La tradizionale scorpacciata del mese di maggio è ormai prossima al suo epilogo che, meteo permettendo, dovrebbe arrivare alle 18.20 (ora italiana) di questo pomeriggio con la bandiera verde della 101° Indianapolis 500. Come raccontato dall’esperienza vissuta in prima persona infatti, la corsa è solo la ciliegina sulla torta di una imponente sequenza di attività che trasformano il mese di maggio nella grande festa popolare dell’Indiana. Sportivamente parlando però che maggio è stato?
Il Gran premio, che riempie solo parzialmente il vuoto lasciato dalla decurtazione delle prove della 500 miglia, ha restitutito un po’ di “giustizia sportiva” al campionato, regalando una corsa lineare in cui Will Power ha finalmente potuto mettere a frutto il chiaro potenziale mostrato a Barber e Phoenix, centrando un successo perentorio che lo rilancia in chiave titolo. Il 2017 di Scott Dixon ha preso invece una piega opposta a quanto visto negli ultimi anni: nessuna vittoria ma grande consistenza fanno apparire il neozelandese come l’iniziale favorito per il titolo. Non è però lui a guidare la classifica, bensì Simon Pagenaud, altrettanto consistente in termini di risultati, ma ancora alla ricerca della fiducia nella monoposto che lo aveva reso quasi imbattibile nel 2016. Il francese ha chiuso il GP al quarto posto alle spalle di Hunter-Reay, come Power beneficiario di una corsa finalmente priva di contrattempi. La top 5 è poi stata chiusa da un Castroneves ancora velocissimo ma mai in grado, per questioni tecniche e/o strategiche, di condurre l’intera corsa sullo stesso alto livello di prestazione, che significa far rendere entrambe le mescole di gomme Firestone.
Chiuso il capitolo GP, è poi iniziata la preparazione per la 500 miglia. Una settimana di prove osteggiata a tratti dal vento e dalla pioggia, che hanno reso quasi inutile il terzo giorno di prove, oltre a cancellare buona parte del sabato di qualifiche. Nove giorni di prove interessanti, seppur privi di clamorose sorprese. Gli equilibri tecnici affermatisi hanno infatti ricalcato quanto visto nel 2016, con la Honda padrona della prestazione pura e una Chevrolet che contiene i danni, puntando tutto sul passo gara. La novità principale rispetto alla passata stagione si chiama affidabilità. Non potendo recuperare sul campo aerodinamico per via del congelamento degli aerokits, si dice che la Honda stia spremendo l’impossibile, tramite tarature elettroniche estremamente aggressive, dai suoi V6 bi-turbo, e se diverse avvisaglie si erano viste nelle corse precedenti (vedi la morìa delle vetture Andretti a Long Beach), il mese di maggio ha visto saltare ben 8 unità giapponesi, alcune a fine vita, altre appena sostituite. Come se non bastasse alcuni motori sono stati vittima di problemi noti, altri ne hanno presentato di nuovi e imprevisti, lasciando nel dubbio la HPD sulle cause, che potrebbero risiedere nei materiali o nell’assemblaggio.
Verosimilmente alcune vetture Chevrolet avranno la velocità per competere in gara con le migliori Honda, ma la casa americana e le sue squadre non hanno fatto segreto di puntare sui problemi dei rivali per essere là davanti nei giri che contano. È comunque impensabile che nessuno dei principali alfieri Honda veda il traguardo. Perché la situazione non è così catastrofica, tanto che alcune squadre non hanno avuto alcun problema di affidabilità. Perché il numero di piloti Honda in grado di vincere è impressionante. Dopo i tre anni del team Ganassi tra le file Chevy che avevano lasciato sulle spalle dei soli Rahal e Hunter-Reay le speranze di vittoria Honda, con una nettissimo divario di qualità tra i due schieramenti, il ritorno del manager di Pittsburgh, unito alla ritrovata competitività (seppur ad alto costo) delle vetture “giapponesi”, ha completamente ribaltato il tavolo.
Se la Penske è normalmente un “esecutore” più che affidabile (3 vittorie su 5 corse parlano da sole), il team del Capitano non ha esattamente impressionato nelle prove, per quanto il Carb Day chiuso in testa da Castroneves con i compagni non lontani, facciano ben sperare. Il tonfo in qualifica (Will Power, il migliore, in terza fila) della compagine con base a Mooresville è stato compensato in casa Chevy dal team Carpenter. Patron Ed ha infatti lottato per la pole, replicando la bella prestazione di Newgarden nel 2016, con Hildebrand come sempre buona spalla in seconda fila. Nonostante le due pole (2013, 2014) il pilota dell’Indiana è ancora alla ricerca della prima corsa positiva a Indy dal 2008, cercando di evitare errori banali o rimanere indietro nel momento decisivo. Stesso discorso per Hildebrand, buon terzo a Phoenix e potenzialmente della partita nelle ultime fasi, a patto di evitare leggerezze come la tamponata del 2016 a Castroneves.
Leader del Carb Day, nonostante la posizione di partenza (19°) il brasiliano guiderà la carica del team Penske, cercando di risalire progressivamente alla ricerca del tanto sospirato quarto centro al Brickyard. Pagenaud, deludente in qualifica, è comuque atteso tra i protagonisti, sicuro di avere una macchina competitiva come nel 2016, dove solo un problema di misfire lo ha estromesso dalla lotta per la vittoria. Subito fuori nella passata edizione, Montoya ha puntato tutto sulla gara, dicendosi soddisfatto dei progressi compiuti dalla sua vettura. Partirà 18° ma le rimonte per lui non sono certo un problema. Qualche incognita in più la presenta invece Newgarden, violentemente a muro nel secondo giorno di prove. Il pilota del Tennesse partirà 22°, una posizione davanti a Pagenaud. Il più avanzato dei piloti del Capitano sarà come detto Will Power. L’australiano, già vincitore di due 500 miglia in carriera (Fontana 2014, Pocono 2016), ha già dimostrato di saper gestire la complessità di gare così lunghe. A parte un 2015 quasi perfetto, il suo rapporto con Indianapolis è però sempre stato conflittuale, tra errori della squadra (2010, 2011), incidenti incolpevoli (2012) e prestazioni sottotono (2013, 2016). Consistente nelle prove, sbloccatosi nel GP, il campione 2014 potrebbe fare il colpo grosso proprio nell’anno in cui forse è meno atteso.
Tra le altre squadre Chevrolet, Sage Karam potrebbe essere la sorpresa. Positivo al debutto nel 2014, la passata stagione il pilota della Pennsylvania è stato tra i protagonisti fino a metà gara, prima di abboccare clamorosamente all’amo tesogli da Towndend Bell, finendo scioccamente contro il muro della curva 1. Se saprà stare fuori dai guai, specie nei primi giri, il pilota Lexus (in IMSA) potrebbe davvero puntare a un gran risultato nel finale, in grado magari di valergli il biglietto di ritorno nel campionato. Poche speranze invece per gli altri. Le vetture del team Foyt sono apparse desolatamente lente, proprio come nel resto del campionato, per cui difficilmente vedremo Carlos Munoz proseguire la sua impressionante striscia di risultati allo Speedway. Chissà che qualcosa in più possa invece combinare Conor Daly, in difficoltà in qualifica ma piuttosto in palla nel Carb Day.
Il team Juncos, al debutto assoluto, non ha evidenziato progressi significativi nell’arco della settimana. Il brutto incidente di Spencer Pigot nel quarto giorno di prove non ha poi aiutato la situazione, ma il giovane californiano è stato poi bravo a riprendersi in qualifica, correndo non pochi rischi per strappare un posto davanti al compagno Saavedra. Davanti al colombiano anche il solito stoico Buddy Lazier, chiamato ancora una volta a riempire la griglia e come sempre più che decoroso in un team autogestito. Il vincitore 1996 si è preso il lusso di mettersi dietro anche Zach Veach, al debutto a Indy con il team Foyt e autore di un brutto incidente pochi minuti dopo il botto di Pigot.
Gabby Chaves, alla terza partecipazione, si è comportato abbastanza bene, mettendo in mostra una discreta velocità in chiave gara e piazzando la vettura del debuttante team Harding (schierata in collaborazione con il team Dreyer&Reinbold, che già segue Karam) al 25° posto.
Sul fronte Honda non si può non cominciare parlando di Scott Dixon. Il vincitore 2008 ha portato a casa una pole position straordinaria, vincendo le paure di una vettura troppo scarica e fidandosi ciecamente del suo ingegnere Chris Simmons. La guida chirurgica sul filo del disastro ha fruttato una media record per questa generazione di vetture, la prima pole position sopra le 232 mph dal 1996. Numeri capaci di infiammare il pubblico e ricordare, molto modestamente, i boati di quando Tom Carnegie era solito pronunciare il suo marchio di fabbrica: “it’s a neeew traaaack recooooord!!!”. Sarà il neozelandese in grado di replicare in gara? Difficile, perché nonostante la vittoria del 2008 Dixon non ha mai realmente brillato a Indianapolis, portando a casa meno di quanto il materiale a disposizione avrebbe permesso. Come detto altre volte il 4 volte campione IndyCar è un talento straordinario, ma non ha forse la necessaria cattiveria per fare a spallate nella ressa quasi da pack racing in cui si sono trasformati gli ultimi giri della Indy500 dall’introduzione della DW12. Se il motore reggerà, e il team Ganassi è stato fra i pochi a non avere problemi in tal senso, Dixon sarà della partita e se dovesse farcela…felici di essere smentiti, la sua leggenda crescerà ancora di più.
