tanto desiderata Penske PC 18-Chevrolet. Ormai affermatosi come uno degli ingegneri più brillanti del paddock, l’89 segna la consacrazione di Mo Nunn, che con Fittipaldi sviluppa indipendentemente la Penske, rendendola più efficace delle vetture ufficiali. Il brasiliano coglie 5 vittorie, piegando Rick Mears nella corsa al titolo. Tra queste il più importante trionfo nella carriera di Nunn, la Indy500, che Emmo si conquista a ruotate contro un coriaceo Al Unser jr.
Nel 1990 Fittipaldi passa quindi alla Penske mentre Patrick e Jim McGee si accordano a sorpresa con la Alfa Romeo portandosi dietro Morris Nunn, che si ricongiunge ancora una volta con Roberto Guerrero. Questa volta però il sodalizio non darà gli esiti sperati, soprattutto a causa di un pacchetto tecnico non all’altezza. Nel 1991 l’ingegnere inglese torna quindi alla corte di Vince Granatelli, dove lavora con Arie Luyendyk con cui, nonostante le risorse ridotte all’osso, si instaura una proficua collaborazione che porta a due vittorie, un terzo posto a Indianapolis e una vittoria sfiorata a Michigan. Nonostante i buoni risultati Granatelli è però costretto alla chiusura, Luyendyk si ritrova a piedi mentre Nunn si unisce al giovane team di Chip Ganassi, già socio di Pat Patrick nel trionfale ’89, dove ritrova due uomini cruciali per i suoi successi passati e futuri, Tom Anderson e Mike Hull. Nonostante il team disponga, al pari di Newman Haas, del nuovo potentissimo Ford XB, Eddie Cheever fatica a cogliere risultati di rilievo e non va molto meglio l’anno seguente, quando Ganassi preferisce Luyendyk al promettente Robby Gordon. L’olandese non riesce infatti a ricreare con l’ingegnere inglese la chimica del 1991 e in una stagione mediocre a svettare è solo il mese di maggio, in cui Luyendyk centra la pole e chiude secondo la Indy500.
Per il 1994 Ganassi cambia tutto, ingaggia Michael Andretti e porta a battesimo il telaio Reynard. Nelle prime gare Nunn milita però nel team Simon, dove instaura un buon rapporto con Raul Boesel. Lo stesso non si può però dire con patron Dick Simon, con il quale ingaggia una furiosa lite nel mese di maggio nonostante la prima fila del pilota brasiliano. A metà stagione l’ingegnere inglese ritorna quindi al team Ganassi, che aiuta a ritrovare competitività dopo una serie di corse deludenti. Andretti vince infatti a Toronto ed è protagonista di diverse gare nel finale di stagione, chiudendo al quarto posto in campionato. Il pilota americano è entusiasta del personale in forza al team Ganassi, ma per il ’95 preferisce tornare al team Newman Haas, lasciando il sedile a Bryan Herta, promettente californiano in recupero dal brutto infortunio alla schiena rimediato a Toronto. Mentre la vettura gemella di Jimmy Vasser (seguita da Julian Robertson) progredisce di gara in gara, dopo la pole di Phoenix Herta è invece protagonista di una stagione incolore, eccezion fatta per il bel secondo posto di Cleveland, non riuscendo a conquistarsi la fiducia di Nunn e Ganassi, che nel ’96 si gioca a sorpresa la carta Zanardi-Honda-Firestone. Inizialmente prevenuto nei confronti del bolognese, dopo i primi test Nunn cambia presto opinione, prendendo Zanardi sotto la propria ala protettrice. Gara dopo gara i due costruiscono infatti un rapporto tecnico-umano strettissimo, aiutati da una squadra coesa e un pacchetto tecnico vincente. Zanardi è così protagonista di una seconda metà di ’96 impressionante, dovendosi però arrendere al compagno Jimmy Vasser che porta a Nunn, ingegnere di pista dell’italiano ma anche direttore tecnico del team, il primo campionato dal 1989.
Dopo un inizio difficile, il 1997 è trionfale per il duo Zanardi-Nunn, con l’italiano che centra il titolo con una prova d’anticipo, regalando al suo ingegnere anche la vittoria alla Michigan 500, uno dei pochi allori che ancora gli mancava. A 60 anni Nunn si sente ormai pronto per una meritata pensione e dopo l’ennesimo tira e molla contrattuale con Ganassi, per il 1998 opta per un ruolo da consulente sulla vettura di Zanardi, lasciando la gestione pratica all’ex F1 Steve Clark. Il bolognese, in forma come non mai, fa suo il secondo titolo con margine record, accordandosi con la Williams per il passaggio in F1 nel 1999. Ganassi e Nunn seguono Zanardi nella prima presa di contatto con la vettura inglese, facendo la conoscenza di Juan Pablo Montoya, collaudatore della Williams. Impressionato dall’incredibile controllo di macchina del colombiano, Ganassi non ha bisogno di molte insistenze per portarlo in America e anche Nunn decide che, con un talento così, la pensione può attendere. Nonostante il rispetto reciproco, all’inizio l’ingegnere inglese è costretto a dare qualche “lezione” al testardo campione di F.3000, che rifiutando le modifiche propostegli affronta la sua prima corsa su ovale a Homestead con una vettura perennemente sovrasterzante, che porta a casa al 10° posto. Conquistata la fiducia del suo pilota, Nunn è spettatore (e in parte artefice) delle prodezze del colombiano, devastante nel suo adattamento alla categoria, tanto da portare a casa il titolo nonostante i troppi errori strategici del muretto.
