INDICE
Il 2018 passerà certamente alla storia come uno spartiacque, l’inizio di un percorso che nei prossimi 18 mesi definirà il futuro dell’IndyCar. Dopo tre anni l’esperimento degli aerokits giunge al termine, non avendo centrato nessuno degli obiettivi fissati se non un discreto abbassamento dei tempi sul giro. Le vesti aerodinamiche tanto volute da Honda e soprattutto Chevrolet non hanno infatti portato particolare interesse sulla battaglia tecnica, introducendo anzi una disparità di prestazioni che ha diviso la griglia, condannando le squadre Honda a due anni di mediocrità. Sotto pressione da parte di squadre, piloti, costruttori e tifosi, l’IndyCar ha risposto con un kit aerodinamico unico che reinterpreta in chiave moderna le linee delle champcars di metà anni ’90, attuando una semplificazione netta dell’aerodinamica superiore con l’intento di ridurre la deportanza, abbattere la resistenza, permettere alle vetture di viaggiare a stretto contatto su ogni tipo di pista e, se possibile, ridurre nel medio termine i costi.
Se l’aspetto del nuovo kit ha raccolto consensi unanimi e i piloti hanno digerito di buon grado una riduzione di carico che dovrebbe finalmente esaltarne il talento, solo la gara potrà dare riscontri certi sulla capacità di gareggiare delle “nuove” monoposto.
Reduci dal più che positivo debutto del windscreen (dispositivo volto a proteggere il pilota da detriti indirizzati verso l’abitacolo), Jay Frye e Mark Miles possono comunque compiacersi dell’arrivo, in pianta più o meno stabile, di tre nuove squadre e di tutta una serie di sponsorizzazioni annunciate recentemente, a conferma della buona vitalità del campionato. Il tutto a dispetto di numeri TV ancora insufficienti (nel 2017 la Indy500 ha fatto segnare gli ascolti più bassi di sempre) e di un’affluenza in pista dall’andamento interlocutorio, con i cali di Indy e Road America a contrapporsi al sempre affollato Grand Prix di Long Beach e all’inatteso successo del ritorno a Gateway. Compito della dirigenza, che nonostante un calendario sempre assurdamente compresso e la pessima regola dei punti doppi gode di una popolarità senza precedenti nel paddock, è ora quello di consolidare la posizione della serie verso il nuovo concetto di monoposto, previsto non prima del 2021. Eliminati gli aerokits, il maggiore ostacolo all’arrivo di quel terzo costruttore (Alfa Romeo?) che Honda e Chevrolet reclamano con insistenza, le priorità di Mark Miles sono ora assicurarsi un title sponsor che sostituisca Verizon e, soprattutto, siglare un nuovo contratto TV che riporti l’IndyCar stabilmente su una grande rete nazionale, possibilmente NBC, orfana della Formula 1 e già emittente di buona parte della stagione IndyCar sul meno noto canale NBCSN.
Una stagione però anche di arrivi e partenze. Nell’ottica di un cambio della guardia doloroso ma inevitabile, Helio Castroneves non sarà più della partita, lasciando un innegabile vuoto di personalità, colmato in parte dal nono tentativo di entrare nel ristretto circolo dei quattro volte vincitori a Indianapolis. La classicissima dell’Indiana vedrà poi anche il ritorno di Danica Patrick, all’ultimo tentativo di conquistare la corsa che la lanciò nel firmamento del motorsport americano. Tra le squadre, la riduzione dei ranghi in casa Penske e Ganassi è compensata dalla “promozione” dei team Carlin e Juncos, oltre a un impegno più esteso di realtà già ai nastri di partenza nel 2017 come Harding e Shank. Da segnalare poi l’arrivo di un nuovo direttore di gara, Kyle Novak, che dopo anni di esperienza in IMSA lavorerà al fianco del confermato trio di commissari Luyendyk-Papis-Davis, sostituendo Brian Barnhart, tornato tra i concorrenti nelle file del team Harding dopo quasi vent’anni di lavoro in IndyCar.
Più di tutto, il 2018 dovrebbe però passare agli annali per la competizione in pista. Il passaggio all’aerokit unico riporterà infatti le squadre (al netto dei costosissimi programmi di sviluppo degli ammortizzatori) su una situazione di relativa parità tecnica, ponendo nuovamente al centro il rapporto pilota-ingegnere, in una stagione in cui imboccare da subito il binario tecnico giusto potrebbe portare a risultati sorprendenti. Per ridurre i costi e non compromettere l’affidabilità, Honda e Chevrolet hanno rinunciato a estese modifiche sui propulsori, cosa che dovrebbe lasciare inalterato un divario di potenza stimato nel 2017 in circa 20-30 cavalli a vantaggio dei giapponesi. Differenza comunque mitigata dalle diverse caratteristiche di erogazione e profilo di coppia, tanto da consegnare nei test una situazione di difficile interpretazione, ma che sembra porre i team Penske, Ganassi e Andretti ancora una volta davanti a tutti, almeno su stradali e cittadini, mentre il rinnovato team Rahal ha messo tutti d’accordo nella due giorni di prove a Phoenix.
A St. Petersburg, come sempre, ne sapremo di più.
- Sistema di punteggio
Le principali novità del regolamento sportivo riguardano il sistema di punteggio, che vede una netta decurtazione dei punti assegnati per le qualifiche della Indy500. Se nel 2017 il peso di queste equivaleva quasi a una gara, per la nuova stagione si è deciso di premiare solo i piloti guadagnatisi l’accesso all’ultima fase, la fast nine, assegnando 9 punti al polesitter, fino al singolo punto del pilota all’esterno della terza fila. Confermata invece la discussa assegnazione di un punteggio doppio a Indianapolis e nell’ultimo appuntamento di Sonoma, espediente che oltre a sfalsare il risultato finale dai valori espressi in pista, si è rivelato ancora una volta non necessario ad animare una lotta al titolo che nel 2017 ha visto i duellanti, Newgarden e Dixon, presentarsi all’ultimo appuntamento staccati di soli 3 punti.
Di seguito il sistema di punteggio in dettaglio.