Chi non ha problemi a fare a ruotate è invece Tony Kanaan. Deluso in qualifica ma comunque in terza fila, il brasiliano è secondo forse solo a Tomas Scheckter nella quantità di vetture sorpassate all’esterno in partenza e ripartenza. Sarà però importante canalizzare questa carica competitiva nel finale, evitando dispersioni ed errori, come accaduto nel 2015. Kimball e Chilton, veloci a sprazzi nelle libere e autori di prove molto generose in qualifica, si sono comunque tenuti ben lontani dalle velocità di Dixon, ma rimangono dei buoni out siders. Il californiano in particolare ha già dimostrato nel 2015 di saper venire fuori al momento giusto.
Dopo una settimana di prove contrastante e una prima qualifica mediocre, il team Rahal si è rimesso in carreggiata domenica scorsa con una grande prova di Oriol Servia. Lo spagnolo, punito da un assetto troppo aggressivo nella sessione del sabato, ha poi infilato 4 giri sorprendentemente veloci la domenica, dando una bella svolta al mese della squadra, già ringalluzzita comunque dal bel sesto posto di Graham nel GP. I due partiranno in quarta e quinta fila e, considerando l’ottimo passo mostrato nelle ultime due sessioni libere, sono due “dark horses” di tutto rispetto. Servia ha già dimostrato nel 2011 e 2012 di sapersi fare largo nel finale e conquistare buoni risultati anche con vetture modeste. Rahal è il pilota da battere negli arrivi concitati, come dimostra la strepitosa affermazione di Texas 2016.
Chi è completamente mancato all’appello per ora, soprattutto in qualifica, è il team Schmidt, passato dall’avere tre vetture in Fast Nine nel 2016, al 13° posto in griglia di Aleshin quest’anno. Una perdita di competitività che ha spiazzato la stessa squadra e il poleman 2016 Hinchcliffe, che si è comunque detto fiducioso in ottica gara, dove più che la velocità pura conterà la consistenza nel traffico e nell’arco di uno stint.
La vera sorpresa delle prove è però stata il team Coyne, che piazza Ed Jones in quarta fila. Il pilota degli Emirati, autore del giro più veloce del mese a oltre 233 mph di media, ha impressionato la sua stessa squadra per l’adattabilità e la sicurezza mostrate. Un rapporto con gli ovali inizialmente difficile per Jones, al debutto assoluto in IndyLights nel 2015 col team Carlin, che è però poi migliorato fino alla Freedom 100 persa al fotofinish nel 2016 contro Dean Stoneman. Il campione IndyLights in carica sarà sicuramente tra gli osservati speciali. Chi poteva invece recitare il ruolo di favorito per la corsa è Sebastien Bourdais. Il francese, apparso a suo agio allo Speedway come mai in carriera, è passato in pochi secondi da una sicura pole position a un incidente catastrofico, a cruda testimonianza di quanto il limite tra giro perfetto e disastro rimanga sempre tremendamente sottile in una Indy comunque anestetizzata da troppa deportanza e poca potenza. Le fratture al bacino riportate hanno quindi costretto il quattro volte campione ChampCar a dare forfait, dovendo rinunciare anche a un campionato in cui, nonostante gli incolpevoli ritiri delle ultime due prove, avrebbe comunque recitato un ruolo da protagonista. Il francese sta comunque recuperando a ritmi sorprendenti, cosa che potrebbe permettergli di disputare le ultime corse dell’anno. Il suo posto a Indy verrà preso da James Davison, al ritorno allo Speedway dopo le esperienze del 2014 e 2015, che prenderà il via dopo aver messo insieme solo 90 minuti di prove nel Carb Day.
Chiudiamo parlando del team favorito, ovvero i campioni in carica del team Andretti. Dopo aver messo in mostra un bel salto in avanti su stradali e cittadini, il team del campione CART ’91 ha confermato la superiorità mostrata nel 2016, schierando 6 vetture quasi equamente competitive. Presente in Fast Nine con quattro piloti, la squadra ha mancato la pole, lanciando però chiari segnali in tutte le sessioni di prova. Qualunque fossero le condizioni, le vetture di Michael si sono dimostrate estremamente competitive. Alexander Rossi guida la carica dall’esterno della prima fila. Il vincitore uscente ha condotto un mese impeccabile, risultando quasi sempre tra i più veloci e dando grande prova di sé in qualifica. Primo ad uscire dopo il tremendo botto di Bourdais, con la pista piena di filler il californiano non ha battuto ciglio, scalzando Scott Dixon dalla vetta della classifica per poi essere battuto da Sato e Carpenter, in pista in condizioni più favorevoli. Circostanze straordinarie hanno ridotto l’attenzione sul campione in carica, ma Rossi ha la velocità e ora anche l’esperienza per poter puntare al bis. Il pelo non gli manca.
Takuma Sato ha guidato come sempre al limite tra aggressività e follia, colpendo per due volte il muro nell’ultima sessione di qualifica, senza mai togliere il piede dall’acceleratore, incurante delle possibili conseguenze. Sempre veloce in prova, come abbiamo scritto nella presentazione della stagione ha tutto per puntare al successo soffiatogli da Franchitti nel 2012, a patto di usare il cervello quando verrà il momento di prendere decisioni difficili.
Marco Andretti quest’anno ha limitato le dichiarazioni bellicose al minimo sindacale, concentrandosi sul lavoro di assetto. Poco incisivo in qualifica, dovrebbe avere tutti gli strumenti per puntare al successo. Sarà però fondamentale limitare quell’emotività che lo porta a passare metà gara urlando per radio, rimanendo invece concentrato sulla sua vettura, come fatto durante il mese. Fondamentale sarà quindi l’azione “calmante” di Bryan Herta, già protagonista nel successo 2016 di Rossi.
Un sorteggio sfortunato ha negato a Ryan Hunter-Reay la possibilità di lottare per la pole, ma il vincitore 2014 ha messo in chiaro in ogni sessione che chiunque punti al successo, dovrà fare i conti con lui. Veloce, esperto, concentrato, con Rahal e Montoya forse il più temibile avversario in caso di shoot out finale, il campione 2012 rimane la punta della squadra, salvo imprevisti come lo sciagurato incidente ai box del 2016.
Al volante di una vettura schierata da Andretti insieme a Michael Shank, per Jack Harvey è stato un debutto a Indianapolis piuttosto travagliato. A muro incolpevolmente il primo giorno, il suo apprendistato ha subito un ulteriore rallentamento per via di un motore Honda andato in fumo. Dopo una qualifica in versione “samurai”, con una toccata al muro della curva 2 tutt’altro che leggera, il due volte vice campione IndyLights ha mostrato un discreto passo nelle due ultime giornate di prove, seppur ancora un po’ distante dai tempi di Rossi e Sato.
L’unico reale centro dell’attenzione è stato però, inevitabilmente, Fernando Alonso. Il due volte campione del mondo ha condotto un mese di maggio impeccabile, adattandosi magnificamente alle tante insidie delle corse su ovali. Superato lo shock del primo giro “wide open”, l’asturiano ha guidato come un veterano, senza mai forzare la situazione, procedendo per gradi. Assistito da una squadra di grande esperienza, da un coach d’eccezione come Gil De Ferran (“il mio Yoda”, come lo definisce Pagenaud) e da un pacchetto Honda in gran forma, lo spagnolo si è inserito senza troppa fatica nei piani alti della classifica. Non è tanto la velocità a stupire, quanto la maestrìa con cui l’alfiere McLaren ha subito imparato a gestire il traffico, il vento, le turbolenze. Lo si è visto buttarsi in mezzo a due vetture, scendere sistematicamente sotto la riga bianca, superare di slancio e allontanarsi senza fatica, guidare sotto l’ala posteriore delle altre macchine e addirittura mettere a segno sorpassi nelle short chute, i brevi rettilinei tra le curve 1 e 2, 3 e 4. Una manovra rara e che richiede fiducia nell’altro pilota e non pochi attributi. Alonso non è però un rookie normale, e non si tratta solo di esperienza o titoli vinti. È l’incredibile applicazione e dedizione, la volontà di tentare tutto il possibile e non lasciare nulla al caso che lasciano stupefatti (ma non troppo data la natura del personaggio). Ogni mattina prima delle prove lo spagnolo si è sottoposto a intense sessioni (oltre due ore) al simulatore Honda, provando nuove traiettorie, simulando situazioni di gara, ingressi ai box ecc. Già prima di fare il rookie test ha passato settimane a guardare 20/25 delle precedenti edizioni della corsa, cercando di carpire non tanto i segreti di guida, ma le dinamiche della corsa e le strategie. Una volta arrivato a Indy ha poi guardato ancora tutte le corse con Gil De Ferran, discutendo e valutando ogni possibile situazione, ogni possibile alternativa. Oltre a studiare per settimane dati tecnici sugli anni passati fornitigli dal team e dalla Honda, si è poi fatto preparare dagli ingegneri McLaren uno studio statistico sullo sviluppo storico delle corse, con dati sull’incidenza delle bandiere gialle, il numero di soste, il numero di giri di gara libera, l’andamento delle vetture nell’arco della gara e dei singoli stints. Insomma quella dello spagnolo è stata una preparazione maniacale con un unico scopo, vincere la 500 miglia al primo colpo e poi puntare alla 24 ore di Le Mans.
