2018

Foto di copertina: autoweek.com, LAT Motorspors, Phillip Abbott

 

I MOTIVI

Dopo tre anni di divisione della griglia, il nuovo UAK ha certamente raggiunto il primo, principale obiettivo dietro il superamento degli aerokits: il ritorno a una lotta per il titolo aperta (virtualmente) a tutto lo schieramento. Si è così assistito a una stagione appassionante, in cui i top team hanno sì fatto la parte del leone, lasciando però spazio all’inserimento di strepitosi solisti come Bourdais e il rookie Wickens. Dopo un inizio di stagione targato Penske, con Josef Newgarden determinato a difendere il numero 1 e Will Power dominatore del mese di maggio, le squadre Honda hanno prepotentemente riconquistato la scena. Tre vittorie in sei gare hanno infatti lanciato Scott Dixon al vertice della classifica, chiudendo apparentemente i giochi. Con le Penske marcianti a corrente alternata, il neozelandese si è però dovuto guardare nel finale di stagione del prepotente ritorno di Alexander Rossi, autore di una entusiasmante rimonta, smorzata però nel finale da errori e sfortune patite nelle ultime due corse. La stagione del quinto titolo per la leggenda neozelandese è stata come detto impreziosita dal debutto di Robert Wickens, strepitoso poleman già nella prima corsa di St. Petersburg e poi costantemente protagonista su ogni tipo di circuito. L’avventura del canadese, rimasto fuori dalla lotta per il titolo per via di alcuni incolpevoli contrattempi, si è poi conclusa nel catastrofico incidente di Pocono, le cui conseguenze rimangono ancora non del tutto determinate. A lui, ancora una volta, vanno i nostri migliori auguri di un pieno recupero.

 

SOMMARIO

  1. CALENDARIO
  2. IL NUOVO AEROKIT
  3. CAMPIONATO COSTRUTTORI
  4. SQUADRE E PILOTI
  5. IL RACCONTO DELLA STAGIONE

 

 

 

  1. CALENDARIO
Gara Data Evento Pista Tipologia
1 11 marzo Firestone Grand Prix of St. Petersburg St. Petersburg Cittadino
2 7 aprile Phoenix Grand Prix Phoenix Ovale corto
3 15  aprile Toyota Grand Prix of Long Beach Long Beach Cittadino
4 22 aprile Honda Indy Grand Prix of Alabama Barber Stradale permanente
5 12 maggio INDYCAR Grand Prix Indianapolis GP Stradale permanente
6 28 maggio 102nd Running of the Indianapolis 500 Indianapolis Super speedway
7 2 giugno Chevrolet Dual in Detroit – Dual 1 Detroit 1 Cittadino
8 3 giugno Chevrolet Dual in Detroit – Dual 2 Detroit 2 Cittadino
9 9 giugno DXC Indy 600 Texas Ovale medio
10 24 giugno Kohler Grand Prix Road America Stradale permanente
11 8 luglio Iowa Corn 300 Iowa Ovale corto
12 15 luglio Honda Indy Toronto Toronto Cittadino
13 29 luglio Honda Indy 200 at Mid Ohio Mid Ohio Stradale permanente
14 19 agosto ABC Supply 500 Pocono Super speedway
15 25 agosto Bommarito Automotive Group 500 Gateway Ovale corto
16 2 settembre Portland International Raceway Portland Stradale permanente
17 16 settembre Go Pro Grand Prix of Sonoma Sonoma Stradale permanente

 

2. IL NUOVO AEROKIT

Come ampiamente descritto nell’anteprima alla stagione, il nuovo universal aerokit è stato introdotto per perseguire vari scopi:

  • Aspetto più accattivante, non solo rispetto agli aerokit dei costruttori ma anche alla DW12 originale
  • Ridurre la deportanza, rimettendo il pilota al centro dell’attenzione
  • Ridurre le turbolenze, permettendo alle auto di viaggiare più vicine e quindi aumentando le possibilità di sorpasso
  • Mantenere o migliorare il livello di sicurezza raggiunto

Se il primo aspetto, valutabile ancora prima dell’inizio stagione, è stato centrato in pieno, gli altri hanno richiesto varie corse per essere apprezzati a pieno.

Sul fronte della difficoltà di guida, l’obiettivo è stato sostanzialmente centrato. Su stradali e cittadini dalle visuali onboard si è potuto apprezzare una guida in generale molto più composta e precisa in tutte le fasi, dalla frenata, alle correzioni in percorrenza fino all’applicazione dell’acceleratore in uscita di curva. Si è così assistito a una crescita progressiva nella confidenza dei piloti, permettendo di superare alcuni disastri visti nelle prime fasi dell’appuntamento inaugurale a St. Pete, complice anche la nuova vernice in fondo al rettilineo principale.

Sugli ovali la riduzione di deportanza ha portato finalmente a lunghe fasi di rilascio dell’acceleratore in curva, non solo sugli ovali corti, ma talvolta anche a Indianapolis, Pocono e nelle curve 1 e 2 del Texas. Come da molti temuto il minor carico aerodinamico ha però anche limitato il numero di traiettorie percorribili, cosa che sommata alla rapida formazione di marbles, soprattutto sugli ovali corti, ha limitato fortemente le possibilità di sorpasso. Se St. Louis, Iowa e per certi versi Texas hanno quindi offerto a tratti uno spettacolo assolutamente godibile, Phoenix, Pocono e la Indy500 si sono rivelate invece molto deludenti, dando vita a lunghi trenini in cui anche un doppiato particolarmente lento ha spesso rappresentato un ostacolo insuperabile. Esplicativo a questo proposito il finale della Indy500 in cui il dominatore Power, su gomme fresche, negli ultimi giri non è stato in grado di superare in pista le vetture nettamente più lente di Wilson e Harvey, in testa in virtù di una diversa strategia. Maggiori opzioni di personalizzazione aerodinamica e la ricerca di una mescola di gomma più “corsaiola” saranno quindi necessarie per garantire il giusto compromesso tra spettacolo (senza arrivare al pack racing) e purezza della competizione, evitando quindi quel’effetto Handford device di compattamento artificioso della griglia osservato a Indy negli ultimi anni.

Anche stradali e cittadini hanno portato a conclusioni contraddittorie, perfettamente rappresentate dalle due corse prive di bandiere gialle di Mid Ohio e Road America. Paradossalmente lo stretto e tortuoso permanente dell’Ohio ha visto infatti una continua sequenza di sorpassi nel gruppo, mentre il ben più veloce circuito del Wisconsin ha dato vita a una corsa dall’esito a lungo incerto, ma tutto sommato avara di sorpassi. In generale se la riduzione della deportanza e delle turbolenze ha migliorato la stabilità dell’auto nel traffico, oltre ad aumentare la velocità di punta e gli spazi di frenata, l’effetto congiunto di minore resistenza e dell’eliminazione dei wheel guards posteriori ha ridotto notevolmente l’effetto scia. Il bilanciamento di tali fenomeni è quindi risultato in un miglioramento modesto delle possibilità di sorpasso, che restano funzione di numerose altre variabili, prima fra tutte il tasso di degrado degli pneumatici, nonché ovviamente l’ingresso della pace car.