Posizione | Punteggio regolare | Qualifica Indy500 | Indy500/Sonoma |
1 | 50 | 9 | 100 |
2 | 40 | 8 | 80 |
3 | 35 | 7 | 70 |
4 | 32 | 6 | 64 |
5 | 30 | 5 | 60 |
6 | 28 | 4 | 56 |
7 | 26 | 3 | 52 |
8 | 24 | 2 | 48 |
9 | 22 | 1 | 44 |
10 | 20 | 40 | |
11 | 19 | 38 | |
12 | 18 | 36 | |
13 | 17 | 34 | |
14 | 16 | 32 | |
15 | 15 | 30 | |
16 | 14 | 28 | |
17 | 13 | 26 | |
18 | 12 | 24 | |
19 | 11 | 22 | |
20 | 10 | 20 | |
21 | 9 | 18 | |
22 | 8 | 16 | |
23 | 7 | 14 | |
24 | 6 | 12 | |
25 | 5 | 10 | |
26 | 5 | 10 | |
27 | 5 | 10 | |
28 | 5 | 10 | |
29 | 5 | 10 | |
30 | 5 | 10 | |
31 | 5 | 10 | |
32 | 5 | 10 | |
33 | 5 | 10 | |
1 punto per la pole position | |||
1 punto per aver completato almeno un giro in testa | |||
2 punti per aver completato il maggior numero di giri in testa |
- Qualifiche
Lievi modifiche anche al sistema di qualificazione, che su stradali e cittadini consisterà sempre di tre fasi a eliminazione, mentre sugli ovali ciascun concorrente continuerà ad avere il proprio tentativo indipendente, con il risultato dato dalla media dei due giri lanciati. Dietro insistenza dei maggiori attori del campionato, sugli ovali le vetture tenteranno però la qualifica in ordine inverso rispetto alla classifica generale, in modo da riservare ai duellanti per il titolo le condizioni migliori (in termini di gomma a terra), evitando le possibili disparità introdotte dal sorteggio casuale.
- Universal aerokit
La principale novità tecnica della stagione è ovviamente l’adozione di una veste aerodinamica unica, in sostituzione degli aerokits prodotti dai costruttori nelle ultime tre stagioni. Il cosidetto UAK (universal aero kit), progettato dal team tecnico IndyCar e prodotto da Dallara, nasce dalla volontà di tornare a vetture visivamente attraenti e in grado di offrire un buon spettacolo in pista. La parola d’ordine è stata quindi semplificazione, a partire da corpo vettura e alettoni. Questi ultimi hanno visto una riduzione del numero di profili e delle dimensioni delle paratie laterali, a tutto vantaggio dell’impatto visivo frontale e laterale. La carenatura delle ruote posteriori, seppur ancora piuttosto ingombrante, risulta ora più gradevole, così come il disegno delle pance, più alte e protese fin oltre l’abitacolo, molto più protetto in caso di urti laterali. La tanto attesa eliminazione di wheel guards posteriori e relative appendici aerodinamiche si è poi sommata al “taglio” del cofano motore, intervento che pur riducendo lo spazio per gli sponsor regala alla vettura un look molto più aggressivo e proporzionato, richiamando alla mente le gloriose champcars di metà anni ’90 ma strizzando un occhio anche alle attuali IndyLights, subito adottate dai tifosi a differenza della sorella maggiore. Di seguito un confronto tra aerokits (sopra) e nuovo UAK (sotto) in configurazione ovale corto e Indianapolis.
Come negli intenti questa semplificazione ha portato a una netta riduzione non solo della deportanza, ma anche della resistenza aerodinamica, oltre ad un avanzamento della distribuzione dei pesi, modificando notevolmente la dinamica della monoposto. I test hanno quindi rivelato una vettura diversa, molto più veloce in rettilineo (i piloti hanno parlato di un effetto pari ad almeno 100 cavalli supplementari) ma in costante movimento, sia in frenata che in percorrenza di curva, tanto da obbligare a continue correzioni col volante, diventate negli ultimi anni una rarità sugli stradali, dove l’elevatissimo carico aerodinamico aveva spesso mascherato le lacune di grip meccanico, uniformando le prestazioni di tutta la griglia. Una macchina quindi instabile ma paradossalmente più sincera ed equilibrata, per via del maggior peso sull’anteriore e dei minori scompensi di deportanza legati alle continue variazioni di altezza dal suolo, tipiche dei fondi irregolari dei cittadini.
Parte del carico perduto, stimato in circa 900 kg (540 negli ovali corti), è comunque compensato dall’adozione di un nuovo fondo a configurazione variabile in funzione del tipo di pista. I famosi fori triangolari introdotti nel 2015 per contenere le prestazioni degli aerokits saranno infatti coperti su stradali, cittadini e ovali corti, con l’obiettivo di indirizzare ulteriormente il bilancio aerodinamico sul fondo piuttosto che sul corpo vettura, riducendo quindi l’effetto nefasto delle turbolenze, a tutto vantaggio delle possibilità di sorpasso. I fori rimarranno invece negli ovali veloci, configurazione di pista in cui i piloti non hanno riscontrato sostanziali differenze di comportamento rispetto alla vettura precedente.
- Sicurezza
Sul fronte sicurezza, detto della maggiore protezione laterale garantita dalle nuove pance, qualche perplessità è scaturita dall’eliminazione dei wheel guards posteriori, che hanno sicuramente limitato le forature e permesso corse più fisiche, fallendo però nel prevenire l’effetto trampolino dato dal contatto gomma-gomma tra due vetture, come dimostrato dagli incidenti di Marco Andretti nel 2012 a Long Beach e Dario Franchitti nel 2013 a Houston. Qualche dubbio anche sull’eliminazione della pinna laterale parallela alle pance, soprannominata ironicamente sponsor blocker, dimostratasi invece molto efficace nel limitare il medesimo effetto trampolino tra gomme anteriori. L’UAK dovrebbe comunque garantire una netta diminuzione dei detriti in caso di incidente, la cui pericolosità per i piloti si ridurrà ulteriormente con l’adozione del windscreen provato da Scott Dixon durante i test di Phoenix, che in seguito ad ulteriori modifiche verrà adottato con tutta probabilità nella stagione 2019.
- Freni, peso minimo e motori
Il 2018 vedrà l’adozione dell’intero pacchetto frenante PFC, dopo una stagione di transizione in cui il sistema della casa americana è stato impiegato con le pinze del precedente fornitore Brembo. In vista della futura installazione del windscreen e di nuove apparecchiature televisive, il peso minimo è stato poi alzato di 10 libbre (4,54 kg), arrivando a 1620 lbs (734,8 kg) su stradali e cittadini e 1590 lbs (721,1 kg) su ovali, al netto di combustibile, pilota, zavorra e borraccia pilota con relativo contenuto. La serie ha deciso inoltre il passaggio alla Cosworth come fornitore di tutta la strumentazione di acquisizione dati, transizione che nei test ha procurato non pochi grattacapi a tutte le squadre.
Al fine di ridurre i costi e salvaguardare l’affidabilità, Honda e Chevrolet hanno infine concordato un campo di modifiche marginale su dei motori ormai prossimi al fine sviluppo e di cui si riassumono nel seguito le principali caratteristiche.