Ci riuscirà? Difficile a dirsi. L’ex pilota Ferrari ha preparato tutto il possibile, ma verosimilmente certe dinamiche le vivrà solo in gara, quando la competizione con gli altri piloti si farà via via sempre meno amichevole e negoziare un sorpasso fianco a fianco significherà essere disposti a fare la curva con due ruote sullo sporco. Rispetto alle prove Alonso dovrà poi fare i conti con una pista in cui i riferimenti usati per 10 giorni non varranno più, mascherati dalla enorme marea umana che riempie le tribune e rende improvvisamente il nastro d’asfalto ancora più stretto e soffocante. Dovrà poi fare i conti con la pit lane più affollata della sua carriera, un posto dove la corsa si è talvolta vinta, ma molto più spesso persa.
Turno unico di prove libere senza particolari sorprese, con una superiorità Chevrolet piuttosto netta, conformemente a quanto visto nei test pre stagionali. Una perdita di carburante ha fortemente limitato il tempo in pista di Ed Carpenter, mentre Marco Andretti è stato rallentato da problemi elettrici che sembrano non voler abbandonare la sua vettura.
Phoenix – Libere
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
00:19.1517
–.—-
2
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
00:19.1944
0.0427
3
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
Hitachi
00:19.2786
0.1269
4
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
00:19.2799
0.1282
5
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
00:19.3073
0.1556
6
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
00:19.3590
0.2073
7
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
00:19.3824
0.2307
8
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
00:19.4438
0.2921
9
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
00:19.4753
0.3236
10
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
00:19.4955
0.3438
11
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
00:19.6256
0.4739
12
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
United Rentals
00:19.6551
0.5034
13
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
00:19.6982
0.5465
14
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
00:19.7405
0.5888
15
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa/Castrol
00:19.8220
0.6703
16
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
00:19.8359
0.6842
17
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
00:19.8699
0.7182
18
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
00:19.8742
0.7225
19
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
Oberto
00:19.9807
0.8290
20
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
00:20.1333
0.9816
21
Ed Carpenter
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
00:20.1701
1.018
Dominio Chevrolet anche in qualifica, con Helio Castroneves che replicando la pole del 2016 partirà al palo per la seconda volta nella stagione. Il dominio Penske, sancito dalla seconda posizione di Power, è stato interrotto solo da J.R. Hildebrand, di ritorno dopo l’infortunio alla mano rimediato a Long Beach. Il californiano ha preceduto il vincitore di Barber Newgarden e il campione in carica Pagenaud. Tony Kanaan, ancora una volta affiancato dal suo storico ingegnere Eric Cowdin (Todd Malloy è passato a seguire la vettura di Kimball), è stato il più veloce della pattuglia Honda, piazzandosi in sesta piazza dopo aver rimediato quasi mezzo secondo in due giri.
Phoenix – Qualifica
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Giro 1
Giro 2
Tempo totale
Distacco
1
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
18.884
18.870
00:37.7538
194.905
2
Will Power
Penske
Chevrolet
12
19.019
18.908
00:37.9266
0,17280
3
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
18.976
18.971
00:37.9471
0,19330
4
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
19.026
18.968
00:37.9933
0,23950
5
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
19.024
19.021
00:38.0449
0,29110
6
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
19.122
19.096
00:38.2178
0,46400
7
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
19.162
19.098
00:38.2599
0,50610
8
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
19.171
19.145
00:38.3151
0,56130
9
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
19.269
19.179
00:38.4478
0,69400
10
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
19.242
19.214
00:38.4554
0,70160
11
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
19.254
19.233
00:38.4866
0,73280
12
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
19.269
19.298
00:38.5663
0,81250
13
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
19.360
19.215
00:38.5725
0,81870
14
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
19.303
19.311
00:38.6136
0,85980
15
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
19.372
19.274
00:38.6461
0,89230
16
Ed Jones
Coyne
Honda
19
19.382
19.340
00:38.7226
0,96880
17
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
19.430
19.342
00:38.7721
1,01830
18
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
19.394
19.380
00:38.7736
1,01980
19
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
19.494
19.378
00:38.8715
1,11770
20
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
19.538
19.492
00:39.0291
1,27530
21
Ed Carpenter
Carpenter
Chevrolet
20
19.706
19.779
00:39.4849
1,73110
Phoenix – Griglia di partenza
Pos.
Pilota
Tempo
Pilota
Tempo
1
Helio Castroneves
00:37.7538
2
Will Power
00:37.9266
3
JR Hildebrand
00:37.9471
4
Josef Newgarden
00:37.9933
5
Simon Pagenaud
00:38.0449
6
Tony Kanaan
00:38.2178
7
Mikhail Aleshin
00:38.2599
8
Scott Dixon
00:38.3151
9
Marco Andretti
00:38.4478
10
Sebastien Bourdais
00:38.4554
11
James Hinchcliffe
00:38.4866
12
Ryan Hunter-Reay
00:38.5663
13
Max Chilton
00:38.5725
14
Charlie Kimball
00:38.6136
15
Alexander Rossi
00:38.6461
16
Ed Jones
00:38.7226
17
Graham Rahal
00:38.7721
18
Takuma Sato
00:38.7736
19
Carlos Munoz
00:38.8715
20
Conor Daly
00:39.0291
21
Ed Carpenter
00:39.4849
Una corsa insulsa, non ci sono molti altri aggettivi per descrivere il quarto appuntamento del campionato IndyCar. Tornata sull’ovale di Phoenix nel 2016, la serie aveva dato vita a una gara prevedibile e noiosa, a causa di un carico aerodinamico così esagerato da permettere ai piloti di girare in pieno quasi in ogni condizione. Venendo meno anche un consistente degrado degli pneumatici, a causa dell’eccessivo carico verticale agente su una mescola forse troppo dura di suo, la gara si era trasformata in una stucchevole processione a 300 all’ora di media, in cui anche un doppiaggio diventava un’impresa, figuriamoci un sorpasso per la posizione. Finita la corsa, per il 2017 quasi tutti auspicavano un cambiamento nel pacchetto tecnico, in modo da dare vita a una corsa vera, impegnativa per i piloti e in grado di creare un buon spettacolo, fondamentale per ricreare una solida base di pubblico. In vista dei test pre stagionali di febbraio però l’indyCar ha clamorosamente fatto marcia indietro, confermando il pacchetto ad alto carico nella speranza che un mescola leggermente diversa e una conoscenza più approfondita degli aerokit avrebbero fatto il miracolo. Così non è stato, e anche la corsa di sabato scorso si è trasformata in una infernale processione, con cinque vetture Chevrolet in fuga e il resto del gruppo, leggasi Honda, in affannoso inseguimento, con i sorpassi in pista che nelle due ore di gara si sono contati sulle dita di una mano.
L’incidente innescato alla prima curva da Mikhail Aleshin poi non ha certo aiutato a rendere più interessante la competizione. Il russo ha perso il posteriore in mezzo al gruppo, finendo per travolgere il capo classifica Sebastien Bourdais. Ingannati dal fumo, Andretti e Chilton sono a loro volta finiti in testacoda, non lasciando scelta a Rahal, che non ha potuto evitare il contatto con la vettura dell’inglese. Dopo una lunga bandiera gialla, Castroneves ha comandato il gruppo dei 16 superstiti fino al primo pit stop, che ha visto Will Power balzare al comando dalla quarta piazza, davanti al brasiliano, con Pagenaud e Newgarden poco più indietro. Una sosta non entusiasmante ha invece costretto Hildebrand a farsi largo tra Kanaan, Dixon e Hinchcliffe per recuperare fino al quarto posto, superando poi anche Newgarden, in difficoltà dopo un leggero contatto con Castroneves.
Il secondo turno di soste, arrivato tra il 130° e il 140° giro, ha deciso la gara. Dopo aver visto Alexander Rossi costretto al ritiro per aver strisciato contro il muro della curva 4, il team Andretti ha perso la vettura di Sato in un impatto ben più violento, causato forse dal cedimento della gomma anteriore destra. L’incidente del giapponese è però arrivato mentre Power, Castroneves e Hildebrand effettuavano la seconda sosta, con Pagenaud invece ancora in pista in virtù di un consumo leggermente migliore. Una volta aperta la pit lane, il francese ha a sua volta effettuato il secondo pit stop, tornando in pista comodamente al comando. I principali avversari hanno infatti dovuto superare la pace car e accodarsi al gruppo, costituito dalle numerose vetture Honda rimaste beffate dalla bandiera gialla. Più lenti e in difficoltà coi consumi a causa dell’elevata resistenza del pacchetto nipponico, Dixon, Kanaan e gli altri avevano infatti già effettuato la propria sosta ai box al momento dell’incidente di Sato, rimanendo così attardati di un giro.
A un centinaio di passaggi dalla bandiera scacchi Pagenaud ha quindi assunto il comando della gara, prendendo il largo mentre Power, Castroneves e Hildebrand perdevano tempo dietro Dixon e Kanaan. A loro si è poi aggiunto Newgarden, ripartito dal fondo ma ancora a pieni giri dopo aver sostituito il musetto durante la bandiera gialla. Con Pagenaud ancora saldamente in testa su Power, l’americano è quindi salito in zona podio dopo la terza serie di soste, ma in una concitata fase di doppiaggi ha poi finito per rovinare nuovamente l’ala anteriore, questa volta contro il posteriore di Hunter-Reay, in difficoltà per tutta la gara e infine costretto al ritiro dopo aver strisciato il muro. La conseguente sosta è costata cara a Newgarden, precipitato ai margini della top ten. Abile nello sfruttare a suo favore la confusione, nel finale Hildebrand si è portato in zona podio, avvicinando pericolosamente Power senza però riuscire a trovare il varco giusto.