Il tremendo incidente di Robert Wickens a Pocono ha ovviamente dominato le discussioni sulla sicurezza. Se la cellula di sopravvivenza ha infatti protetto egregiamente il pilota canadese (nonostante il distacco dell’estintore di bordo sia ritenuto responsabile delle fratture alle gambe), la dinamica del decollo riapre i dubbi sulla tendenza al sollevamento di queste vetture. Pur ritenendo del tutto normale l’effetto trampolino su un’auto schiacciata a terra, oltre che dal proprio peso, da una deportanza modesta per via delle ali di dimensione minima usata sui super speedway, come già indicato nell’anteprima qualche dubbio resta sull’eliminazione dei cosiddetti “sponsor blocker”. A differenza dei wheel guards posteriori, giustamente eliminati, le pinne laterali poste all’estremità del fondo, in corrispondenza dei pontoni laterali, si erano dimostrate negli anni scorsi estremamente efficaci nel prevenire il contatto tra le ruote anteriori, responsabile del decollo della vettura di Wickens. Non si può comunque provare che tale appendice avrebbe potuto resistere all’urto tra la vettura del canadese e quella di Hunter-Reay.

 

3. CAMPIONATO COSTRUTTORI

Per la prima volta dall’introduzione del nuovo motore 2,2 litri, la Honda è riuscita a conquistare il titolo costruttori, appannaggio della Chevrolet nelle ultime sei stagioni. Il risultato è in parte dovuto al cambiamento di filosofia operato dai due costruttori. La casa di Detroit, vincitrice di 5 titoli piloti ma sole due Indy500 dal 2012, ha infatti impostato la preparazione invernale sulle esigenze della maratona dell’Indiana, privilegiando la potenza ad alti regimi a discapito della guidabilità. Non a caso i piloti Penske non hanno vinto in nessuno dei 5 cittadini in calendario, pur portando a casa la prova bagnata di Barber. Se la casa americana ha quindi centrato il successo a Indianapolis, la Honda, forte di un parco partenti ben più strutturato, ha fatto incetta di vittorie (11 su 17), superando per la prima volta il Cravattino in termini di successi parziali e piazzando 11 piloti tra i primi 15 in classifica generale.

Si riporta di seguito il prospetto dei risultati utili per la classifica costruttori, il cui sistema prevede l’assegnazione dei punti (gli stessi conquistati per la classifica piloti al netto di bonus e raddoppi) ai primi due piloti full time di ciascun costruttore. Cinque punti aggiuntivi sono assegnati alla casa vincitrice dell’evento, uno a chi segna la pole position. Per Indy500 due punti sono assegnati per la pole position, uno per la casa che chiude in testa la prima giornata di qualifica. Due punti bonus, indicati con *, sono assegnati al raggiungimento di particolari risultati di durata dei propulsori.

Gara Honda Chevy
Pole Pos. 1 Pos. 2 Punti Pole Pos. 1 Pos. 2 Punti
St. Pete Wickens 1. Bourdais 2. Rahal 96 7 .Newgarden 10. Power 46
Phoenix Buordais 2. Wickens 3. Rossi 76 1. Newgarden 7. Carpenter 81
Long Beach Rossi 1. Rossi 3. Jones 91 2. Power 7. Newgarden 66
Barber 2. Hunter-Reay 3. Hinchcliffe 76* Newgarden 1. Newgarden 9. Pagenaud 77*
Indy GP 2. Dixon 3. Wickens 75 Power 1. Power 6. Castroneves 84
Indy500 3. Dixon 4. Rossi 67 Carpenter 1. Power 2. Carpenter 98
Detroit 1 Andretti 1. Dixon 2. Hunter-Reay 96 7. Power 9. Newgarden 48
Detroit 2 Rossi 1. Hunter-Reay 3. Dixon 91 2. Power 7. Kanaan 66
Texas 1. Dixon 3. Rossi 90 Newgarden 2. Pagenaud 10. Kimball 61
Road America 2. Hunter-Reay 3. Dixon 75 Newgarden 1. Newgarden 7. Pagenaud 82
Iowa 1. Hinchcliffe 3. Sato 90 Power 2. Pigot 4. Newgarden 73
Toronto 1. Dixon 3. Wickens 90 Newgarden 2. Pagenaud 5. Kimball 71
Mid Ohio Rossi 1. Rossi 2. Wickens 96 3. Power 4. Newgarden 67
Pocono 1. Rossi 3. Dixon 90 Power 2. Power 5. Newgarden 71
St. Louis 2. Rossi 3. Dixon 77* 1. Power 4. Pagenaud 87
Portland 1. Sato 2. Hunter-Reay 95 Power 4. Pigot 6. Pagenaud 61
Sonoma Hunter-Reay 1. Hunter-Reay 2. Dixon 96 3. Power 4. Pagenaud 67
Totale 1467 1206

 

 

4. SQUADRE E PILOTI

 

Reduce da tre titoli negli ultimi quattro anni, per la Penske la sconfitta in campionato è un prezzo accettabile dopo il trionfo di maggio. Le direttive della Chevrolet erano ben note fin dall’inverno e sia i piloti del Capitano che Ed Carpenter hanno reso onore alla casa americana, dominando la Indy500. L’elevata potenza agli alti regimi si è però pagata con guidabilità e ripresa non ottimali, facendo soffrire Power e compagni soprattutto nei circuiti cittadini. A tarpare le ali dell’australiano in chiave titolo sono però stati qualche errore e soprattutto i problemi meccanici subiti a Road America e Portland. Nonostante il tormentone “defend the #1”, Newgarden ha compiuto un passo indietro rispetto al 2017, risultando più falloso e meno incisivo quando il campionato è entrato nella fase calda. Per Pagenaud, afflitto da una quasi inspiegabile mancanza di velocità, semplicemente una stagione da dimenticare.