Alimentazione | Etanolo E85 | |
Architettura | V6 | |
Aspirazione | Doppio turbo compressore | |
Turbo compressore | Borg Warner 6758 | |
Cilindrata | cm3 | 2.200 |
Distribuzione | Doppio albero a camme in testa | |
Massimo regime di rotazione | 12.000 – 12.200 con push to pass (limitati elettronicamente) | |
Valvole per cilindro | 4 | |
Tipo di valvole | Richiamo a molla | |
Iniettori | 2 per cilindro, uno interno uno esterno | |
Alesaggio massimo | mm | 95 |
Peso minimo | kg | 112,5 |
Potenza stimata (cv) | cv | 550-750 in base a Press. sovral. |
Pressione sovralimentazione Indianapolis | bar | 1,3 assoluti |
Press. sovral. Altri ovali | bar | 1,4 assoluti |
Press. sovral. stradali/cittadini | bar | 1,5 assoluti |
Press. sovral. pust to pass | bar | 1,6 assoluti |
Vita minima | mi | 2.500 |
Il calendario 2018 si presenta essenzialmente immutato rispetto alla stagione precedente, eccezion fatta per la sostituzione di Watkins Glen con lo stradale di Portland. Tappa estremamente popolare tra piloti e addetti ai lavori, il Glen non ha purtroppo incontrato il favore del pubblico locale a causa dell’infelice collocazione in calendario (il giorno del Labour’s Day), oltre che del pessimo meteo che ha afflitto la corsa 2017. Non in grado di trovare un’altra data favorevole per gli organizzatori, l’IndyCar ha così deciso di rimpiazzare (si spera temporaneamente) il circuito nei pressi di New York con Portland, di ritorno in una serie maggiore dopo l’ultima corsa ChampCar del 2007. Il permanente dell’Oregon, ben meno impegnativo, permetterà comunque alla serie di riaffacciarsi sul mercato Nord-Ovest degli USA. La struttura del calendario rimane così estremamente equilibrata, componendosi di 5 cittadini, 6 stradali permanenti e 6 ovali, di cui due super speedway, 1 ovale da 1.5 miglia e tre ovali corti.
Gara | Data | Evento | Pista | Tipologia |
1 | 11 marzo | Firestone Grand Prix of St. Petersburg | St. Petersburg | Cittadino |
2 | 7 aprile | Phoenix Grand Prix | Phoenix | Ovale corto |
3 | 15 aprile | Toyota Grand Prix of Long Beach | Long Beach | Cittadino |
4 | 22 aprile | Honda Indy Grand Prix of Alabama | Barber | Stradale permanente |
5 | 12 maggio | INDYCAR Grand Prix | Indianapolis GP | Stradale permanente |
6 | 28 maggio | 102nd Running of the Indianapolis 500 | Indianapolis | Super speedway |
7 | 2 giugno | Chevrolet Dual in Detroit – Dual 1 | Detroit 1 | Cittadino |
8 | 3 giugno | Chevrolet Dual in Detroit – Dual 2 | Detroit 2 | Cittadino |
9 | 9 giugno | DXC Indy 600 | Texas | Ovale medio |
10 | 24 giugno | Kohler Grand Prix | Road America | Stradale permanente |
11 | 8 luglio | Iowa Corn 300 | Iowa | Ovale corto |
12 | 15 luglio | Honda Indy Toronto | Toronto | Cittadino |
13 | 29 luglio | Honda Indy 200 at Mid Ohio | Mid Ohio | Stradale permanente |
14 | 19 agosto | ABC Supply 500 | Pocono | Super speedway |
15 | 25 agosto | Bommarito Automotive Group 500 | Gateway | Ovale corto |
16 | 2 settembre | Portland International Raceway | Portland | Stradale permanente |
17 | 16 settembre | Grand Prix of Sonoma | Sonoma | Stradale permanente |
Analisi di potenzialità e aspettative di squadre e piloti nel 2018. Per maggiori informazioni cliccare sul logo dei teams per essere reindirizzati ai relativi siti.
Anche senza il vantaggio dell’aerokit Chevy è impensabile non indicare ancora una volta come favoriti i piloti del team Penske. Se l’impegno ufficiale in IMSA ha costretto a rinunciare a una vettura, risultando nel pensionamento di Castroneves, la squadra non ha certo lesinato sforzi per centrare tutti gli obiettivi, confermando in toto il resto della formazione. La Chevrolet non ha fatto mistero di voler tornare al successo a Indianapolis, mettendo comunque la squadra nelle migliori condizioni possibili per la conquista dell’ennesimo titolo, affidandogli buona parte dei collaudi del nuovo aerokit. Castroneves, ancora non del tutto convinto del passaggio all’endurance ma efficacissimo a Daytona, sarà della partita nel mese di maggio, per portare a casa quella quarta vittoria a Indy sfuggitagli di un soffio nel 2017.
Pilota | Josef Newgarden (USA) | Will Power (AUS) | Simon Pagenaud (FRA) |
Vettura | #1 Hitachi | #12 Verizon | #22 Menard’s |
Motore | Chevrolet | Chevrolet | Chevrolet |
Ingegnere | Brian Campe | Dave Faustino | Ben Bretzman |
Stratega | Tim Cindric | Roger Penske | Kyle Moyer |
Capo meccanico | Vance Welker | Matt Jonsson | |
Campione al primo colpo, Newgarden ha impiegato poco a dissipare i dubbi sul suo potenziale. Dopo un avvio incerto e qualche errore il pilota del Tennesse ha infatti trovato un grande affiatamento con il suo ingegnere Brian Campe, scuotendo le certezze dei compagni grazie a un ritmo gara martellante, una guida spregiudicata e senza timori reverenziali e, nelle ultime corse, anche delle grandi qualifiche. Più di tutto, Newgarden ha mostrato carattere, reagendo alla grande al disastro di Watkins Glen. In virtù anche di test molto incoraggianti, si presenta quindi da favorito nel 2018, ma la difesa del titolo non sarà una passeggiata. Il rendimento sui cittadini e le doti di risparmio carburante rappresentano ancora un punto interrogativo per il campione, che dovrà vedersela con due compagni motivati come non mai, oltre a un ampio numero di pretendenti azzoppati in passato dal pacchetto Honda. Già nelle grazie di Roger Penske, se nel 2018 dovesse arrivare anche Indianapolis tutte le porte sarebbero comunque aperte per JoNew, che nell’inverno ha fatto suonare qualche campanello d’allarme per la serie, non nascondendo il suo interesse per altre categorie.
Reduce da un campionato a due velocità, nel 2018 Will Power deve dimostrare di essere ancora il vero mattatore della serie. Sfortune a parte, nel 2017 l’australiano ha infatti alternato prove spettacolari a gare prive di mordente, fino al terribile errore di Gateway che lo ha di fatto estromesso dalla lotta al titolo. Sempre il più veloce in qualifica, la nuova vettura dovrebbe adattarsi a meraviglia alle caratteristiche di un pilota che ama un anteriore molto preciso e sa convivere egregiamente con il sovrasterzo. Con l’uscita di scena di Castroneves Roger Penske passerà però al muretto del programma #12, una responsabilità ma anche un rischio per Power, considerando le sviste del Capitano nelle ultime stagioni. Reduce da due vittorie su ovale nel 2017, se sfortuna ed errori si manterranno su livelli accettabili il campione 2014 sarà sicuramente della partita per il titolo, mentre le sue prestazioni a Indianapolis rimangono indecifrabili.