Nessun problema invece per Pagenaud, bravo e fortunato nel centrare il primo successo in carriera su ovale. Ancora a secco di vittorie nonostante un’altra prova da protagonista, per Power è comunque arrivato il primo podio stagionale, buono per dare il via a una rimonta non impossibile. Podio, il primo da Indy 2011, anche per J.R. Hildebrand, che ha confermato il ruolo di spina nel fianco del team Penske al suo ritorno dall’incidente di Long Beach. Castroneves ha chiuso quarto un’altra prova solida che però conferma il suo stato attuale, velocissimo in prova ma non abbastanza consistente sul passo gara. Scott Dixon al contrario ha portato a casa il massimo risultato ottenibile, un quinto posto al termine di un lungo confronto con il compagno Kanaan, sesto sul traguardo davanti a Ed Carpenter, il cui fine settimana è stato rovinato dal problema al serbatoio riscontrato il venerdì. Kimball ha poi chiuso ottavo a un giro dai compagni di squadra, precedendo Newgarden, velocissimo ma troppo falloso in una giornata in cui una Penske garantiva un posto in top 5. Carlos Munoz ha invece rimontato bene dal fondo, centrando il secondo arrivo in top ten della stagione, oltre a portare a 7 le vetture Chevrolet nelle prime dieci posizioni. Ed Jones ha quindi completato il suo battesimo di fuoco sugli ovali portando a casa un undicesimo posto davanti a Hinchcliffe, in lotta per tutta la gara con Dixon e Kanaan ma costretto a uno splash and go negli ultimi giri. Problemi al cambio hanno invece privato Conor Daly, in gran rimonta nelle prime fasi, di un sicuro piazzamento in top ten.
Phoenix – Ordine d’arrivo
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
1
Simon Pagenaud (L) (LL)
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
250 giri in 01:46:24.9473 – 144,058 mph
2
Will Power (L)
Penske
Chevrolet
12
Verizon
9.103
3
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
9.342
4
Helio Castroneves (L) (P)
Penske
Chevrolet
3
Hitachi
16.586
5
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
1 giro
6
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
1 giro
7
Ed Carpenter
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
2 giri
8
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
2 giri
9
Josef Newgarden (L)
Penske
Chevrolet
2
Hum
2 giri
10
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
3 giri
11
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
3 giri
12
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
4 giri
13
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
incidente
14
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
70 giri
15
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa/Castrol
incidente
16
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
incidente
17
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
incidente
18
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
Oberto
incidente
19
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
incidente
20
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
incidente
21
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
United Rentals
incidente
P = Punto per la pole position;
L= Punto per aver condotto almeno un giro in testa;
LL= due punti per aver condotto il maggior numero di giri in testa
Honda Grand Prix of Alabama – 21-23 aprile 2017 – Terza prova stagionale
Circuito: Barber Motorsports Park
Tipologia: Stradale Permanente
Lunghezza: 2.3 mi – 3.7 km
Configurazione aerodinamica: Stradale
Record della pista: 1.06.6001, Sebastien Bourdais, Dallara – Chevrolet, 2016
Distanza di gara: 90 giri – 207 mi
Vincitore uscente: Simon Pagenaud
A due settimane dal ritorno al successo di James Hinchcliffe, vittorioso a Long Beach, l’IndyCar fa tappa in Alabama per il terzo appuntamento stagionale. Impegnativo e divertente in virtù di un layout che segue l’andamento del terreno, proponendo un’ampia varietà di curve, il circuito di Barber sulla carta non sembrerebbe particolarmente prodigo di punti di sorpasso, ma dall’introduzione della DW12 il tracciato nei pressi di Birmingham ha offerto alcune delle più divertenti gare degli ultimi anni. L’edizione 2016 in particolare, pur non segnalandosi tra le più ricche di sorpassi, ha vissuto un finale spettacolare, con Pagenaud e Rahal impegnati in un duello sopra le righe che alla fine ha visto prevalere il francese. Dopo due secondi posti il pilota dell’Ohio rimane un favorito d’obbligo per il successo, specie considerando la supremazia mostrata dalla Honda nei primi due appuntamenti, svoltisi però su una tipologia di circuito differente. Il passaggio da cittadini a stradali potrebbe infatti alterare gli equilibri tecnici, facendo passare la potenza in secondo piano rispetto al grip meccanico garantito da sempre più sofisticati ammortizzatori, uno dei pochi campi in cui le squadre hanno più o meno carta bianca nello sviluppo.
Potrebbe essere questa la spiegazione del risultato del primo turno di libere, che ha visto il team Penske monopolizzare i primi quattro posti, con il vincitore Pagenaud a precedere di circa un decimo Newgarden e Power. Castroneves ha chiuso il poker del Capitano a tre decimi, mettendosi dietro una muta di piloti Honda, capeggiati da un sempre più convincente Rossi, voglioso di rivincita dopo il successo sfumato nelle strade di casa. Il californiano ha preceduto il compagno Hunter-Reay nell’ormai classico derby in seno al team Andretti. Rahal, Hinchcliffe, Bourdais e Dixon hanno poi chiuso la top ten, racchiusi in 6 centesimi. Il capo classifica in particolare ha ben recuperato dopo aver centrato un cartellone pubblicitario, causando una bandiera rossa. Mikhail Aleshin è invece stato protagonista di un innocuo testacoda nella sabbia della curva 1. La sessione ha visto il debutto di Zach Veach, scelto da Ed Carpenter in sostituzione di Hildebrand, in recupero da una frattura alla mano rimediata nel finale di Long Beach in un contatto con lo stesso Aleshin. Il giovane americano, protagonista nel 2016 in IndyLights, si è limitato a riprendere confidenza con la vettura, guidata per la prima e ultima volta a settembre in un brillante test a Sonoma.
Barber – Libere 1
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:08.1104
–.—-
2
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
01:08.1822
0.0718
3
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:08.2186
0.1082
4
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:08.4112
0.3008
5
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
01:08.4560
0.3456
6
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:08.5595
0.4491
7
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Mi-Jack
01:08.6142
0.5038
8
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:08.6347
0.5243
9
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:08.6737
0.5633
10
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:08.6753
0.5649
11
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
01:08.7077
0.5973
12
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
01:08.7258
0.6154
13
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:08.7488
0.6384
14
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:08.7627
0.6523
15
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:08.8893
0.7789
16
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
01:09.0092
0.8988
17
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:09.0238
0.9134
18
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:09.0329
0.9225
19
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:09.0779
0.9675
20
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:09.1699
1.059
21
Zach Veach
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
01:10.6346
2.524
La seconda sessione di libere ha visto i piloti cimentarsi in alcuni tentativi con le gomme “rosse”, che a sorpresa hanno visto Marco Andretti primeggiare sulle Penske. Che sia finalmente giunto il momento di una qualifica di alto livello per il nipote di Mario? Power, Pagenaud e Castroneves hanno comunque ribadito l’intenzione di portare finalmente la Chevrolet al successo, dopo l’inusitato 2-0 delle prime gare. L’australiano ha chiuso a pochi millesimi da Andretti e davanti di oltre un decimo ai compagni, incalzati da un Dixon alla ricerca del successo in una delle poche piste in cui non ha visitato il gradino più alto del podio. Il neozelandese ha preceduto il compagno Kimball, risalito dopo una prima sessione in ombra. Stesso discorso per Aleshin, finalmente in top ten e chiamato a una prova convincente dopo essere stato invisibile nei primi appuntamenti. Newgarden, Bourdais e Hunter-Reay hanno poi chiuso la top ten. Sessione movimentata per il campione 2012, protagonista di vari controlli spettacolari e poi di un dritto alla prima curva. Peggio è andata a Chilton, sempre in difficoltà e autore di un pericoloso testacoda nella cieca e velocissima curva 13. La piroetta dell’inglese ha causato l’uscita della bandiera rossa, replicata da un altro testacoda di Jones in curva 5. Il rookie del team Coyne è poi incappato in un’altra uscita nella stessa curva, riuscendo però a riportare la vettura in pit lane. Quasi tutta la griglia è risultata racchiusa in poco più di un secondo, eccetto Zach Veach, staccato di due secondi da Andretti.
Tris del team Penske nella terza sessione di libere, con Will Power a precedere Newgarden e Castroneves. Una ripetizione del poker visto nelle prime libere è stata impedita da Aleshin, in continua ascesa in questo fine settimana. Il russo si è infatti piazzato al quarto posto, precedendo Pagenaud e il compagno Hinchcliffe. Scott Dixon, al momento meno veloce di quanto visto nelle due gare precedenti, ha continuato il suo lavoro di perfezionamento del set up piazzandosi al settimo posto davanti al leader delle libere 2 Andretti. Graham Rahal e Max Chilton hanno poi chiuso la top ten. Ryan Hunter-Reay, 11° in classifica, ha continuato a dare spettacolo con alcuni funambolici controlli, tra cui un semitestacoda nella famigerata curva 3. Sessione complicata per Daly, che ha chiuso all’ultimo posto dopo aver perso i primi 20 minuti per problemi elettrici.
Barber – Libere 3
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:06.9953
–.—-
2
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
01:07.0993
0.1040
3
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.1901
0.1948
4
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
01:07.2603
0.2650
5
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:07.3459
0.3506
6
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.3463
0.3510
7
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:07.3499
0.3546
8
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
01:07.3551
0.3598
9
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Mi-Jack
01:07.5245
0.5292
10
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:07.5361
0.5408
11
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.5522
0.5569
12
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:07.6261
0.6308
13
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.6884
0.6931
14
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:07.7022
0.7069
15
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:07.8113
0.8160
16
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
01:07.8531
0.8578
17
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
01:07.8653
0.8700
18
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:07.9375
0.9422
19
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:07.9912
0.9959
20
Zach Veach
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
01:08.6188
1.624
21
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:08.6202
1.625
Il primo gruppo di qualifica appare piuttosto tranquillo, mentre esclusi eccellenti sono attesi dalla seconda frazione.