Pilota Josef Newgarden (USA) Will Power (AUS) Simon Pagenaud (FRA)
Vettura #1 Hitachi #12 Verizon #22 Menard’s
Motore Chevrolet Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Brian Campe Dave Faustino Ben Bretzman
Stratega Tim Cindric Roger Penske Kyle Moyer
Capo meccanico Vance Welker Matt Jonsson

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones
Il Meglio 
  • Si è ben adattato al nuovo aerokit
  • La velocità non è mancata
  • Sempre tra i più aggressivi e spettacolari
  • Ancora imbattibile quando tutto gira bene
  • E’ ormai un oval master a tutti gli effetti
  • Con la Indy500, che gli ha salvato il posto, la sua carriera è completa
  • Sesto in campionato e bravo a contenere i danni in una stagione difficile
  • Non si è lasciato andare alla frustrazione, portando sempre la macchina al traguardo
  • In generale buon passo gara penalizzato da brutte qualifiche
  • Mediamente efficace sugli ovali
Il Peggio 
  • Troppi errori gratuiti
  • Poco incisivo nella fase cruciale del campionato
  • Ha sofferto alcuni errori strategici del muretto
  • Forse ne abbiamo sopravvalutato la maturazione
  • Inizio di stagione stentato
  • Solita sfortuna ma anche soliti errori evitabili
  • Non è più il re della qualifica
  • Mai in sintonia con il nuovo aerokit
  • Velocità in qualifica disastrosa
  • A Indy ha perso una grande occasione
  • Fiducia da ricostruire

 

 

Cambiare tutto, per la seconda volta di fila, e continuare a non cambiare nulla? Con l’assunzione del team Coyne a squadra di fascia quantomeno media, al team Foyt resta la triste palma di cenerentola del campionato tra le squadre full time. La sorpresa è relativa, in quanto fin dall’inverno il piano di ristrutturazione attorno al duo Cowdin-Kanaan è stato dichiarato su base triennale, quindi non ci si aspettavano miracoli dal 2018. Vedere le vetture bianco-rosso-blu  lottare stabilmente per un posto in top ten non sembrava però una previsione così ottimistica, eppure la scena si è presentata davvero poche volte.

Pilota Matheus Leist (BRA) Tony Kanaan (BRA)
Vettura #4 ABC Supply #14 ABC Supply
Motore Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Mike Colliver Eric Cowdin
Stratega Larry Foyt George Klotz
Capo meccanico

indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski
Il Meglio 
  • Arrembante nella prima corsa di St. Pete
  • Ha incamerato esperienza senza fare troppi danni
  • Sugli ovali può dire ancora la sua
  • Spettacolare come sempre a Indianapolis
  • Bravo a capitalizzare sui problemi altrui e centrare alcuni top10
Il Peggio 
  • Dopo St. Pete pochi sussulti
  • Bella gara a Portland rovinata dalle bandiere gialle
  • Sfortuna ed errori hanno rovinato due potenziali podi a Indy e Texas

 

Un 2018 per lunghi tratti positivo ma dal finale amaro per il team Schmidt, in una stagione a metà tra conferme e rinnovamento. Pubblicizzato come vero e proprio colpo di mercato, l’ingaggio di Leena Gade, ingegnere star dell’Audi a Le Mans, si è invece rivelato un fiasco. L’inglese, abituata agli staff infiniti dai grandi team ufficiali, ha infatti faticato a calarsi in una realtà per certi versi più semplice ma anche più esigente nei confronti dell’ingegnere di pista. Gli errori collettivi nella gestione della vettura di Hinchcliffe hanno poi portato al disastro di Indianapolis, con conseguente avvicendamento con Will Anderson, di ritorno dal team Shank. Dall’altra parte del box il confermato Blair Perschbacher è stato invece spettatore e in parte artefice dello strepitoso debutto di Robert Wickens, forse il miglior rookie dai tempi di Bourdais. Se Hinchcliffe cercava un compagno in grado di pungolarlo, lo ha certamente trovato nel fraterno amico, impostosi non solo per velocità ma anche per cultura tecnica. Non è probabilmente un caso se con l’assenza forzata del canadese, il team sia ricaduto nella consueta mediocrità dei passati finali di stagione. In questo scenario chiedere a Carlos Munoz di replicare le performance del rookie of the year sarebbe stato davvero troppo.

Pilota James Hinchcliffe (CAN) Robert Wickens (CAN)
Carlos Munoz (COL)
Vettura #5 Arrow Electronics #6 Lucas Oil
Pacchetto tecnico Honda Honda
Ingegnere Leena Gade – Will Anderson Blair Perschbacher
Stratega Taylor Kiel Nick Snyder/Piers Phillips
Capo meccanico  Billy Vincent
indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

Il Meglio 
  • La classe con cui ha gestito la delusione di Indy
  • La reazione al cambio di ingegnere con la bella vittoria in Iowa
  • Straordinaria adattabilità a tutte le novità, compresi i diversi tipi di piste e le due mescole di gomme
  • Subito al top anche sugli ovali
  • Non ha perso un minuto a riadattarsi alle monoposto dopo 6 anni in DTM
  • Guida tecnica e continuo sprone per gli ingegneri
  • Rispettato da tutti anche per un atteggiamento sicuro ma rispettoso dell’ambiente
Il Peggio 
  • Penalizzato dalla mancanza di esperienza specifica dell’ingegnere Leena Gade, sostituita dopo il disastro di Indianapolis
  • Ha sofferto per tutta la stagione la velocità di Wickens
  • Test invernali inconcludenti a causa di un problema di fabbrica sulla sua vettura, scoperto troppo tardi.
  • In difficoltà inizialmente nel gioco del risparmio carburante
  • Ha pagato esageratamente l’unico momento sopra le righe di tutta la stagione

 

 

Il ridimensionamento a due vetture, impostazione che ha regalato alla squadra i maggiori successi, è subito stato accompagnato dalla conquista dell’ennesimo titolo per il team Ganassi. Più che il riassetto delle risorse, il successo finale è però dovuto allo strepitoso affiatamento tra Scott Dixon e tutto il team della vettura #9. Senza lasciarsi distrarre dalle mille voci di mercato che lo hanno visto protagonista, il neozelandese ha dovuto ricorrere a tutto il suo talento e a 20 anni di esperienza per avere la meglio su Alexander Rossi. Nonostante il ruolo di principale tester Honda, il 5 volte campione e la sua squadra hanno infatti faticato nelle prime corse a comprendere totalmente la nuova vettura. Alla conquista del titolo, apparsa realmente possibile solo dopo Indianapolis, non ha collaborato in maniera sostanziale il nuovo arrivato, e prossimo partente, Ed Jones. Il pilota degli Emirati, sicuramente meno coinvolto nei test pre campionato, non è riuscito a sfruttare la grandissima occasione offertagli da Ganassi, mettendo presto alla prova la pazienza del manager di Pittsburgh con gli incidenti di Phoenix e Indianapolis.