Nonostante la piazza d’onore finale, il 2017 di Pagenaud è stato deludente. Il francese e il suo ingegnere Ben Bretzman infatti non sono mai stati in grado di ricreare quell’alchimia vettura-pilota che nella stagione precedente aveva reso il francese quasi imbattibile. In molti casi è sembrato di rivedere il Pagenaud impacciato del 2015, veloce ma mai dominante, talvolta poco efficace nella bagarre. A suo agio sulla nuova vettura, un inverno privo degli innumerevoli impegni promozionali del campione dovrebbe consegnarci un Pagenaud in forma titolo. Come per Power, l’arrivo di un giovane veloce e smaliziato come Newgarden ha comunque fatto suonare la sveglia al francese, che non tollererà altri episodi in stile St. Louis e anzi sarà probabilmente pronto a rendere la pariglia alla prima occasione utile. Senza l’influenza conciliante di Castroneves, il 2018 potrebbe diventare un anno di scintille in casa Penske.
Seconda rivoluzione consecutiva per il team Foyt, uscito scottato dal passaggio alla Chevrolet e da una rimpasto ingegneristico di cui hanno fatto le spese gli incolpevoli Munoz e Daly. Raccolto ancora una volta il supporto dell’industria edile ABC Supply, SuperTex riparte da Tony Kanaan, da anni nel suo mirino, ed Eric Cowdin, storico ingegnere del brasiliano, come direttore tecnico. Lo schieramento è completato dal rookie Matheus Leist, supportato da Mike Colliver, già ingegnere di Munoz nel 2017.
Pilota | Matheus Leist (BRA) | Tony Kanaan (BRA) |
Vettura | #4 ABC Supply | #14 ABC Supply |
Motore | Chevrolet | Chevrolet |
Ingegnere | Mike Colliver | Eric Cowdin |
Stratega | Larry Foyt | George Klotz |
Capo meccanico | ||
Reduce da una stagione catastrofica al team Ganassi, in molti hanno dato per finito Tony Kanaan, forse il pilota più popolare della serie dopo l’uscita di scena di Castroneves. Foyt ha addirittura firmato un contratto pluriennale con il brasiliano, nella speranza di una vittoria a Indianapolis che rimane il vero obiettivo della squadra texana. Veloce a Phoenix ma apparso in alto mare sia a Sebring che Sonoma, il brasiliano si è detto entusiasta del comportamento della nuova vettura, più prevedibile nei comportamenti e adatta a uno stile penalizzato dall’eccesso di deportanza degli ultimi anni. Nonostante l’apparente deficit di potenza rispetto a Honda, non è difficile vederlo competitivo nei sei ovali stagionali, mentre le prestazioni degli ultimi anni, sue e della squadra, lasciano poche speranze nel resto del calendario.
Impressionante nel suo debutto in IndyLights, in cui ha mostrato un ottimo adattamento agli ovali e pochi dubbi sulla velocità su stradali e cittadini, Leist si è accaparrato il secondo sedile di Foyt grazie a importanti finanziamenti dal Brasile. Il volante non è però immeritato, considerando anche le buone cose fatte vedere nei test, dove si è subito inserito tra i migliori sia a Sonoma che Phoenix, nonostante qualche contatto troppo ravvicinato con il muro. Sugli ovali dovrà quindi fare chilometri approfittando dall’esperienza di Kanaan, mentre sugli stradali potrebbe già mettersi in luce lasciando indietro il connazionale.
Dopo aver chiuso il plurivittorioso team IndyLights per concentrare tutte le risorse in IndyCar, Sam Schmidt e Ric Peterson continuano la loro caccia ai top teams arricchendo ancora il reparto tecnico. Via Allen McDonald, la squadra ha infatti messo a segno diversi colpi di mercato ingaggiando Leena Gade, per anni leader degli ingegneri Audi nel WEC, Todd Malloy, in arrivo dal team Ganassi come direttore tecnico e il crew chief Billy Vincent, campione 2016 con Pagenaud. Via anche Aleshin, autore di un’incomprensibile involuzione nel 2017, Schmidt ha deciso di puntare su un duo tutto canadese, affiancando al confermato Hinchcliffe Robert Wickens, in arrivo dal DTM.
Pilota | James Hinchcliffe (CAN) | Robert Wickens (CAN) |
Vettura | #5 Arrow Electronics | #6 Lucas Oil |
Pacchetto tecnico | Honda | Honda |
Ingegnere | Leena Gade | Blair Perschbacher |
Stratega | Robert Gue | Nick Snyder |
Capo meccanico | Billy Vincent | |
Vinto ampiamente il duello con Aleshin nel 2017, dopo la splendida affermazione di Long Beach la stagione di Hinchcliffe ha subito una progressiva regressione, all’origine probabilmente della separazione con Allen McDonald. Veloce su ogni configurazione ma ancora incline a qualche errorino di troppo, il Sindaco rimane una delle maggiori promesse del campionato, anche se gli anni cominciano a passare. Senza più gli aerokits di mezzo, nel 2018 per la prima volta dovrebbe essere nelle condizioni di imitare Pagenaud, che aveva portato il team a lottare per il titolo. Coinvolto fin dall’inizio nelle prove Honda, il canadese non ha però brillato particolarmente nei test a causa di una partita di ricambi difettosa. Un ingegnere del calibro di Leena Gade non potrà che far progredire la squadra, ma le prime gare potrebbero essere difficili per il duo anglo-canadese, specie sugli ovali, dove l’apporto di Todd Malloy sarà fondamentale.
Titolare di un solidissimo palmares nelle ruote scoperte, Robert Wickens approda in IndyCar dopo aver sfiorato il debutto nel 2017 a Road America. Lasciato libero dalla Mercedes, per il canadese si tratta di un ritorno alle monoposto dopo 6 stagioni di DTM che, diversamente dall’effetto Nascar su altri, non sembrano averne intaccato il piede. Questo almeno a giudicare dai test, dove il canadese non ha fatto miracoli ma ha spesso preceduto il compagno e fraterno amico Hinchcliffe. Wickens ha sicuramente il talento e la maturità per inserirsi da subito nel gruppo e adattarsi in fretta agli ovali, aiutato anche da un ingegnere esperto come Blair Perschbacher. Le difficoltà maggiori, come per tutti i rookies, verranno però dalla gestione delle gomme “rosse”, che il canadese scoprirà solo nel primo week end di gara e che nelle prime corse potrebbero costargli delle posizioni di partenza tutt’altro che incoraggianti.
Dopo un 2017 forse anche superiore alle aspettative, il team Ganassi torna a alla formazione a due punte con cui ha ottenuto i suoi maggiori successi. Una scelta pratica ma anche di realismo per Chip, che per tutta la stagione ha faticato a trovare uno sponsor stabile per il suo programma di punta. Confermato Dixon e tutto il reparto tecnico, dopo essersi visto soffiare Brandon Hartley dalla Toro Rosso Ganassi ha puntato su Ed Jones. Una scommessa coraggiosa, non certo la prima nella carriera del manager di Pittsburgh.