Gruppi Q1
Gruppo 1
Gruppo 2
Josef Newgarden
Will Power
Mikhail Aleshin
Helio Castroneves
James Hinchcliffe
Simon Pagenaud
Marco Andretti
Scott Dixon
Max Chilton
Graham Rahal
Ed Jones
Ryan Hunter-Reay
Tony Kanaan
Sebastien Bourdais
Spencer Pigot
Takuma Sato
Charlie Kimball
Alexander Rossi
Zach Veach
Carlos Munoz
Conor Daly
La principale sorpresa del primo gruppo di Q1 è l’esclusione di Marco Andretti, ancora una volta non in grado di sfruttare sul giro secco la velocità della sua vettura e l’aderenza extra garantita dalla mescola tenere di gomme Firestone. L’americano ha mancato l’ingresso tra i primi 12 per soli 3 millesimi. Male anche Spencer Pigot, autore di un errore alla prima curva nel giro veloce. Qualche preoccupazione di troppo anche per Newgarden, passato in Q2 ma autore di una lunga escursione nella sabbia della curva 1 durante il primo tentativo con gomme “nere”.
Barber – Qualifica 1, primo gruppo
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.3014
–.—-
2
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:07.3070
0.0056
3
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
01:07.4628
0.1614
4
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
01:07.4983
0.1969
5
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:07.5360
0.2346
6
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:07.5374
0.2360
7
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
01:07.5405
0.2391
8
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:07.7033
0.4019
9
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
01:07.9211
0.6197
10
Zach Veach
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
01:08.4681
1.167
Will Power è risultato il più veloce nel secondo gruppo della Q1, che ha visto qualificarsi i tre piloti del team Penske, accompagnati da Dixon, Hunter-Reay (unico pilota del team Andretti nella top 12) e Bourdais, che ha beffato Sato all’ultimo giro utile. Addirittura ultimo Graham Rahal, atteso da una difficile rimonta.
Barber – Qualifica 1, secondo gruppo
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:06.9311
–.—-
2
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:07.1954
0.2643
3
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.4333
0.5022
4
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:07.4536
0.5225
5
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.6055
0.6744
6
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.6287
0.6976
7
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:07.6928
0.7617
8
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:07.7007
0.7696
9
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
01:07.7483
0.8172
10
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:08.0104
1.079
11
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Mi-Jack
01:08.0499
1.119
I soliti sospetti hanno superato la tagliola della Q2, con un tris Penske guidato da Castroneves a precedere di oltre due decimi gli inseguitori: un ottimo Hunter-Reay, Dixon e Hinchcliffe. Il canadese ha staccato di 4 centesimi Josef Newgarden, che ha pagato l’azzardo di voler risparmiare un treno di gomme “rosse per la gara. Il pilota del Tennesse partirà quindi settimo davanti ad Aleshin e Chilton, come sempre più a suo agio sugli stradali che sulle sconnessioni dei cittadini. L’inglese, seppur lontano da Dixon, è riuscito a mettersi dietro il compagno Kanaan. Il duo Coyne Jones-Bourdais ha chiuso la top 12, con il capoclassifica sopra le righe in alcune curve dopo aver operato alcuni infelici cambiamenti di assetto.
Barber – Qualifica 2
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.2877
–.—-
2
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:07.3214
0.0337
3
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:07.3392
0.0515
4
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.5207
0.2330
5
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:07.5380
0.2503
6
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.5459
0.2582
7
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
01:07.5941
0.3064
8
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
01:07.9467
0.6590
9
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:07.9788
0.6911
10
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:08.0305
0.7428
11
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:08.2034
0.9157
12
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:08.2726
0.9849
Helio Castroneves ha sperato per un minuto di mettere a segno la seconda pole consecutiva, ma come da copione Will Power ha fatto pesare ancora una volta il suo mostruoso potenziale velocistico, spingendosi sotto il muro del minuto e sette secondi per staccare il brasiliano di quasi due decimi. Simon Pagenaud ha completato il tris Penske e sarà accompagnato in seconda fila da Scott Dixon, staccato di ben sei decimi da Power. Ancora più indietro Hunter-Reay, che ha preceduto Hinchcliffe, ultimo nella sessione dopo aver completato un solo giro cronometrato.
La pioggia caduta in nottata e nella prima mattina di Barber ha probabilmente reso il warm up poco significativo, in previsione di una gara che dovrebbe svolgersi sull’asciutto. Marco Andretti ha chiuso la sessione in testa, dopo essere riuscito a mettere a segno nel finale un giro con le gomme da asciutto. Fino a quel momento il comando era rimasto saldamente nelle mani di Scott Dixon, capace di staccare di oltre un secondo il resto del gruppo, capitanato da Rossi (a lungo in testa), Pigot e Power. Pochi gli errori nonostante le condizioni difficili: Ed Jones è stato protagonista di un dritto nella sabbia della curva 2 mentre Castroneves, insabbiatosi alla curva 5, ha causato l’unica bandiera rossa della sessione. Contando su una gara asciutta alcuni piloti hanno preferito non scendere in pista.
Barber – Warm up
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
01:14.3711
–.—-
2
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:17.8426
3.472
3
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
01:19.1519
4.781
4
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
01:19.2775
4.906
5
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:19.3439
4.973
6
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:19.3784
5.007
7
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
01:19.4244
5.053
8
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:19.6468
5.276
9
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:19.6746
5.304
10
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Mi-Jack
01:19.7425
5.371
11
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:19.7513
5.380
12
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:20.2364
5.865
13
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:20.2401
5.869
14
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:20.2692
5.898
15
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:20.2884
5.917
16
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:20.4733
6.102
17
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:21.3282
6.957
18
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:48.7621
34.39
Dopo due corse positive ma non esaltanti, è arrivato il primo successo per Josef Newgarden con il team Penske. Il pilota del Tennesse ha replicato per certi versi la prestazione del 2015, quando si portò al comando mettendo a segno alcuni splendidi sorpassi nella curva 15. È stato così anche a oggi e a farne le spese è stato soprattutto Scott Dixon, che avrebbe dovuto fare tesoro di quanto accaduto nelle edizioni precedenti, dato che la manovra sta diventando un vero e proprio marchio di fabbrica per Newgarden. La vera svolta nella corsa del neo acquisto del Capitano è stata però il ritiro di Will Power. L’australiano ha comandato la gara per quasi tutta la sua distanza, controllando Newgarden e Dixon con un vantaggio che, in funzione della strategia e del diverso degrado degli pneumatici, è oscillato tra 3.5 secondi e pochi decimi. Una foratura lenta a una decina di giri dalla conclusione ha però costretto il campione 2014 a una sosta supplementare, relegandolo al 14° posto.
La prima sorpresa della gara è arrivata al primo giro, quando un duro scambio di ruotate tra Hinchcliffe e Hunter-Reay ha danneggiato l’ala anteriore dell’americano, costringendo alla neutralizzazione della corsa. Nelle prime fasi Power ha preceduto un gruppo ravvicinato composto da Castroneves, Dixon (abile nel superare Pagenaud al via), lo stesso Pagenaud e Newgarden, liberatosi di Hinchcliffe subito prima della bandiera gialla. Alla ripartenza il pilota del Tennesse ha poi continuato la sua progressione, ingaggiando una bella battaglia con il compagno di squadra, culminata in un attacco in curva 5 che ha costretto il francese a sconfinare nell’erba e perdere un’ ulteriore posizione a vantaggio di Hinchcliffe. Newgarden ha quindi messo nel mirino Dixon, senza però trovare il varco per raggiungere la zona podio. È stata però solo una questione di tempo, perché il primo turno di soste, da tutti completato tra il 15° e il 25° giro, ha visto il ricomporsi di un duo Penske al comando, con però Newgarden al posto di Castroneves, precipitato in quarta posizione davanti a Pagenaud e Hinchcliffe, seguiti da un ottimo Rossi. Power ha continuato a comandare la corsa, vedendosi però avvicinare dal nuovo compagno e soprattutto da Dixon prima del secondo turno di soste, arrivato tra il 40° e il 45° giro e sfruttato da Pagenaud e Hinchcliffe per liberarsi di Castroneves. Con un vantaggio di 3 secondi su Newgarden e 6 su Dixon, Power sembrava avere la corsa in tasca, ma progressivamente gli inseguitori hanno ridotto il distacco, al punto che intorno al 60° giro i tre erano racchiusi in meno di due secondi, con Pagenaud 10 secondi più indietro.