Pilota Scott Dixon (NZL) Ed Jones (EAU)
Vettura #9 PNC Bank #10 NTT DATA
Motore Honda Honda
Ingegnere Chris Simmons Julian Robertson
Stratega Mike Hull Barry Wanser
Capo meccanico Blair Julian Kevin O’Donnell
indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

 

indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski
Il Meglio 
  • Sempre il più completo e, soprattutto, concreto
  • In grado di raddrizzare ogni giornata storta e quest’anno anche un po’ fortunato
  • Il sogno di ogni stratega
  • Veloce a inizio stagione
  • Bravo a Detroit a mettersi dietro Dixon in gara 2
Il Peggio 
  • Inizio di stagione titubante
  • Qualche difficoltà di troppo in qualifica, soprattutto sugli stradali
  • Troppi errori nelle prime gare
  • Nella seconda metà stagione non è mai stato neanche vicino a Dixon
  • Sfortunato in più di un’occasione con forature e guai meccanici
  • Involuzione su tutti i fronti rispetto al 2017, ha forse sofferto la precarietà della sua posizione

 

 

Finalmente in grado di raddoppiare l’impegno e segnalatosi come potenziale contendente al titolo nei test invernali, il team Rahal ha invece vissuto una stagione negativa, riuscendo solo in extremis a portare a casa un successo. Se la seconda vettura è stata per anni indicata come il mezzo per passare da contendenti occasionali a top team, il 2018 ha si visto una stabilizzazione delle prestazioni, ma sempre un gradino indietro ai soliti noti. A differenza degli anni scorsi, in nessuna occasione Sato e Rahal hanno infatti messo in mostra un passo da vittoria, apparendo sempre a corto di quei pochi decimi di passo gara che fanno la differenza tra il podio e navigare nella parte bassa della top ten, esattamente dove Graham ha chiuso in classifica generale.

Pilota Graham Rahal (USA) Takuma Sato (JPN)
Vettura #15 United Rentals #30 Panasonic
Motore Honda Honda
Ingegnere Tom German Eddie Jones
Stratega Ricardo Nault
Capo meccanico Donnie Stewart Brad Wright
indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

indycar.com, Chris Jones
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Il Meglio 
  • Quasi sempre in top10, molto concreto in gara
  • Bravissimo a sfruttare una delle poche occasioni della stagione a Portland
  • Meno costante di Rahal ma autore di maggiori acuti
Il Peggio 
  • Errore evitabile in una delle gare migliori, Detroit
  • Dopo St. Pete non ha mai avuto un aiuto dalle bandiere gialle
  • Qualifiche non entusiasmanti
  • Grossa occasione sprecata a Toronto

 

 

 

Se il 2017 si era chiuso con tanti interrogativi su cosa avrebbe potuto fare Bourdais senza l’incidente di Indianapolis, la risposta è arrivata nel 2018. Considerato inizialmente tra i contendenti al titolo per via di costanza e velocità messe in mostra fino alla Indy500, il francese ha poi imboccato una lunga sequenza di corse negative, riuscendo solo saltuariamente a sbrogliare la matassa tecnica in cui il team sembrava essersi cacciato. La seconda vettura, sempre occupata da rookies, ha mostrato in più occasioni un buon potenziale, tanto da essere tra i sedili più ambiti per il prossimo anno. L’incidente patito alla 1000 km di Spa ha notevolmente limitato il potenziale di Fittipaldi, positivo nelle ultime gare nonostante un ritorno troppo precipitoso. Claman De Melo ha mostrato un buon piede ma anche una testa calda mentre dopo i disastri in F.2 Ferrucci ha corso con concretezza, volando basso e inserendosi bene nella pancia del gruppo.

Pilota Sebastien Bourdais (USA) Pietro Fittipaldi (BRA)
Zachary C. De Melo (CAN)
Santino Ferrucci (USA)
Vettura #18 Sealmaster #19 Paysafe
Motore Honda Honda
Ingegnere Craig Hampson Michael Cannon
Stratega Dale Coyne Darren Crouser
Capo meccanico    
indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

Il Meglio 
  • Arrembante e spettacolare
  • Sempre pronto a sfruttare strategie inusuali
  • Ancora tra i più veloci
  • De Melo grintoso e veloce ma ancora grezzo
  • Grande coraggio di Fittipaldi, solido nelle ultime gare, nel tornare dopo meno di tre mesi dall’incidente di Spa
  • La solidità di Ferrucci
Il Peggio 
  • Continua a buttare via grandi occasioni con errori evitabili
  • La grossa occasione sprecata da Claman De Melo in Texas (pur con la complicità di Power)

 

 

 

Un’altra stagione deludente per il team Carpenter, ancora alle prese con piloti forse non pronti a guidare la squadra. L’arrivo di Allen McDonald dal team Schmidt sembrava inizialmente aver rivitalizzato la vettura #20, che nelle mani di Jordan King ha spesso impressionato a inizio stagione, pur raccogliendo meno di quanto meritato a causa di sfortune tecniche e strategiche. Protagonista delle due settimane di Indy500, Ed Carpenter ha corso da campione, mancando però per la terza volta la conversione della pole in vittoria. Dopo un inizio di stagione largamente negativo, Spencer Pigot ha salvato l’annata con il podio dell’Iowa e altri buoni piazzamenti in top ten. La sua maturazione è però più lenta del previsto, lasciando ormai molti dubbi su quel futuro da top driver che in IndyLights era dato per certo.

Pilota Ed Carpenter (USA) Spencer Pigot (USA)
Jordan King (ENG)
Vettura #20 Fuzzy Vodka #21 Fuzzy Vodka
Motore Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Allen McDonald Matt Barnes
Stratega Tim Broyles Brent Harvey
Capo meccanico
indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

 

indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

Il Meglio 
  • King mediamente più veloce di Pigot in qualifica
  • Veloce e aggressivo, soprattutto nelle prime gare
  • Carpenter finalmente competitivo a Indy500
  • Bravo a concretizzare alcune buone occasioni nella seconda parte di stagione

 

Il Peggio 
  • Qualche incidente di troppo di King tra libere e qualifiche
  • Le gare migliori (St. Pete, Indy Gp e Portland) rovinate da errori strategici e sfortune.
  • Carpenter ancora poco efficace al di fuori di Indy e scandaloso nell’incidente con Wickens in Texas
  • Il suo rendimento in qualifica rimane insufficiente (ingiustificabili le sue tante partenze dietro King), limitandone il potenziale in gara
  • Meno efficace di Carpenter a Indy
  • Ancora troppi errori gratuiti (Indy Gp, Toronto)

 

 

 

La consegna molto ritardata delle auto ha costretto il team Carlin a presentarsi a St. Pete praticamente con sole quattro giornate di test alle spalle. Inevitabilmente le prime corse sono state quindi solo un proseguimento della preparazione e in questo contesto la doppia qualificazione a Indy, conquistata senza troppe preoccupazioni, è da considerarsi eccellente. Le cose sono progressivamente migliorate col passare delle gare, fino al bel 7° posto conquistato da Kimball (già quinto  a Toronto) a Portland davanti nientemeno che ad Alexander Rossi.