Conquistato l’obiettivo, a fine stagione Nunn lascia definitivamente il team Ganassi per fondare la propria squadra dietro pressione della Mercedes. Nell’inverno l’inglese mette su un buon gruppo di lavoro, schierando una vettura per Tony Kanaan, spesso tra i più veloci piloti motorizzati dalla casa a tre punte. L’inaffidabilità del motore e una struttura ancora acerba limitano però il potenziale del progetto. Nel 2001 l’abbandono della Mercedes spinge quindi il team verso la Honda, che mette in campo le risorse per schierare una seconda vettura per il rientrante Zanardi al fianco del confermato Kanaan. Il brasiliano migliora nettamente, segnalandosi spesso tra i più veloci sugli ovali, pur mancando l’appuntamento con la vittoria per sfortune ed errori strategici. La stagione di Zanardi, alle prese con una squadra meno collaudata, è invece largamente negativa, ad esclusione delle prove di Cleveland, Toronto e Chicago, dove lotta finalmente per le posizioni che gli competono, oltre alla dominante prestazione nella corsa del Lausitzring, dove la sua gara è però interrotta dal terribile incidente che gli costa l’amputazione delle gambe.
Dopo il difficile 2001 la squadra torna a schierare una sola vettura per Tony Kanaan, spostando le risorse residue verso il nuovo programma IRL di Felipe Giaffone. Sul fronte CART Kanaan è tra i più veloci in numerose circostanze, sfiora il successo a Motegi e Mexico City, ma innumerevoli problemi tecnici e qualche errore risultano in una annata negativa. Giaffone al contrario è protagonista per buona parte della stagione e dopo il successo in Kentucky a poche prove dal termine si ritrova in lotta per il titolo IRL, non riuscendo però a tenere il ritmo di Hornish e Castroneves. Entrambi i brasiliani lottano per la vittoria alla Indy500, che vede Kanaan comandare le prime fasi, prima di scivolare sull’olio di Boesel. Nel finale Giaffone è invece al posto giusto per sferrare l’attacco a Castroneves, ma è ostacolato dal doppiato Franchitti, che aiutando il compagno Tracy estromette il brasiliano dalla lotta per la vittoria.
Nel 2003 Nunn abbandona la CART, schierando due Dallara-Toyota in IRL per Giaffone e Tora Takagi. La squadra conferma le buone prestazioni della stagione precedente, con Takagi che si dimostra competitivo a più riprese, compresa Indianapolis, pur pagando qualche eccesso di grinta. Giaffone è protagonista di un buon avvio di stagione, ma è costretto a saltare 5 corse a causa di un brutto incidente con Wheldon in Kansas. Il suo posto è quindi preso da Alex Barron, che a Michigan conquista l’unico successo stagionale del team, battendo magistralmente Hornish in volata. Nel 2004 la squadra riduce l’impegno a una sola vettura per Takagi, che frenato da un poco potente motore Toyota non è mai protagonista, non andando oltre il quarto posto nella prova d’apertura a Homestead. Gli scarsi risultati lasciano pochi spiragli alla squadra, che nel 2005 schiera insieme al team Fernandez una vettura per il messicano alla Indy 500, conclusa con un ritiro a metà gara. Nunn decide così di chiudere la squadra e mettere all’asta tutta l’attrezzatura della base nei pressi dell’aeroporto di Indianapolis, ponendo la parola fine su 40 anni di vita nelle corse.
1984: Team Bignotti-Cotter, Ingegnere di pista di Roberto Guerrero: 11° posto finale, miglior piazzamento: 2°
1985: Theodore
1986: Team Newman Haas, Ingegnere di pista di Mario Andretti: 5° posto finale, 2 vittorie (Portland, Pocono), 3 poles
1987: Team Granatelli, Ingegnere di pista di Roberto Guerrero: 4° posto finale, 2 vittorie (Phoenix, Mid Ohio), 4 poles
1988: Team Patrick, Ingegnere di pista di Emerson Fittipaldi: 7° posto finale, 2 vittorie (Mid Ohio, Road America), 1 pole
1989: Team Patrick, Ingegnere di pista di Emerson Fittipaldi: Campione, 5 vittorie (Indy500, Detroit, Portland, Cleveland, Nazareth), 4 poles
1990: Team Patrick, Ingegnere di pista di Roberto Guerrero: 16° posto finale, Miglior piazzamento: 5° posto
1991: Team Granatelli, Ingegnere di pista di Arie Luyendyk: 6° posto finale, 2 vittorie (Phoenix, Nazareth), 1 pole
1992: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Eddie Cheever: 10° posto finale, Miglior piazzamento: 2° posto
1993: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Arie Luyendyk: 8° posto finale, Miglior piazzamento: 2° posto, 1 pole
1994: Team Simon/Team Ganassi, Ingegnere di pista di Raul Boesel/Michael Andretti: 7°/4° posto finale, 1 vittoria (Toronto)
1995: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Bryan Herta: 20° posto finale, Miglior piazzamento: 2° posto, 1 pole
1996: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Alex Zanardi: 3° posto finale, 3 vittorie (Portland, Mid Ohio, Laguna Seca), 6 poles
1997: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Alex Zanardi: Campione, 5 vittorie (Long Beach, Cleveland, Michigan 500, Mid Ohio, Road America, 4 poles
1998: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Alex Zanardi: Campione, 7 vittorie (Long Beach, St. Louis, Detroit, Portland, Cleveland, Surfers Paradise)
1999: Team Ganassi, Ingegnere di pista di Juan Pablo Montoya: Campione, 7 vittorie (Long Beach, Nazareth, Rio, Cleveland, Mid Ohio, Chicago, Vancouver), 7 poles