Nel frattempo un serrato gruppetto nella parte basse della top ten ha visto Spencer Pigot esibirsi in una ripetizione di quanto mostrato a St. Pete. Partito 17°, in pochi giri il californiano si è liberato alla grande di Bourdais e Kanaan, lanciandosi all’inseguimento di Rossi per la settima piazza. Peccato che la bella prestazione sia poi stata rovinata da un testacoda alla curva 5, costata un giro al campione IndyLights 2015, sempre più efficace in gara che in prova. La neutralizzazione, arrivata al giro 63, è servita a tutti per effettuare l’ultima sosta, che ha visto Dixon sopravanzare finalmente Newgarden. La bandiera verde è tornata a sventolare al 69° giro con Charlie Kimball al comando, non essendosi fermato nella speranza di uno scroscio di pioggia poi non arrivato. Sorpreso abilmente Dixon con la sua classica manovra alla curva 15, Newgarden si è così lanciato all’inseguimento di Power, che dopo essere tornato al comando in seguito al pit stop di Kimball, è come detto rimasto vittima di una perdita di pressione che lo ha costretto tristemente ad una nuova visita in pit lane. Negli ultimi giri Dixon, sicuramente alterato dalla manovra decisa di Newgarden, ha messo molta pressione al rivale, ma nonostante una disponibilità doppia di push to pass non è mai riuscito a costruire una manovra di sorpasso efficace, dovendosi accontentare dell’ennesimo podio. Pagenaud, rientrato nei giochi per la vittoria grazie alla neutralizzazione, non è in realtà mai stato della partita, frenato da problemi di consumo. Alle sue spalle ha chiuso un Castroneves poco incisivo con le gomme dure, che ha preceduto Alexander Rossi, la cui bella rimonta è stata premiata da un errore di Hinchcliffe, che finendo largo in un tentativo di attacco a Pagenaud ha consegnato all’americano il quinto posto. Il canadese si è quindi dovuto accontentare della sesta piazza davanti a Kanaan, che ha risolto a suo favore un lungo duello con Bourdais, bravo comunque a portare a casa un piazzamento in un fine settimana difficile, da cui esce ancora come capo classifica. Takuma Sato ha a sua volta rimontato bene terminando al nono posto, davanti ad Aleshin, che con un attacco poco ortodosso all’ultimo giro ha privato Hunter-Reay del decimo posto. Una corsa deludente per il campione 2012, rimasto subito attardato dal contatto al via con Hinchcliffe che lo ha spedito immediatamente in fondo al gruppo. L’americano ha preceduto Chilton, a lungo in lizza per un posto in top ten ma poco incisivo nel finale. Un week end da dimenticare ha invece fruttato a Graham Rahal un misero tredicesimo posto davanti allo sfortunato Power.
La corsa di Marco Andretti è invece subito stata rovinata da un problema elettrico che ha tenuto fermo in pit lane l’americano per 3 giri.
Barber – Ordine d’arrivo
Pos.
Pilota
Squadra
Pacchetto
N
Sponsor
Tempo
1
Josef Newgarden (L)
Penske
Chevrolet
2
Fitzgerald
90 giri in 01:54:08.7076 – 108.809 mph
2
Scott Dixon (L)
Ganassi
Honda
9
NTT Data
1.049
3
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
2.571
4
Helio Castroneves (L)
Penske
Chevrolet
3
AAA
11.159
5
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
12.047
6
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
12.591
7
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
15.411
8
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
16.065
9
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
20.176
10
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
Lucas
20.706
11
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
22.206
12
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
22.971
13
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Mi-Jack
24.346
14
Will Power (L) (LL) (P)
Penske
Chevrolet
12
Verizon
26.318
15
Charlie Kimball (L)
Ganassi
Honda
83
Tresiba
35.487
16
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
39.564
17
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
50.368
18
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
51.203
19
Zach Veach
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy’s Vodka
56.254
20
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy’s Vodka
1 giro
21
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
3 giri
P = Punto per la pole position;
L= Punto per aver condotto almeno un giro in testa;
LL= due punti per aver condotto il maggior numero di giri in testa
Toyota Grand Prix of Long Beach – 7-9 aprile 2017 – Seconda prova stagionale
Circuito: Streets of Long Beach, California
Tipologia: Cittadino
Lunghezza: 1.968 mi – 3.167 km
Configurazione aerodinamica: Stradale
Record della pista: 1.06.6294, Helio Castroneves, Dallara – Chevrolet, 2015
Distanza di gara: 85 giri – 167,28 mi
Vincitore uscente: Simon Pagenaud
Dopo ben tre settimane di pausa arriva finalmente il secondo appuntamento della stagione IndyCar, che quest’anno va di scena nelle strade di Long Beach. La corsa californiana si è ormai da anni affermata come il secondo evento del calendario in termini di pubblico e prestigio, secondo solo alla Indy 500.
L’edizione di quest’anno si presenta ancora più interessante dopo la rocambolesca prova di apertura, che ha visto la Honda sovvertire lo svantaggio da tutti atteso alla vigilia, mettendo in campo di fatto le vetture più veloci in pista. Come St. Petersburg, anche Long Beach negli ultimi anni è stata feudo della Chevrolet, dominatrice delle ultime edizioni con i team Penske e Ganassi. Nonostante si tratti di piste completamente diverse, la Honda ha però confermato il proprio momento di forma anche nei recenti test di Sonoma, piazzando davanti a tutti il capo classifica Sebastien Bourdais. Sparito l’effetto sorpresa, l’impressionante schieramento di piloti in grado di primeggiare fa apparire una nuova vittoria del pacchetto giapponese altamente probabile.
Dopo i grossi problemi di durata e calibrazione riscontrati nella prova d’apertura, il pacchetto frenante PFC-Brembo sarà ancora tra gli osservati speciali, anche se dopo i test collettivi di Barber e le prove private in California l’allarme sembrerebbe rientrato.
Segnalatosi come il pilota più veloce praticamente in ogni sessione, solo una bandiera gialla sfortunata ha negato a Scott Dixon una probabile vittoria in Florida, ma il neozelandese sembra intenzionato a proseguire la striscia positiva iniziata a Long Beach nel 2015, quando riuscì a conquistare finalmente il successo in una delle poche piste da lui ancora inviolate. Nonostante un dritto in fondo alla Shoreline Drive, Dixon ha infatti cominciato con il piede giusto, chiudendo al comando la prima sessione di prove. Il quattro volte campione ha preceduto di poco più di un decimo Helio Castroneves, polesitter delle ultime due edizioni. Alle sue spalle ha chiuso Bourdais, fermamente intenzionato a protrarre il suo momento di grazia. Il sempre costante Hinchcliffe ha poi fatto segnare un tempo praticamente identico a quello del francese, precedendo la seconda Chevrolet di Will Power. Alexander Rossi ha terminato la sessione al sesto posto davanti al compagno Hunter-Reay, che ha preceduto Kanaan, il vincitore uscente Pagenaud e Mikhail Aleshin. Il russo ha animato una sessione tutto sommato tranquilla salvandosi di poco dalle barriere, leggermente assaggiate anche da Munoz, che non ha però riportato danni. Problemi tecnici hanno invece condizionato le prove di Chilton, che ha proceduto a passo ridotto per diversi giri.
Long Beach – Libere 1
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:07.6357
2
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.7609
0.1252
3
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.8187
0.1830
4
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.8195
0.1838
5
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:07.9058
0.2701
6
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:07.9702
0.3345
7
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.9842
0.3485
8
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:08.0546
0.4189
9
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:08.1668
0.5311
10
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:08.1669
0.5312
11
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:08.1822
0.5465
12
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
01:08.2555
0.6198
13
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:08.2937
0.6580
14
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
01:08.5295
0.8938
15
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:08.5507
0.9150
16
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Preferred
01:08.6284
0.9927
17
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:08.6898
1.054
18
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:08.7292
1.094
19
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:08.9881
1.352
20
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Loki
01:09.2619
1.626
21
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:09.7216
2.086
La seconda sessione di libere ha visto il binomio Penske-Andretti spartirsi le prime posizioni. Will Power ha fatto segnare il miglior tempo precedendo di quasi tre decimi Marco Andretti, come a St.Pete tra i più consistenti , ma atteso alla verifica delle qualifiche, dove spesso ha faticato a concretizzare il potenziale della sua vettura. L’americano ha chiuso di poco davanti a Pagenaud, mentre il terzetto composto da Sato, Hunter-Reay e Castroneves ha chiuso la top 6 a circa mezzo secondo dal tempo di Power. Bourdais, Dixon, Hildebrand e Hinchcliffe hanno chiuso la top ten a meno di 7 decimi di distacco, confermando il grande equilibrio Honda-Chevrolet. Buone notizie soprattutto per il pilota di casa, nettamente più a suo agio sulle strade californiane rispetto a quanto visto a St. Petersburg. Anche la seconda sessione è filata via senza troppi intoppi, eccezion fatta per una breve bandiera rossa causata da un lungo di Kanaan in curva 1.
Primi sei piloti in meno di un decimo di secondo, primo e secondo divisi da 2 decimillesimi, l’intera griglia in un secondo, tre dati che bastano a far capire la competitività del terzo turno di libere, l’ultimo prima delle qualifiche. Con un ultimo giro veloce Scott Dixon si è issato in testa alla classifica nei secondi conclusivi, scavalcando Ryan Hunter Reay. La Chevrolet è comunque vicina, rappresentata nei piani alti della classifica da Simon Pagenaud, terzo a fine sessione davanti a James Hinchcliffe, al comando per buona parte della sessione ma fermo negli ultimi minuti dopo un lungo in curva 1. Diversi sono stati i dritti nella frenata più impegnativa del circuito, dimostrazione forse di come i piloti non abbiano ancora trovato il perfetto feeling con i freni PFC-Brembo sulle sconnesse strade californiane.
Takuma Sato ha chiuso la top 5 precedendo di un soffio Graham Rahal, apparso in buona forma dopo un venerdì in ombra. Will Power e Josef Newgarden hanno portato a tre le Chevrolet rappresentate in top ten, precedendo la Honda di Bourdais, causa nei primi minuti dell’unica interruzione della sessione, a causa di un leggero contatto con le barriere nella curva della fontana. Alexander Rossi, a lungo nella parte alta della classifica, ha chiuso la top ten, portando a tre le vetture del team Andretti tra i primi 10. Da segnalare ancora una volta come la Honda sia rappresentata da ben cinque squadre nei primi 10, contro la sola Penske per il marchio Chevrolet.