Pilota Charlie Kimball (USA) Max Chilton (ENG)
Vettura #23 Tresiba #59 Gallagher
Motore Chevrolet Chevrolet
Ingegnere Matt Greasley Daniele Cucchiaroni
Stratega Geoff Fickling
Capo meccanico

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones

indycar.com, Chris Jones
indycar.com, Chris Jones
Il Meglio 
  • Bravo a sfruttare ogni occasione e portare a casa addirittura un top 5 a Toronto
  • La qualifica di Mid Ohio
  • La buona chimica con Kimball, importante per far crescere in fretta la squadra
Il Peggio 
  • L’evitabile contatto con Sato nella stessa Mid Ohio, che gli ha rovinato l’unica reale occasione di brillare

 

 

Un po’ come accaduto nel 2012, l’Andretti Autosport ha sfruttato il ritorno a una piattaforma tecnica comune per fare tabula rasa e riconquistare un posto stabile tra i top teams del campionato. Che il team avesse imboccato il binario giusto lo si era capito già alla fine della scorsa stagione, specie dopo la bella vittoria di Alexander Rossi a Watkins Glen. Il rinnovato programma di sviluppo degli ammortizzatori e il lavoro di coordinamento di Ben Bretzman hanno finalmente portato concretezza in un reparto tecnico a lungo in confusione, arrivando a rendere del tutto ininfluente l’esclusione dal programma di test invernali riservati ai costruttori. Il team è stato così in grado di vincere e lottare per il titolo con due piloti, oltre ad aiutare la crescita di Andretti e permettere a Veach di mettersi subito in mostra.

Pilota Zach Veach (USA) Alexander Rossi (USA)
Vettura #26 Group 1001 #27 Napa Autoparts
Motore Honda Honda
Ingegnere Garrett Mothersead Jeremy Milless
Stratega  Josh Freund Rob Edwards
Capo meccanico
indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

 

indycar.com, John Cote
indycar.com, John Cote

 

Il Meglio 
  • Capace di un’ottima progressione dopo un inizio di stagione difficile
  • Discreta velocità in qualifica
  • Sa farsi rispettare nel gruppo, anche troppo
  • E’ già un riferimento tecnico per la squadra
  • Il pilota più migliorato, ormai perfettamente adattatosi alla serie
  • Probabilmente il miglior sorpassatore del campionato
  • Al top su ogni tipo di percorso
  • E’ in grado di dominare dalla pole come di rimontare dal fondo a suon di sorpassi
  • Veloce quasi come il miglior Power e in grado di far fruttare le più diverse strategie come Dixon
Il Peggio 
  • Diverse giornate promettenti (Texas, Iowa) buttate via per errori da rookie
  • Qualche contatto di troppo, compreso l’incidente evitabile con Hinchcliffe a Portland
  • Qualche errorino di troppo, specie sotto pressione (Toronto, Sonoma)
  • Scarsa visione d’insieme a Detroit, dove ha buttato punti preziosi in una inutile battaglia con Hunter-Reay
  • Non guarda in faccia nessuno ma rischia di  attirarsi le ripicche dei colleghi
Pilota Ryan Hunter-Reay (USA) Marco Andretti (USA)
Vettura #28 DHL #98 US Concrete
Motore Honda Honda
Ingegnere Ray Gosselin Nathan O’Rourke
Stratega Ray Gosselin Bryan Herta
Capo meccanico
indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

 

indycar.com, Joe Skibinski
indycar.com, Joe Skibinski

 

Il Meglio 
  • Tornato finalmente alla vittoria
  • Competitivo su ogni tipo di pista
  • Lento ma costante miglioramento
  • Nono in classifica con 8 piazzamenti in top 10, miglior risultato dal 2015
  • La sorprendente pole di Detroit
Il Peggio 
  • Qualche errorino di troppo, la continuità per lui rimane un problema
  • Nonostante la stagione indubbiamente positiva, è ormai il numero 2 della squadra dietro Rossi
  • In qualifica fatica ancora troppo spesso a passare la Q1
  • Continua ancora a soffrire sugli ovali, dove un tempo dava il meglio
  • L’anno prossimo rischia di finire dietro anche a Veach

 

 

Quindici anni dopo essere arrivato in America con i pochi soldi rimasti dopo il fallimento dell’Argentina, Ricardo Juncos ha coronato il sogno di lanciare il suo team IndyCar, completando un programma di 12 corse. Con molta onestà ha però anche ammesso di aver dovuto ricorrere a piloti paganti per far quadrare i conti, rassegnandosi il più delle volte a far incamerare esperienza alla squadra in attesa di tempi migliori, che potrebbero arrivare già nel 2019, stagione in cui si spera di poter schierare due vetture.

Pilota Kyle Kaiser (USA)
Rene Binder (AUT)
Alfonso Celis Jr. (MEX)
Vettura #32 Binderholz
Motore Chevrolet
Ingegnere  Ernesto Gonella
Stratega  Ricardo Juncos
Capo meccanico

indycar.com, Joe Skibinski
Il Meglio 
  • La grandiosa qualificazione di Kaiser a Indianapolis, dopo aver trovato magicamente 1 mph tra fast friday e bump day
  • Esperienza preziosa in vista del 2019
Il Peggio 
  • Binder e Celis forse non all’altezza e impreparati a debuttare con una squadra così giovane
  • Il botto di Kaiser al primo giro delle qualifiche a Long Beach

 

 

Sei gare nel 2018 per il team Shank e per di più sparpagliate su tutto il calendario. Decisamente troppo poco per costruire la giusta chimica tra auto, squadra e pilota, (specie dopo il ritorno dell’ingegnere Will Anderson al team Schmidt) e ancor di più per capire a pieno il potenziale di questa operazione. Harvey è spesso apparso veloce nelle libere, non riuscendo però a concretizzare il potenziale in qualifica, dove non ha mai superato lo scoglio della Q1. La qualificazione in extremis a Indianapolis ai danni di Hinchcliffe e dei cugini del team Schmidt, rimane tra i momenti migliori dell’anno, cui si sommano quegli ultimi giri della 500 miglia, secondo e in scia di Wilson, nella disperata attesa di una bandiera gialla. La gara più solida è però stata Portland, dove l’inglese era ampiamente in corsa per un posto ai margini della top 5 prima dello sconvolgimento della corsa arrivato con le bandiera gialle. Speriamo di rivedere squadra e pilota impegnati in un programma più consistente nel 2019.