Pilota | Scott Dixon (NZL) | Ed Jones (EAU) |
Vettura | #9 PNC Bank | #10 NTT DATA |
Motore | Honda | Honda |
Ingegnere | Chris Simmons | Julian Robertson |
Stratega | Mike Hull | Barry Wanser |
Capo meccanico | Blair Julian | Kevin O’Donnell |
Nonostante i 38 anni a luglio, Scott Dixon è forse reduce dalla miglior stagione in carriera, avendo lottato fino all’ultimo con le Penske nonostante i brutti incidenti di Indy e Fort Worth e un aerokit poco adatto a stradali e ovali corti. Veloce e determinato nella bagarre come poche volte in 16 anni di carriera, il quattro volte campione nell’inverno è stato tra i più attivi sul fronte Honda e potrà ancora contare sulle strategie di Mike Hull e il supporto tecnico di Chris Simmons. La nuova distribuzione dei pesi dovrebbe inoltre essere l’ideale per un pilota che, come Power, predilige un anteriore estremamente preciso e reattivo. In breve, Scott Dixon sarà ancora il cavallo di punta Honda nel 2018
Dato praticamente per certo al team Coyne, a fine ottobre è arrivata la chiamata della vita per Ed Jones. L’inglese con licenza degli Emirati, come ampiamente atteso dopo le due belle stagioni in IndyLights, è stato autore di un esordio di spessore in IndyCar, mostrando una buona velocità e soprattutto gran maturità, specie nel difficile mese di Indianapolis. Sufficiente a meritarsi il sedile libero più ambito della serie? Si, considerando il suo adattamento alla categoria, molto più rapido di quanto visto da altri campioni Lights. La scarsità di ricambi e i pochi test svolti hanno consigliato prudenza nelle prove di Sebring e Phoenix, ma la squadra ha lasciato l’Arizona soddisfatta, consapevole che per Jones sarà un anno di apprendimento al fianco di Dixon. In un 2018 che si annuncia estremamente combattuto, la prima vittoria e un buon supporto al compagno dovrebbero essere sufficienti per conquistare la riconferma.
Dopo tre stagioni il team Rahal torna a uno schieramento a due punte, riportando nelle proprie file Takuma Sato. L’arrivo del giapponese è il risultato di un’attenta strategia di patron Bobby, molto attivo sul fronte commerciale e determinato a non ripetere gli errori del passato, quando la seconda vettura ha spesso sottratto energie piuttosto che aiutare lo sviluppo. L’ampliamento del reparto tecnico non ha però riguardato gli ingegneri di pista, con Tom German che da consulente passa a seguire Graham Rahal e Eddie Jones che si sposta sul nuovo programma di Sato. La squadra potrebbe poi schierare un terza vettura a Indianapolis per Oriol Servia.
Pilota | Graham Rahal (USA) | Takuma Sato (JPN) |
Vettura | #15 United Rentals | #30 Panasonic |
Motore | Honda | Honda |
Ingegnere | Tom German | Eddie Jones |
Stratega | Ricardo Nault | |
Capo meccanico | Donnie Stewart | Brad Wright |
Due splendide affermazioni a Detroit e un campionato di grande consistenza hanno chiuso il triennio degli aerokits di Graham Rahal, il periodo in cui l’americano ha mostrato il suo massimo potenziale, cancellando l’immagine di raccomandato appiccicatagli addosso fino al 2015. A questo punto è però lecito interrogarsi se la crescita sia riconducibile all’aderenza abnorme garantita dalla miriade di alette, o a una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. Noi propendiamo per la seconda ipotesi. Per questo Rahal, aggressivo come pochi e tra i protagonisti dei test, è da considerarsi un outsider di lusso in chiave titolo, potendo finalmente contare su un programma parallelo di alto livello, che dovrebbe consentire alla squadra una suddivisione del lavoro molto più produttiva.
Lasciato Michael Andretti un po’ frettolosamente per via delle incertezze sulla motorizzazione, per Sato si tratta di un ritorno, dopo un 2012 vissuto da protagonista ma inconcludente sotto il profilo dei risultati. Finalmente in un team di primo piano, nel 2017 il giapponese ha mostrato il meglio e il peggio del suo repertorio, conquistando uno storico successo a Indianapolis, cui ha sommato altre lodevoli prestazioni ma anche corse sotto tono ed errori clamorosi, come in Texas, dove è ancora una volta rimasto vittima della sua irruenza. A 41 anni suonati non ha perso nulla della sua velocità naturale, ma non sembra aver guadagnato granché in visione strategica. Alla luce anche degli ottimi test invernali non è difficile quindi vederlo ancora come il cavallo pazzo della serie, potenzialmente in grado di vincere su qualunque pista, ma non di costruire una concreta corsa al titolo.
Il 2017 è stato un anno particolarmente severo con Dale Coyne, che non ha certo visto premiati gli enormi sforzi fatti sul programma di Bourdais, eccezion fatta per lo scoppiettante inizio di stagione, in cui il francese ha addirittura capeggiato la classifica. Gli artefici della vittoria di St. Pete e del podio di Long Beach sono però ancora tutti in posizione per il 2018, grazie anche al duo Vasser-Sullivan, che ha portato in dote il nuovo sponsor Sealmaster. Seppur finanziata dai piloti anche la seconda vettura promette prestazioni di rilievo, aumentando le aspettative su una squadra non più considerabile la cenerentola del campionato.
Pilota | Sebastien Bourdais (USA) | Pietro Fittipaldi (BRA)/Zachary C. De Melo (CAN) |
Vettura | #18 Sealmaster | #19 Paysafe |
Motore | Honda | Honda |
Ingegnere | Craig Hampson | Michael Cannon |
Stratega | Jimmy Vasser | Dale Coyne/Darren Crouser |
Capo meccanico | ||
Totalmente ristabilito dal tremendo botto di Indianapolis, Bourdais si ripresenta supportato da Olivier Boisson e Craig Hampson per concretizzare il potenziale mostrato nel 2017. I due dovranno essere bravi a cucire addosso al francese una vettura sulla carta poco adatta ad uno stile di guida che predilige un posteriore molto solido, operazione non agevolata dal mancato coinvolgimento nei test Honda, appannaggio quasi esclusivo di Ganassi e SPM. Responsabile del nuovo pacchetto di sponsor, Jimmy Vasser torna in IndyCar insieme al socio James Sullivan, curando ancora una volta la strategia di Bourdais, che realisticamente potrà puntare a qualche successo di tappa e, con un po’ di fortuna, a un posto nei primi 5 in campionato.
La seconda vettura del team sarà condivisa da Pietro Fittipaldi e Zachary Claman de Melo. Il brasiliano, fresco campione World Series, pur non nascondendo le sue ambizioni di Formula 1 ha colto al volo l’occasione di imitare nonno e zio di cimentarsi a Indianapolis (GP e 500 miglia), cui si aggiungeranno Phoenix, Texas, Mid Ohio, Portland e Sonoma. Perfettamente a suo agio nei test, il brasiliano ha impressionato un ingegnere esperto come Michael Cannon e potrebbe davvero sorprendere. Nel resto della stagione la vettura sarà condotta da Zachary Claman De Melo, reduce da due stagioni non del tutto convincenti in IndyLights, in cui forse avrebbe dovuto insistere per puntare al titolo. Veloce in gara al suo debutto a Sonoma con il team Rahal, il canadese trova quest’anno una vettura molto più simile alla Light, ma i pochissimi test renderanno piuttosto problematiche le prime corse, costringendolo a basarsi molto sul lavoro di set up di Bourdais.