Sessione problematica per Tony Kanaan, sceso in pista solo negli ultimi minuti a causa di un problema elettrico difficile da identificare. Il brasiliano ha chiuso al quindicesimo posto davanti a un Spencer Pigot in leggera ripresa dopo un venerdì in sordina. Male invece il compagno Hildebrand, spettacolare nella guida ma solo 20° nei tempi.
Long Beach – Libere 3
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:07.1348
–.—-
2
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.1350
0.0002
3
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:07.1713
0.0365
4
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.1746
0.0398
5
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:07.1855
0.0507
6
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:07.2286
0.0938
7
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:07.2639
0.1291
8
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
01:07.3298
0.1950
9
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.3428
0.2080
10
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:07.3923
0.2575
11
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.5194
0.3846
12
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:07.5470
0.4122
13
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:07.5581
0.4233
14
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:07.6044
0.4696
15
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:07.6230
0.4882
16
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Loki
01:07.7376
0.6028
17
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
01:07.8959
0.7611
18
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:08.0446
0.9098
19
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:08.0731
0.9383
20
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Preferred
01:08.0997
0.9649
21
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:08.1686
1.034
La classifica della terza sessione stabilisce come sempre i gruppi che animeranno le due sessioni della Q1.
Gruppi Q1
Gruppo 1
Gruppo 2
Ryan Hunter-Reay
Scott Dixon
James Hinchcliffe
Simon Pagenaud
Graham Rahal
Takuma Sato
Josef Newgarden
Will Power
Alexander Rossi
Sebastien Bourdais
Charlie Kimball
Helio Castroneves
Conor Daly
Mikhail Aleshin
Spencer Pigot
Tony Kanaan
Ed Jones
Marco Andretti
JR Hildebrand
Max Chilton
Carlos Munoz
Nel gruppo 1 i primi sei dovrebbero essere abbastanza sicuri, mentre nel secondo Kanaan e Marco Andretti, seppur in difficoltà nell’ultimo turno di libere, potrebbero insidiare Sato, Castroneves e Bourdais.
QUALIFICHE
Nessuna sorpresa nel primo gruppo della Q1, che ha visto i piloti del team Carpenter ancora in grande difficoltà.
Long Beach – Qualifiche, Q1 – Gruppo 1
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.0176
–.—-
2
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
01:07.0619
0.0443
3
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:07.0961
0.0785
4
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:07.2517
0.2341
5
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:07.3209
0.3033
6
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:07.4149
0.3973
7
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:07.5832
0.5656
8
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Preferred
01:07.6931
0.6755
9
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:07.7977
0.7801
10
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Loki
01:07.8442
0.8266
La maggior sorpresa del gruppo 2 è l’esclusione di Pagenaud, che si è visto togliere i due giri più veloci per un’incomprensione con Power che ha costretto il francese a rallentare Castroneves al tornantino. Delle sventure del campione in carica ha beneficiato Andretti, promosso in Q2.
Long Beach – Qualifiche, Q1 – Gruppo 2
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:06.7340
–.—-
2
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:06.8297
0.0957
3
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:07.0470
0.3130
4
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.0569
0.3229
5
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.1407
0.4067
6
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
01:07.3054
0.5714
7
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:07.3783
0.6443
8
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:07.3893
0.6553
9
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:07.4699
0.7359
10
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:07.5333
0.7993
11
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:08.0439
1.310
Dominio Honda nella Q2 con il solo Castroneves a rappresentare Penske e Chevrolet nella Fast Six. Non una mancanza di velocità ma degli errori di guida hanno tenuto fuori dalla lotta Newgarden e Power, che partiranno in quarta e quinta fila. Fuori anche il vincitore di St. Pete Bourdais. Da notare ancora una volta la competizione al vertice, con Dixon che ha comandato la sessione con un margine di 3 decimillesimi su Rossi. Per il neozelandese si tratta del nuovo record della pista.
Long Beach – Qualifiche, Q2
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:06.2285
–.—-
2
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:06.2288
0.0003
3
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:06.4109
0.1824
4
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:06.4297
0.2012
5
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:06.4792
0.2507
6
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:06.5320
0.3035
7
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:06.5404
0.3119
8
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
01:06.6074
0.3789
9
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:06.6145
0.3860
10
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
01:06.6222
0.3937
11
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:06.6262
0.3977
12
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:06.7853
0.5568
Solo contro 5 Honda, Helio Castroneves non si è fatto intimorire, tirando fuori dal cappello un giro super per il terzo anno consecutivo, che gli permetterà di partire davanti a tutti nelle strade di Long Beach per la quarta volta in carriera. Il brasiliano ha pure riconquistato il record della pista, battendo di 3 millesimi il tempo fatto segnare da Dixon in Q2. Ancora una volta il neozelandese non è riuscito a tirare fuori nella Fast Six tutto il potenziale della sua vettura, ma considerando il ritmo mostrato nelle libere e l’andamento delle ultime edizioni della corsa, il favorito per la vittoria non può che essere lui, soprattutto considerando l’assenza al vertice di Pagenaud. Ryan Hunter-Reay si è piazzato al terzo posto, pochi centesimi dietro Dixon, mettendosi però dietro la coppia di compagni vecchi e nuovi, Hinchcliffe-Rossi. Quasi sempre più efficace in gara che in prova, Rahal ha chiuso in fondo la Fast Six, ma un posto sul podio dovrebbe essere alla sua portata.
Long Beach – Qualifiche, Fast Six
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:06.2254
–.—-
2
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:06.4123
0.1869
3
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:06.4401
0.2147
4
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:06.5291
0.3037
5
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:06.5595
0.3341
6
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:06.7562
0.5308
Griglia di partenza – Long Beach
Pos.
Pilota
Tempo
Pilota
Tempo
1
Helio Castroneves
01:06.2254
2
Scott Dixon
01:06.4123
3
Ryan Hunter-Reay
01:06.4401
4
James Hinchcliffe
01:06.5291
5
Alexander Rossi
01:06.5595
6
Graham Rahal
01:06.7562
7
Charlie Kimball
01:06.5404
8
Josef Newgarden
01:06.6074
9
Will Power
01:06.6145
10
Marco Andretti
01:06.6222
11
Tony Kanaan
01:06.6262
12
Sebastien Bourdais
01:06.7853
13
Ed Jones
01:07.5832
14
Carlos Munoz
01:07.3783
15
JR Hildebrand
01:07.6931
16
Mikhail Aleshin
01:07.3893
17
Conor Daly
01:07.7977
18
Takuma Sato
01:07.4699
19
Spencer Pigot
01:07.8442
20
Max Chilton
01:07.5333
21
Simon Pagenaud
01:08.0439
Se a St. Petersburg un errore in qualifica aveva fatto pesare su Bourdais le aspettative di una bella rimonta dal fondo, in California il ruolo è passato a Pagenaud, che a differenza di tante altre volte, forse spererà in una bandiera gialla provvidenziale che possa scompaginare i piani dei primi. Uno scenario comunque improbabile a Long Beach, che ha visto una sola neutralizzazione nelle ultime due edizioni. A questo proposito la distanza di gara è stata allungata di 5 giri, nel tentativo di costringere i piloti a completare la corsa con tre soste, senza dover badare troppo ai consumi. Stando a quanto dichiarato in conferenza stampa però, senza una bandiera gialla a inizio gara ci sarebbe ancora la possibilità di arrivare in fondo con due soli pit stop.
Il warm up ha visto prevalere Simon Pagenaud, chiamato a una difficile rimonta, che ha messo insieme più giri di tutti, 22. Dopo un innocuo testacoda di Alexander Rossi nei primi minuti, la sessione è andata via in tranquillità fino a un leggero impatto di Spencer Pigot contro le gomme della curva 1. Il pilota di casa ha danneggiato solo marginalmente l’ala anteriore della sua vettura, ma più che i danni a preoccupare è il passo poco entusiasmante messo in mostra fin ora. Dietro Pagenaud si sono piazzate quattro vetture Honda, con Sato a precedere il compagno Rossi e il duo Ganassi Dixon-Kanaan. Tra le Chevrolet buon ottavo posto di Conor Daly, mentre Will Power in 18 giri non è stranamente riuscito a far meglio della 20° posizione.
Long Beach – Warm up
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
01:06.6497
–.—-
2
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:06.8514
0.2017
3
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:06.9788
0.3291
4
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
NTT Data
01:06.9801
0.3304
5
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:07.2200
0.5703
6
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
01:07.3095
0.6598
7
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:07.4456
0.7959
8
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:07.4618
0.8121
9
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:07.4733
0.8236
10
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
01:07.6475
0.9978
11
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
AAA
01:07.8141
1.164
12
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:07.8160
1.166
13
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
01:07.8250
1.175
14
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Preferred
01:07.8408
1.191
15
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:07.8527
1.203
16
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:08.0236
1.374
17
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:08.2344
1.585
18
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:08.2434
1.594
19
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Loki
01:08.4926
1.843
20
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:08.5487
1.899
21
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:09.0631
2.413
Ciò che una bandiera gialla inopportuna aveva tolto a St.Pete, gli è stato in parte restituito da una bandiera gialla mancata a Long Beach. Potrebbe essere questo il breve riassunto dell’inizio stagione di James Hinchcliffe, che sulle strade della California è tornato al successo dopo due anni. Una vittoria speciale per il Sindaco, per due motivi: perché ottenuta nella seconda corsa più importante del calendario, il cittadino americano per antonomasia; perché si tratta del primo successo dopo il gravissimo incidente di Indy 2015, che va a cancellare ogni dubbio sul ritorno al massimo rendimento del pilota canadese.