Pilota Jach Harvey (ENG)
Vettura #60 AutoNation/Sirius XM
Motore Honda
Ingegnere Will Anderson
Stratega
Capo meccanico Brian Goslee

Brian Cleary, indycar.com
Brian Cleary, indycar.com
Il Meglio 
  • Una eccellente gara a Portland rovinata dalle bandiere gialle
  • Buon ritmo gara in quasi tutte le corse
  • Il colpaccio sfiorato a Indianapolis
Il Peggio 
  • Come per Pigot, ancora troppa fatica a sfruttare le gomme rosse in qualifica

 

 

Dopo un più che incoraggiante programma part time, la prima stagione completa del team Harding si è rivelata particolarmente difficile. Alle prese con ammortizzatori vecchi quasi di dieci anni rispetto alle costosissime soluzioni sviluppate dai top team, Gabby Chaves si è barcamenato per buona parte della stagione nei piani bassi della classifica, non riuscendo nell’impresa di portare a casa un piazzamento in top ten, apparso possibile a  Portland e St. Louis. Nella seconda metà stagione la squadra, in evidenti difficoltà finanziarie, ha poi messo in macchina Conor Daly, che non ha fatto rimpiangere il colombiano, ben comportandosi sia a Toronto che a Mid Ohio, dove ha a lungo lottato ai margini dei primi 10. La svolta è però arrivata all’ultimo appuntamento di Sonoma, che ha visto il primo passo di un’alleanza con il team Andretti che nel 2019 promette di trasformare la cenerentola del campionato in una costante pretendente per piazzamenti di alta classifica. Armato di ammortizzatori 2018, il campione IndyLights Patricio O’Ward ha dato spettacolo in prova, piazzando la sua vettura in una inusitata seconda fila e chiudendo poi 8° sul traguardo, di gran lunga il miglior risultato dell’anno per il team. Meno fortuna al debutto per Colton Herta, che sarà comunque il compagno del promettente messicano per tutto il 2019.

Pilota Gabby Chaves (COL)
Conor Daly (USA)
Colton Herta (USA)
Patricio O’Ward (MEX)
Vettura #88 Harding Group
Motore Chevrolet
Ingegnere Gerald Tyler
Stratega Brian Barnhart
Capo meccanico Larry Curry

indycar.com, Joe Skibinski
Il Meglio 
  • Strepitoso debutto di O’Ward su una seconda vettura (#8) a Sonoma
  • La qualifica senza troppi patemi di Chaves a Indy
  • Le solide prestazioni di Daly dopo un anno di inattività su stradali e cittadini
Il Peggio 
  • Non essere riusciti a replicare almeno sugli ovali le prestazioni viste nel 2017 (top ten a Indy e Texas)

 

 

5. RACCONTO DELLA STAGIONE

La pioggia che accompagna le qualifiche di St. Petersburg regala subito sorprese, con Robert Wickens a beffare Will Power per la pole e gli altri rookie Leist e King in seconda fila. Al via mentre l’australiano va in testacoda già alla seconda curva, sono proprio i debuttanti ad animare le prime fasi, rallentate da numerosi incidenti alla prima curva. Se Leist e King rimangono però attardati da problemi tecnici, in testa Wickens controlla la rimonta di Alexander Rossi fino all’ultimo restart, quando l’americano esagera in frenata eliminando l’ex pilota Mercedes. A 3 giri dalla fine quindi Bourdais, partito 14° ma a lungo in testa grazie ad una strategia alternativa, si ritrova tra le mani la vittoria, precedendo Rahal e lo stesso Rossi, graziato dai commissari.

Il francese conferma l’ottimo momento di forma centrando la pole nell’appuntamento successivo di Phoenix, dove spreca però tutto con una penalità rimediata al primo pit stop. Se il 4 volte campione non riesce più a risollevarsi dal fondo del gruppo, Alexander Rossi, punito per la stessa infrazione, mette in scena un’incredibile rimonta che lo vede superare per ben due volte l’intero schieramento, sdoppiarsi e risalire fino ai margini della top 5. Ancora più a sorpresa che a St. Pete, a comandare la corsa è il duo Schmidt Wickens-Hinchcliffe, che rimane però beffato da una ripartenza nel finale in cui Newgarden, primo dei piloti con gomme nuove, passa al comando con uno spettacolare sorpasso all’esterno, andando a vincere davanti a un comunque grandioso Wickens e un altrettanto impressionante Rossi.

Il californiano è subito protagonista nelle strade di Long Beach, facendo segnare la pole e poi dominando incontrastato la corsa. Alle sue spalle la battaglia coinvolge soprattutto il duo Dixon-Bourdais, con il francese autore di un clamoroso doppio sorpasso sul rivale. Entrambi rimangono però beffati nel finale da una bandiera gialla, lasciando spazio a Power, che nulla può però per scalfire il dominio di Rossi. Alle loro spalle Ed Jones nega il primo podio in carriera al rookie Veach.

Poco appariscente nelle prime gare, Josef Newgarden conduce il gruppo al via del quarto appuntamento di Barber, flagellato dal maltempo. Sospesa per troppa pioggia dopo il ritiro di Will Power, la corsa riprende sull’asciutto il lunedì ed è dominata dal campione in carica, che è però il primo ad arrischiare il passaggio alle gomme da bagnato quando la pioggia rifà capolino sul circuito dell’Alabama. Tutti in breve sono però costretti a rientrare, compreso Bourdais, che rimane fuori fino all’ultimo con le slicks sperando in una bandiera gialla, che non arriva. Sul traguardo Newgarden precede quindi Hunter-Reay e Hinchcliffe.

Classifica dopo Barber (4/17)
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Josef Newgarden 158 0 4 2 2 2 4 1 106 3 1
2 Alexander Rossi 145 13 4 1 3 3 3 1 77 3 1
3 Sebastien Bourdais 119 39 4 1 1 2 2 1 103 4 1
4 Graham Rahal 119 39 4 0 1 2 4 0 7 1 0
5 James Hinchcliffe 118 40 4 0 1 2 4 0 20 1 0
6 Ryan Hunter-Reay 113 45 4 0 1 3 3 0 7 3 0
7 Scott Dixon 107 51 4 0 0 1 3 0 0 0 0
8 Robert Wickens 97 61 4 0 1 2 2 1 113 2 0
9 Marco Andretti 88 70 4 0 0 0 3 0 0 0 0
10 Will Power 81 77 4 0 1 1 2 0 86 2 0

Dopo in inizio di stagione altalenante, Will Power rimette le cose a posto a Indianapolis, conquistando la pole per l’Indy GP. La gara vive a lungo sul bel duello tra l’australiano e Robert Wickens, fino a quando una bandiera gialla non ricompatta il gruppo. Ad approfittarne è Scott Dixon, partito addirittura 18°, che dopo aver rimontato fino alla top5 si piazza alle spalle di Power, non riuscendo però a negare il terzo successo su 5 edizioni al pilota Penske. Per Wickens arriva comunque l’ennesimo ottimo podio, difeso con i denti nel finale dagli attacchi di Alexander Rossi.

Le qualifiche della Indy500 vedono un dominio Chevrolet, con Ed Carpenter a beffare la corazzata Penske. Mentre Alexander Rossi rimonta spettacolarmente dal fondo, in testa la gara vede l’alternanza tra Carpenter, Kanaan e Power, fino a quando il brasiliano rimane attardato durante una sosta. In testa definitivamente dopo gli ultimi pit stop, nelle fasi finali Power deve solo aspettare lo splash and go di Wilson e Harvey, su una diversa strategia, per riprendere il comando e andare finalmente a vincere la Indy500, precedendo Carpenter, Dixon e Rossi, showman della gara con i suoi incredibili sorpassi all’esterno in ripartenza.