Reduce da una stagione decisamente al di sotto delle aspettative per via dell’inesperienza di piloti e ingegneri, il team Carpenter si ripresenta in versione rinnovata. Via Justin Taylor e JR Hildebrand, dentro un ingegnere esperto come Allen McDonald, che seguirà il nuovo arrivato Jordan King. Dopo due anni di programma parziale, per la classifica si punta tutto su Spencer Pigot, chiamato a un deciso miglioramento dopo un 2017 contraddittorio. La squadra si prepara ad un maggio sotto i riflettori, per via della terza vettura schierata per Danica Patrick.
Pilota | Ed Carpenter (USA) / Jordan King (ENG) | Spencer Pigot (USA) |
Vettura | #20 Fuzzy Vodka | #21 Fuzzy Vodka |
Motore | Chevrolet | Chevrolet |
Ingegnere | Allen McDonald | Matt Barnes |
Stratega | Tim Broyles | Brent Harvey |
Capo meccanico | ||
Supportato dal connazionale Allen McDonald, Jordan King è chiamato a ridare mordente su stradali e cittadini a una squadra inconcludente dopo l’addio di Newgarden. L’inglese, buon comprimario in GP2, è stato più che convincente nei test, non ravvisando differenze drammatiche rispetto alla Dallara della serie cadetta. Se si adatterà in fretta alle gomme morbide con il supporto di McDonald potrebbe diventare una presenza fissa in top ten. Carpenter, che spera di aver trovato il nuovo Mike Conway, sarà ancora ai comandi della vettura #20 sugli ovali. A secco di vittorie dal 2014, anche nel 2017 l’americano ha faticato a tirare fuori il meglio dalla propria vettura, risultando meno efficace di Hildebrand. Come già osservato in precedenza, sarebbe forse ora di dare continuità al programma, limitandosi alla sola Indianapolis su una terza vettura.
Dopo un 2016 incerto e un 2017 di timida progressione, per Spencer Pigot il 2018 è l’anno della verità. Spettacolare nel traffico ma spesso inconcludente per via di errori banali e sfortune, l’americano ha il potenziale per lottare tra i primi su stradali e cittadini, ma deve assolutamente migliorare in qualifica, dove troppo spesso fatica a superare la Q1. Per aiutare la sua transizione a punta della squadra, Carpenter ha addirittura rinunciato a Matt Barnes, da sempre impegnato sulla #20, che sarà fondamentale soprattutto sugli ovali, dove Pigot non corre continuativamente dal 2015. Per l’americano un piazzamento nei primi 10 in campionato e la prima vittoria sono risultati imperativi per continuare la progressione e puntare a un top team.
Dopo tre anni di apprendistato in IndyLights e la grande tentazione del 2017, per Trevor Carlin è finalmente arrivato il momento del debutto in IndyCar. Il manager inglese ha avuto il merito di tenere a freno gli entusiasmi dopo il titolo 2016 con Ed Jones, non sprecando risorse sugli aerokits. La squadra inglese debutta quindi in una situazione tecnica nuova per tutti, puntando su personale esperto, in parte in arrivo dal team Ganassi, così come i piloti, già vecchie conoscenze del team e fondamentali nel dare solidità finanziaria al programma. Dati però gli scarsi risultati conquistati dai due in una struttura collaudata, potrebbe non essere facile per il team valutare oggettivamente il proprio livello di competitività.
Pilota | Charlie Kimball (USA) | Max Chilton (ENG) |
Vettura | #23 Tresiba | #59 Gallagher |
Motore | Chevrolet | Chevrolet |
Ingegnere | Matt Greasley | Daniele Cucchiaroni |
Stratega | Geoff Fickling | |
Capo meccanico | ||
Sette anni inconcludenti al team Ganassi lasciano pochi dubbi sul potenziale di Kimball, autore di isolati exploit ma in generale uomo di metà classifica. Nonostante i tanti campioni da cui imparare, il californiano non ha infatti mai mostrato significativi progressi, operando addirittura una regressione rispetto al 2013, probabilmente la sua miglior stagione. Sarà seguito da Matt Greasley, già impegnato col team in Indylights e al debutto nella serie dopo esperienze in F1 e buona parte del panorama a ruote scoperte europeo.
Come per Kimball, già in Carlin ai tempi della F.3 inglese, per Max Chilton si tratta di un ritorno nel team in cui corse con successo in F.3, GP2 e IndyLights. Sempre supportato dalla società di assicurazioni gestita dal padre, l’inglese affronta il terzo anno in IndyCar probabilmente con più umiltà, dopo due stagioni in lenta progressione ma comunque inconcludenti, considerata la sua esperienza internazionale e il livello del team. Sempre più a suo agio sugli stradali e talvolta sorprendente sugli ovali, il tallone d’Achille dell’inglese rimangono gli sconnessi cittadini. Sarà supportato da Daniele Cucchiaroni, in arrivo dal team Foyt.
In evidente ripresa nel 2017 grazie anche al grande lavoro di coordinamento di Eric Bretzman, il team Andretti si presenta ai nastri di partenza con grandi ambizioni, nonostante un programma di test striminzito. La squadra ha infatti pagato i dubbi di Michael Andretti sul proseguimento del rapporto con Honda, che hanno costretto la casa giapponese a scegliere il team Schmidt per affiancare Ganassi nei primi test. Le simulazioni condotte nell’inverno sembrano però aver trovato buoni riscontri a Sebring e Phoenix, lasciando il team con qualche punto interrogativo ma comunque una buona dose di fiducia in vista di St. Petersburg. Il solito imponente dispiegamento di mezzi andrà poi in scena ad Indianapolis, dove ai quattro titolari si aggiungeranno Carlos Munoz, sempre tra i migliori allo Speedway, e Stefan Wilson.
Pilota | Zach Veach (USA) | Alexander Rossi (USA) |
Vettura | #26 Group 1001 | #27 Napa Autoparts |
Motore | Honda | Honda |
Ingegnere | Garrett Mothersead | Jeremy Milless |
Stratega | Josh Freund | Rob Edwards |
Capo meccanico | ||
Dopo il breve assaggio del 2017 con Carpenter e Foyt, per Zach Veach arriva finalmente il debutto in IndyCar, primo passo di un programma triennale. In IndyLights l’americano ha sempre corso con squadre di primo piano, dimostrando la velocità per vincere le corse ma non la consistenza per portare a casa un campionato. Nell’ultima occasione, con Belardi nel 2016, non ha raccolto quanto meritato, risultando però meno efficace del rookie Rosenqvist. La guida funambolica messa in mostra nella serie cadetta dovrebbe comunque adattarsi bene alla nuova vettura, molto più simile all’IndyLights. Il pilota dell’Ohio ha i numeri per stare nel gruppo e imparare, ben guidato da un ingegnere esperto come Garrett Mothersead, in victory lane a Indy con Sato.