Dalle qualifiche bagnate dell’appuntamento successivo a Detroit emerge Marco Andretti, che dalla pole conduce la corsa per metà distanza, dovendo poi però lasciar spazio al passo superiore di Scott Dixon. Neanche alcune bandiere gialle nel finale impensieriscono il neozelandese, che controlla fino al traguardo Hunter-Reay mentre Andretti si vede soffiare il podio da Rossi.

E’ proprio il californiano il giorno dopo a conquistare la pole per la seconda frazione, impostando una corsa su due soste in cui stacca tutti tranne il compagno di squadra Hunter-Reay che nel finale, sfruttando le gomme fresche garantite da una tattica a tre pit stop, rinviene sul compagno. Determinato a difendere fino all’ultimo il primato, Rossi spiattella però malamente le gomme, gettando al vento il podio con un lungo alla staccata della curva 3. Hunter-Reay si ritrova quindi servito il successo sul piatto d’argento, precedendo nettamente il vincitore di Indy Power e Ed Jones, che ha la meglio sul compagno Dixon.

Classifica dopo Detroit 2 (8/17)
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Will Power 309 0 8 2 4 4 6 1 201 4 0
2 Scott Dixon 304 5 8 1 3 5 7 0 39 1 1
3 Alexander Rossi 298 11 8 1 4 6 6 2 126 6 1
4 Ryan Hunter-Reay 278 31 8 1 3 6 6 0 33 6 2
5 Josef Newgarden 270 39 8 2 2 2 6 1 110 5 1
6 Robert Wickens 232 77 8 0 2 3 6 1 141 5 0
7 Graham Rahal 221 88 8 0 1 3 7 0 24 4 0
8 Marco Andretti 197 112 8 0 0 1 5 1 22 1 0
9 Sebastien Bourdais 194 115 8 1 1 3 3 1 108 6 1
10 Simon Pagenaud 188 121 8 0 0 0 5 0 4 2 0

Dopo il dominio Honda nel feudo del Michigan, i lunghi rettilinei di Road America favoriscono la Chevrolet, che piazza in prima fila Newgarden e Power. L’australiano è però subito costretto alla resa da problemi tecnici, lasciando il campione in carica a difendersi dagli assalti di un nugolo di piloti Honda capeggiato da Hunter-Reay. Pur inseguendo a breve distanza il connazionale, il vincitore uscente non riesce però mai a impostare una manovra di sorpasso, dovendosi guardare nel finale dal ritorno di Dixon, autore di una bella rimonta dopo una qualifica deludente. Newgarden conquista quindi il terzo successo mentre Rossi perde punti preziosi, frenato da guai a una sospensione dopo alcuni duelli rusticani con Sato e Wickens, che chiudono fuori dal podio.

La Penske replica la prima fila, ma a ruoli invertiti, in Iowa, dove Power conduce le prime fasi, lasciando poi spazio a Newgarden, che domina a lungo. Mentre i principali contendenti al titolo rimangono attardati per via di assetti poco competitivi, alle spalle del campione in carica si assiste a una bella battaglia tra Hinchcliffe, Pigot e Sato, fino a quando il canadese trova il guizzo giusto per staccare i rivali e sfilare il comando a Newgarden nel traffico. Anche Wickens negli ultimi giri trova la via del podio, ma una bandiera gialla nel finale inganna lui e Newgarden, che rientrando per cambiare gomme in vista di una bandiera verde che non arriva consegnano i posti sul podio dietro Hinchcliffe a Pigot e Sato.

Il pilota Penske si rifà parzialmente nelle strade di Toronto, soffiando la pole a Scott Dixon e conducendo le prime fasi. Un errore di valutazione lo spedisce però contro il muro in una ripartenza. Altri errori e disavventure dei principali contendenti al titolo rendono poi trionfale la giornata di Dixon, che tiene il comando fino alla bandiera scacchi mentre alle sue spalle Pagenaud contiene con le buone e con le cattive gli attacchi di Wickens, all’ennesimo podio di una grande stagione d’esordio.

Classifica dopo Toronto (12/17)
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Scott Dixon 464 0 12 3 6 8 10 0 209 4 1
2 Josef Newgarden 402 62 12 3 3 4 9 4 476 9 2
3 Alexander Rossi 394 70 12 1 5 7 9 2 133 7 1
4 Ryan Hunter-Reay 373 91 12 1 4 8 8 0 33 6 2
5 Will Power 371 93 12 2 4 4 7 2 225 6 2
6 Robert Wickens 339 125 12 0 3 6 9 1 172 6 0
7 Simon Pagenaud 320 144 12 0 2 2 9 0 31 4 0
8 Graham Rahal 313 151 12 0 1 3 10 0 29 5 0
9 James Hinchcliffe 312 152 11 1 2 5 9 0 65 2 0
10 Marco Andretti 266 198 12 0 0 1 6 1 22 1 0

Dopo i misfatti di Toronto, la reazione di Alexander Rossi non si fa attendere a Mid Ohio, dove l’americano centra la pole position e poi domina la corsa, unico nel gruppo di testa a impostare con successo una tattica su due soste. Secondo sul traguardo, il solito Wickens ha la meglio sul gruppetto composto da Power, Newgarden e un poco incisivo Dixon. Strepitosa la rimonta di Bourdais, che in una corsa priva di neutralizzazioni risale a suon di sorpassi dal fondo del gruppo  fino alla sesta piazza.

L’ennesima prima fila Penske a Pocono viene in breve spazzata via dal solito Rossi, che passa a condurre a metà del primo giro, prima che un duello troppo acceso tra Hunter-Reay e Wickens sfoci in un incidente a catena in curva 2. Impennatasi sul relitto del rivale la vettura del canadese impatta infatti con terrificante violenza contro le reti di contenimento, spargendo ovunque detriti. Solo dopo un’interminabile ora arriva la notizia che il rookie è sveglio e cosciente (nonostante estese fratture la cui gravità rimane ancora non del tutto indeterminata), e un’altra ne dovrà passare prima che la pista sia pronta per riprendere le ostilità. Alla bandiera verde Rossi domina poi sul gruppo di superstiti, vincendo la non troppo convinta resistenza di Power, secondo davanti al redivivo Dixon, che risolve a suo favore un lungo duello con Bourdais.

Di ben altra intensità è l’appuntamento successivo di St. Louis, dove la pioggia cancella le qualifiche e per metà gara Dixon guida un compatto terzetto che comprende i rivali per il titolo Power e Rossi. Una bandiera gialla nel finale trasforma però la contesa in un sfida strategica in cui l’australiano, effettuando il rabbocco finale per primo ha la meglio, riprendendo negli ultimi giri il comando da Rossi, che però evitando lo splash and go rosicchia punti preziosi al capo classifica Dixon, terzo dopo aver ritardato troppo la sosta.