Atteso a un salto di livello dopo una buona stagione d’esordio, Alexander Rossi ha rispettato in pieno le aspettative, cogliendo una spettacolare affermazione a Watkins Glen e guidando il team in numerose occasioni. Ancora sotto esame sugli ovali, ha comunque convinto al suo ritorno a Indianapolis, mentre su stradali e cittadini è tranquillamente uno dei 5 migliori piloti del campionato. Il passaggio alla vettura #27 sarà solo una formalità per l’americano, che potendo ancora contare su un ingegnere di alto livello come Jeremy Milless e uno stratega di prim’ordine come Rob Edwards, punta chiaramente al titolo.
Pilota | Ryan Hunter-Reay (USA) | Marco Andretti (USA) |
Vettura | #28 DHL | #98 US Concrete |
Motore | Honda | Honda |
Ingegnere | Ray Gosselin | Nathan O’Rourke |
Stratega | Ray Gosselin | Bryan Herta |
Capo meccanico | ||
L’uscita di scena degli aerokits corrisponde un po’ alla fine di un incubo per Hunter-Reay, le cui speranze non solo di titolo, ma anche di una solida stagione, sono state compromesse negli ultimi anni da un pacchetto Honda insufficiente e innumerevoli sfortune, specie a Indianapolis. A 37 anni l’americano è ormai entrato nella fase conclusiva della carriera, ma ha ancora la velocità, l’esperienza e l’adattabilità per puntare al bis a Indy e in campionato, cercando di contenere l’avanzata di Rossi, che rischia di affermarsi sempre più come nuovo riferimento della squadra.
L’arrivo di Bryan Herta come stratega e coach doveva finalmente mettere un po’ d’ordine nelle idee confuse di Marco Andretti, ma il 2017 è stata un’altra stagione deludente. I progressi sul passo gara sono stati evidenti nelle prime corse, ma l’incapacità del nipote di Mario di passare la Q1 ha quasi sempre negato risultati degni di nota. Il resto poi lo ha fatto la sfortuna, in più di un’occasione sotto forma di strani problemi elettrici nei primi giri. Il ritorno a una vettura più instabile ma paradossalmente prevedibile dovrebbe aiutare Marco, quinto nel 2013 sulla vecchia DW12 ma in ombra come non mai nel triennio degli aerokits. Se così non dovesse essere, il passaggio in IMSA ventilato a fine 2017 potrebbe divenire un’ipotesi molto più concreta.
Pilota | Kyle Kaiser (USA)/Rene Binder (AUT) |
Vettura | #32 Binderholz |
Motore | Chevrolet |
Ingegnere | Ernesto Gonella |
Stratega | Ricardo Juncos |
Capo meccanico | |
Per Ricardo Juncos il 2018 arriva a coronamento di una lunga e paziente crescita, che negli ultimi anni ha visto il manager argentino costruire una nuova sede a Indianapolis, conquistare due campionati IndyLights in tre anni e debuttare alla Indy500, addirittura con due vetture. Confermato temporaneamente per 8 appuntamenti, il team può contare sulla borsa da campione IndyLights di Kyle Kaiser e i finanziamenti di Rene Binder. Il californiano, nelle file del team praticamente dai tempi del kart, ha conquistato il titolo vincendo su ogni tipo di pista, ma appare comunque il meno preparato degli ultimi campioni IndyLights. Imbattibile sulla vettura vincente, deve ancora imparare a evitare errori e trarre il meglio anche dalle giornate meno brillanti. Da Binder, onesto mestierante dalle formule addestrative europee, non si aspettano particolari sussulti, anche per via dei pochissimi test effettuati dalla squadra, in ritardo nella preparazione della vettura per via della scarsità di ricambi a disposizione. L’austriaco è confermato al momento per gli appuntamenti di St. Pete, Barber, Toronto e Mid Ohio mentre Kaiser sarà al via a Phoenix, Long Beach, Indy GP e tenterà di qualificarsi per la Indy500.
Pilota | Jach Harvey (ENG) |
Vettura | #60 AutoNation/Sirius XM |
Motore | Honda |
Ingegnere | Will Anderson |
Stratega | |
Capo meccanico | Brian Goslee |
Dopo la delusione del 2012, quando non riuscì ad assicurarsi un motore, per Michael Shank arriva il primo impegno stabile in IndyCar: sei gare certe e l’intenzione di arrivare almeno a 8. Ancora appoggiati tecnicamente dal team SPM, che preparerà la monoposto, la gestione in pista sarà invece totalmente appannaggio del personale già attivo in IMSA, oltre che di Will Anderson, ingegnere di pista “in prestito” da Sam Schmidt. Per Harvey, dopo i due titoli sfiorati in IndyLights e due stagioni di semi-inattività arriva l’occasione tanto attesa. Tutt’altro che aiutato dalla convivenza con Alonso a Indy e perso nelle difficoltà del team SPM nelle ultime corse 2017, l’inglese si è dimostrato pilota veloce e consistente nella serie cadetta, mostrando però qualche problema di adattamento agli aerokits. La nuova vettura dovrebbe aiutarlo, ma il ritardo nella ricezione delle nuove parti non ha permesso al team di effettuare buona parte dei test pre stagionali, limitando il tutto a due giorni a Sebring abbastanza produttivi. Il binomio anglo-americano al momento è confermato a St. Petersburg, Long Beach, Indianapolis 500, Mid-Ohio, Portland e Sonoma
Pilota | Gabby Chaves (COL) |
Vettura | #88 Harding Group |
Motore | Chevrolet |
Ingegnere | Larry Curry |
Stratega | Brian Barnhart |
Capo meccanico | |
Sorprendente al debutto con due arrivi in top ten su tre partecipazioni, il team Harding si presenta ai nastri di partenza della sua prima stagione completa con un organico povero nei numeri ma non in qualità. L’esperienza infinita di Larry Curry guiderà ancora la squadra tecnica, cui si aggiunge Brian Barnhart, meccanico di livello in vari top teams prima di divenire il braccio destro di Tony George. Confermato anche Al Unser, Jr. nel ruolo di coach per Gabby Chaves. Il colombiano ha impressionato nelle poche uscite del 2017, mettendo in mostra una grinta vista poche volte nella sua stagione d’esordio con il team Herta. Il team dovrà comunque lavorare sodo in queste ultime settimane per venire a patti con una vettura che nei test ha prodotto più di un grattacapo, relegando Chaves nelle parti basse della classifica.
Per tutti telaio Dallara DW12, aerokit unico e gomme Firestone.
Si riportano di seguito i risultati dei test collettivi di Phoenix e di tutte le sessioni private di cui sono noti i tempi non ufficiali.
Sebring – 24/1 | ||||
P | Pilota | Team | Motore | Tempo |
1 | Ryan Hunter-Reay | Andretti | Honda | 51.1 |
2 | Alexander Rossi | Andretti | Honda | 51.3 |
3 | Marco Andretti | Andretti | Honda | 51.3 |
4 | Graham Rahal | Rahal | Honda | 51.4 |
5 | Robert Wickens | Schmidt | Honda | 51.5 |
6 | Sebastien Bourdais | Coyne | Honda | |
7 | Zach Veach | Andretti | Honda | |
8 | James Hinchcliffe | Schmidt | Honda | |
9 | Takuma Sato | Rahal | Honda | |
10 | Max Chilton | Carlin | Chevy | |
11 | Tony Kanaan | Foyt | Chevy | |
12 | Zachary Claman De Melo | Coyne | Honda | |
13 | Matheus Leist | Foyt | Chevy |
Sonoma – 6/2 – Pomeriggio | ||||
P | Pilota | Team | Motore | Tempo |
1 | Josef Newgarden | Penske | Chevy | 1.18.10 |
2 | Will Power | Penske | Chevy | 1.18.29 |
3 | Simon Pagenaud | Penske | Chevy | 1.18.64 |
4 | Sebastien Bourdais | Coyne | Honda | 1.18.75 |
5 | Pietro Fittipaldi | Coyne | Honda | 1.18.94 |
6 | Matheus Leist | Foyt | Chevy | 1.19.00 |
7 | Robert Wickens | Schmidt | Honda | 1.19.12 |
8 | Jordan King | Carpenter | Chevy | 1.19.20 |
9 | James Hinchcliffe | Schmidt | Honda | 1.19.27 |
10 | Spencer Pigot | Carpenter | Chevy | 1.19.40 |
11 | Tony Kanaan | Foyt | Chevy | 1.19.96 |
12 | Gabby Chaves | Harding | Chevy | 1.20.34 |
Phoenix Open Test – 8-9-10/2 | ||||||||
P | Pilota | Team | Motore | Sessione 1 | Sessione 2 | Sessione 3 | Sessione 4 | Sessione 5 |
1 | Takuma Sato | Rahal | Honda | 19,673 | 19,460 | 19,392 | 19,379 | |
2 | Will Power | Penske | Chevy | 20,011 | 19,743 | 19,438 | 19,388 | |
3 | Tony Kanaan | Foyt | Chevy | 19,769 | 19,590 | 19,833 | 19,402 | |
4 | Josef Newgarden | Penske | Chevy | 20,288 | 19,551 | 19,622 | 19,426 | |
5 | Graham Rahal | Rahal | Honda | 19,853 | 19,457 | 19,647 | 19,661 | |
6 | Marco Andretti | Andretti | Honda | 20,588 | 19,864 | 19,639 | 19,676 | 19,466 |
7 | Alexander Rossi | Andretti | Honda | 20,016 | 19,713 | 19,641 | 19,473 | |
8 | Scott Dixon | Ganassi | Honda | 19,913 | 19,681 | 19,521 | 19,515 | |
9 | Simon Pagenaud | Penske | Chevy | 19,716 | 19,526 | 19,537 | 19,576 | |
10 | Ryan Hunter-Reay | Andretti | Honda | 19,955 | 19,599 | 19,536 | 20,031 | |
11 | Sebastien Bourdais | Coyne | Honda | 19,825 | 19,859 | 19,575 | 20,079 | |
12 | Ed Jones | Ganassi | Honda | 20,259 | 20,193 | 19,602 | 19,765 | |
13 | Matheus Leist | Foyt | Chevy | 19,970 | 19,771 | 19,715 | 19,630 | 19,717 |
14 | Spencer Pigot | Carpenter | Chevy | 20,373 | 20,264 | 19,926 | 20,043 | 19,643 |
15 | Pietro Fittipaldi | Coyne | Honda | 20,067 | 20,278 | 20,213 | 19,829 | 19,652 |
16 | Robert Wickens | Schmidt | Honda | 20,218 | 20,194 | 19,936 | 19,750 | 20,159 |
17 | Zach Veach | Andretti | Honda | 20,486 | 20,209 | 20,181 | 19,908 | 19,756 |
18 | Charlie Kimball | Carlin | Chevy | 20,824 | 19,950 | 19,957 | 19,762 | |
19 | Max Chilton | Carlin | Chevy | 21,239 | 20,063 | 20,257 | 19,828 | |
20 | Gabby Chaves | Harding | Chevy | 21,107 | 20,455 | 20,341 | 20,720 | 19,923 |
21 | Ed Carpenter | Carpenter | Chevy | 20,284 | 20,027 | 20,144 | 19,976 | |
22 | James Hinchcliffe | Schmidt | Honda | 20,225 | 20,457 | 20,246 | 20,098 | |
23 | Kyle Kaiser | Juncos | Chevy | 20,549 | 20,237 | 20,341 | ||
Legenda | ||||||||
19,379 | Miglior tempo del pilota | |||||||
Miglior tempo di sessione | ||||||||
Secondo miglior tempo di sessione | ||||||||
Terzo miglior tempo di sessione |
Sebring – 27-28/2 | |||||||
P | Pilota | Team | Motore | Sessione 1 | Sessione 2 | Sessione 3 | Sessione 4 |
1 | Josef Newgarden | Penske | Chevy | 52,24 | 51,37 | ||
2 | Graham Rahal | Rahal | Honda | 51,97 | 51,39 | ||
3 | Scott Dixon | Ganassi | Honda | 51,78 | 51,40 | ||
4 | Marco Andretti | Andretti | Honda | 51,49 | 51,69 | ||
5 | Ryan Hunter-Reay | Andretti | Honda | 51,51 | 51,59 | ||
6 | Zach Veach | Andretti | Honda | 51,57 | 51,90 | ||
7 | Will Power | Penske | Chevy | 52,09 | 51,60 | ||
8 | Spencer Pigot | Carpenter | Chevy | 52,00 | 51,60 | ||
9 | Takuma Sato | Rahal | Honda | 51,64 | 51,81 | ||
10 | Alexander Rossi | Andretti | Honda | 51,72 | 51,85 | ||
11 | James Hinchcliffe | Schmidt | Honda | 51,93 | 51,73 | ||
12 | Ed Jones | Ganassi | Honda | 52,78 | 51,79 | ||
13 | Jordan King | Carpenter | Chevy | 52,00 | 51,79 | ||
14 | Jack Harvey | Shank | Honda | 52,61 | 52,53 | 51,90 | 51,81 |
15 | Robert Wickens | Schmidt | Honda | 51,96 | 51,86 | ||
16 | Simon Pagenaud | Penske | Chevy | 52,30 | 51,87 | ||
17 | Max Chilton | Carlin | Chevy | 53,24 | 52,40 | 52,10 | 52,10 |
18 | Rene Binder | Juncos | Chevy | 52,92 | 52,92 | 52,19 | |
19 | Charlie Kimball | Carlin | Chevy | 52,80 | 52,73 | 52,22 | 52,87 |
20 | Gabby Chaves | Harding | Chevy | 52,32 | 52,66 | ||
21 | Kyle Kaiser | Juncos | Chevy | 52,45 |
Fonte tempi: racer.com; motorsport.com
Foto di copertina: indycar.com; Chris Owens, Phoenix 2017