Classifica dopo St. Louis (15/17)
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Scott Dixon 568 0 15 3 8 11 13 1 357 6 2
2 Alexander Rossi 542 26 15 3 8 10 12 3 383 # 1
3 Will Power 500 68 15 3 7 7 10 3 343 9 3
4 Josef Newgarden 490 78 15 3 3 6 12 4 476 9 2
5 Ryan Hunter-Reay 421 147 15 1 4 8 9 0 33 6 2
6 Simon Pagenaud 400 168 15 0 2 3 12 0 31 4 0
7 Robert Wickens 391 177 14 0 4 7 10 1 187 7 0
8 Graham Rahal 371 197 15 0 1 3 12 0 29 5 0
9 James Hinchcliffe 353 215 14 1 2 5 9 0 65 2 0
10 Sebastien Bourdais 334 234 15 1 1 4 6 1 108 6 2

L’ennesima brutta qualifica sugli stradali complica ancora la situazione del neozelandese, che a Portland rimane coinvolto in un incidente a catena al primo giro, che vede Andretti volare sulle teste di Rahal e Jones. Incredibilmente il quattro volte campione se la cava però senza danni, mentre alla ripartenza il polesitter Will Power rimane attardato da problemi al cambio. Sembrerebbe quindi arrivato il gran giorno di Alexander Rossi, ma due bandiere gialle sfortunate capovolgono la classifica, spedendo l’americano in fondo al gruppo e Dixon addirittura in zona podio. A beneficiare più di tutti del rimescolamento è però Sato, che passa al comando e nelle ultime fasi è bravo a contenere Hunter-Reay e Bourdais, portando a casa un insperato successo. Dixon chiude invece la sua miracolosa giornata al quinto posto mentre Rossi riesce a limitare i danni, risalendo nel finale fino all’ottava piazza.

Classifica dopo Portland (16/17)
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Scott Dixon 598 0 16 3 8 12 14 1 357 6 2
2 Alexander Rossi 569 29 16 3 8 10 13 3 415 # 1
3 Josef Newgarden 511 87 16 3 3 6 13 4 484 # 2
4 Will Power 511 87 16 3 7 7 10 4 354 # 3
5 Ryan Hunter-Reay 462 136 16 1 5 9 10 0 52 7 2
6 Simon Pagenaud 428 170 16 0 2 3 13 0 31 4 0
7 Robert Wickens 391 207 14 0 4 7 10 1 187 7 0
8 Graham Rahal 378 220 16 0 1 3 12 0 29 5 0
9 Sebastien Bourdais 369 229 16 1 2 5 7 1 108 6 2
10 James Hinchcliffe 361 237 15 1 2 5 9 0 65 2 0

Si arriva quindi all’epilogo di Sonoma con il neozelandese in vantaggio di 29 punti sull’americano, le cui speranze sono però alimentate dai punti doppi assegnati nell’appuntamento finale. Mentre Dixon accompagna Hunter-Reay in prima fila, una strana tattica relega però Rossi al sesto posto in griglia, conducendo a un errore al primo giro in cui il californiano rimedia una foratura in un contatto con il compagno Andretti. Con il rivale tranquillo in seconda posizione, Rossi veleggia a lungo sull’orlo del doppiaggio, fino a quando una bandiera gialla non ricompatta il gruppo, dando un’ultima occasione allo sfidante. Nonostante una rimonta spiritata, Rossi non va però oltre il quinto posto, insufficiente a mettere a rischio la leadership di Dixon, che chiudendo secondo dietro il dominatore Hunter-Reay porta a casa il quinto titolo in carriera.

Classifica finale
Pos. Pilota Punti Distacco Corse Vittorie Podi Top 5 Top 10 Poles LL L GPV
1 Scott Dixon 678 0 17 3 9 13 15 1 357 6 3
2 Alexander Rossi 621 57 17 3 8 10 14 3 415 11 1
3 Will Power 582 96 17 3 8 8 11 4 358 11 3
4 Ryan Hunter-Reay 566 112 17 2 6 10 11 1 132 8 2
5 Josef Newgarden 560 118 17 3 3 6 14 4 485 11 2
6 Simon Pagenaud 492 186 17 0 2 4 14 0 31 4 0
7 Sebastien Bourdais 425 253 17 1 2 5 8 1 108 6 2
8 Graham Rahal 392 286 17 0 1 3 12 0 29 5 0
9 Marco Andretti 392 286 17 0 0 2 8 1 22 1 0
10 James Hinchcliffe 391 287 16 1 2 5 9 0 65 2 0
11 Robert Wickens 391 287 14 0 4 7 10 1 187 7 0
12 Takuma Sato 351 327 17 1 2 4 8 0 32 3 0
13 Ed Jones 343 335 17 0 2 2 8 0 1 1 0
14 Spencer Pigot 325 353 17 0 1 2 5 0 4 2 0
15 Zach Veach 313 365 17 0 0 2 5 0 2 1 1
16 Tony Kanaan 312 366 17 0 0 0 4 0 20 2 0
17 Charlie Kimball 287 391 17 0 0 1 6 0 1 1 0
18 Matheus Leist 253 425 17 0 0 0 0 0 0 0 0
19 Max Chilton 223 455 17 0 0 0 0 0 10 1 0
20 Gabby Chaves 187 491 13 0 0 0 0 0 0 0 0
21 Ed Carpenter 187 491 6 0 1 1 4 1 66 2 0
22 Jordan King 175 503 11 0 0 0 0 0 11 2 0
23 Zachary Claman De Melo 122 556 9 0 0 0 0 0 7 1 1
24 Jack Harvey 103 575 6 0 0 0 0 0 0 0 0
25 Carlos Munoz 95 583 3 0 0 0 1 0 4 1 1
26 Pietro Fittipaldi 91 587 6 0 0 0 1 0 0 0 0
27 Santino Ferrucci 66 612 4 0 0 0 0 0 0 0 0
28 Rene Binder 61 617 6 0 0 0 0 0 0 0 0
29 Conor Daly 58 620 4 0 0 0 0 0 0 0 0
30 Kyle Kaiser 45 633 4 0 0 0 0 0 2 1 0
31 Patricio O’Ward 44 634 1 0 0 0 1 0 0 0
32 Helio Castroneves 40 638 2 0 0 0 1 0 0 0 1
33 JR Hildebrand 38 640 1 0 0 0 0 0 0 0 0
34 Stefan Wilson 31 647 1 0 0 0 0 0 3 1 0
35 Oriol Servia 27 651 1 0 0 0 0 0 16 1 0
36 Alfonso Celis Jr 23 655 2 0 0 0 0 0 0 0 0
37 Colton Herta 20 658 1 0 0 0 0 0 0 0
38 Danica Patrick 13 665 1 0 0 0 0 0 0 0 0
39 Jay Howard 12 666 1 0 0 0 0 0 0 0 0
40 James Davison 10 668 1 0 0 0 0 0 0 0 0
41 Sage Karam 10 668 1 0 0 0 0 0 0 0 0