Si diceva della bandiera gialla. Al via un problema elettronico ha visto Castroneves perdere subito 5 posizioni, lasciando il comando a Scott Dixon, prima che la corsa venisse interrotta da un evitabile contatto tra Kimball e Power, costato il ritiro all’americano e una corsa nelle retrovie al campione 2014. Dopo la ripartenza Dixon ha controllato per un po’ gli inseguitori, Hunter-Reay, autore di un bel sorpasso su Hinchcliffe, con Rahal e Rossi subito dietro. Mentre Pagenaud, risalito a suon di sorpassi fino ai margini della top ten, guidava al 11° giro la truppa dei ritardatari che puntavano su una strategia a 3 soste, davanti i piloti del gruppo di testa risparmiavano carburante, optando per i due pit stop. Questo fino al 14° giro, quando la vettura lenta di Marco Andretti, afflitto da problemi elettrici, ha tratto in inganno Mike Hull, che dopo la beffa di St.Pete ha richiamato in pit lane Dixon, portando anche la sua strategia sulle tre soste. La scelta si è però presto rivelata errata, perché Andretti è riuscito a parcheggiare la sua vettura in un posto sicuro, evitando la neutralizzazione della corsa. Il comando è quindi passato ad Hunter-Reay, che seguito come un’ombra di Hinchcliffe e Rossi ha proseguito sulla tattica delle due soste, fermandosi intorno al 30° giro.
Le diverse sequenze di rifornimento hanno quindi visto un’alternanza al comando tra Dixon e Hunter-Reay, con Hinchcliffe, Pagenaud, Newgarden, Castroneves e Rossi nel mix. Il passare dei giri ha però reso evidente come le due soste fossero la strategia vincente, restringendo il discorso vittoria al trio Hunter-Reay, Rossi e Hinchcliffe. Superato in pista dal californiano, il Sindaco è però riuscito a sopravanzare entrambe le vetture del team Andretti e prendere il comando durante i pit stop, effettuati dai tre tra il 57° e il 58° giro. Nei giri successivi il canadese ha poi visto sempre più grande negli specchietti la vettura di Rossi, che dopo aver superato alla grande Hunter-Reay è andato in caccia della testa della corsa fino al 62° giro, quando il motore Honda ha costretto l’americano a parcheggiare la vettura sulla Shoreline Drive, causando l’intervento della pace car. La pulizia della pista dalla gran mole di residui di gomma accumulatisi, ha protratto a lungo la neutralizzazione, dando l’occasione ai piloti di testa di risparmiare etanolo e affrontare gli ultimi giri senza badare troppo ai consumi. Alla ripartenza Hinchcliffe ha preso un po’ di margine, subendo però nel finale il ritorno di Hunter-Reay, che a 6 giri dal termine ha seguito il destino dei compagni di squadra (anche Sato si era ritirato per problemi di motore), ritirandosi per guai elettrici. Tra Hinchcliffe e la vittoria rimanevano quindi 4 giri di bandiera verde, in cui il canadese ha dovuto tenere a bada Bourdais. Dopo un pit stop a inizio gara per riparare i danni causati dai detriti dell’incidente Kimball-Power, il francese ha attuato la strategia dei primi, ritrovandosi davanti nel finale grazie ad un’abile opera di risparmio carburante. Il capo classifica negli ultimi giri non aveva però il ritmo per impensierire Hinchcliffe, andato a cogliere un successo meritato, seppur favorito dalle sventure del team Andretti.
Bourdais ha comunque portato a casa un’eccellente seconda posizione davanti a Newgarden, come Dixon su tre soste e autore di una prova solida. Il nuovo acquisto del team Penske, al primo podio con il team del Capitano, ha preceduto proprio il neozelandese, in difficoltà nel terzo stint con gomme “rosse” e poco a suo agio nel traffico a causa di un’assetto aerodinamico piuttosto scarico. Il quattro volte campione, deluso per l’errore strategico nel cambio di strategia, ha comunque incassato punti preziosi in chiave titolo, precedendo Pagenaud, autore di una corsa intensissima che lo ha visto recuperare in pista numerose posizioni e superare anche una foratura per conquistare il quinto posto finale.
Ed Jones ha poi portato a casa un eccellente sesto posto, vincendo un duello infinito con l’altrettanto positivo Munoz. I due hanno approfittato nel finale di un problema al tornantino per Spencer Pigot, risalito fino al sesto posto grazie a una strategia simile a quella di Bourdais. Il californiano ha comunque terminato in una discreta ottava piazza davanti a Castroneves, i cui problemi elettronici sono continuati durante la corsa, costando al brasiliano una penalità per eccesso di velocità in pit lane. Inizialmente tra i protagonisti, una foratura ha costretto Graham Rahal al decimo posto dopo aver perso terreno a metà gara. Il pilota dell’Ohio ha in realtà beneficiato di un incidente all’ultimo giro che ha visto Hildebrand tamponare Aleshin in fondo alla Shoreline Drive. Il californiano ha riportato una frattura alla mano che lo costringerà a saltare la prossima gara al Barber Motorsports Park.
Long Beach – Ordine d’arrivo
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
1
James Hinchcliffe (L)
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
85 giri in 01:50:28.9818 – 90.845 mph
2
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
1.494
3
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Hum
2.316
4
Scott Dixon (L) (LL)
Ganassi
Honda
9
NTT Data
2.783
5
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
Menard’s
3.393
6
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
5.795
7
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
6.393
8
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Loki
9.057
9
Helio Castroneves (P)
Penske
Chevrolet
3
AAA
9.340
10
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Penngrade
17.863
11
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Preferred
1 giro
12
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
1 giro
13
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
1 giro
14
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
1 giro
15
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
1 giro
16
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
1 giro
17
Ryan Hunter-Reay (L)
Andretti
Honda
28
DHL
Elettronica
18
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
Elettronica
19
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
Motore
20
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
United Fiber & Data
Elettronica
21
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
1
Tresiba
Incidente
P = Punto per la pole position;
L= Punto per aver condotto almeno un giro in testa;
LL= due punti per aver condotto il maggior numero di giri in testa
Il fine settimana inaugurale della stagione IndyCar 2017 regala subito una sorpresa relativa al tracciato. La riasfaltatura subita dal percorso può infatti aver semplificato la vita ai piloti nell’immissione sul rettilineo principale, da sempre molto sconnesso essendo una pista d’atterraggio per aerei da turismo. La conseguenza inattesa è stata però un dosso in curva 3, la veloce piega a destra che di fatto porta le vetture in città. Dopo alcuni problemi riscontrati dalle categorie di contorno, gli organizzatori hanno infatti deciso di cambiare la conformazione della curva, inserendo un cordolo piuttosto alto a diversi metri dall’apice originale, rappresentato dal muretto interno. Una piega normalmente affrontata in pieno quest’anno richiederà quindi ai piloti di frenare e scalare marcia.
La prima sessione di prove libere, sulla distanza di 45 minuti secondo le nuove disposizioni, ha visto a sorpresa comandare quattro vetture Honda, con Marco Andretti a precedere il duo Kanaan-Dixon e James Hinchcliffe. Il campione Pagenaud ha chiuso al quinto posto, risultando il più veloce delle vetture Chevrolet. Non è stata una prima sessione troppo felice per il team Penske, atteso come il dominatore del week end e della stagione. Dopo pochi minuti Will Power ha infatti perso il posteriore della sua vettura in curva 10, impattando contro il muro con il wheel guard destro. Aiutato dai commissari l’australiano ha comunque riportato la sua vettura in pit lane. Qualche minuto dopo Josef Newgarden ha rischiato di imitare il compagno, riuscendo però a cavarsela con un dritto nella via di fuga. La stesso punto ha poi visto Pagenaud sfiorare pericolosamente le barriere. La staccata della curva 4 ha invece tratto in inganno Bourdais, che però ha ripreso le sue prove senza danni alla vettura.
La vigilia della giornata d’apertura è stata accompagnata da alcune preoccupazioni riguardanti l’impianto frenante. Il passaggio graduale dalla Brembo alla PFC prevede per questa stagione l’assemblaggio del sistema della casa americana con la pinza italiana. Nei recenti test di Sebring la soluzione ha però creato problemi di surriscaldamento, in quanto seppur molto efficace, il nuovo impianto è caratterizzato da temperature di lavoro piuttosto elevate, tanto da mandare in crisi la pinza della Brembo, non progettata per dissipare queste quantità di calore. I problemi hanno riguardato soprattutto le squadre Honda, che sono andate incontro a un sensibile decadimento delle prestazioni e, in un caso, al completo cedimento dell’impianto, per fortuna senza conseguenze. Questo ha reso necessario un adattamento in extremis delle prese d’aria di raffreddamento, operazione concessa dall’IndyCar in nome della sicurezza, nonostante si tratti di fatto di un componente aerodinamico e quindi in teoria compreso nel congelamento imposto sugli aerokit.
La seconda sessione di prove libere ha confermato la buona forma dei piloti Honda e in particolare del team Ganassi. Dopo aver visto il compagno Chilton comandare la classifica nelle prime fasi, Scott Dixon si è portato al comando dopo soli quattro giri, staccando tutti di oltre due decimi. Il neozelandese ha preceduto i compagni Kanaan e Kimball, ma il tris del team Ganassi è stato impedito da Will Power, che dopo l’incidente della mattinata si è ben ripreso issandosi al secondo posto. Bourdais ha chiuso la top 5, precedendo Hinchcliffe, Newgarden, il leader del primo turno Andretti e il campione in carica Pagenaud. Quasi tutti hanno usato entrambe le mescole di gomme Firestone, ma la brevità del percorso e il traffico dovuto alla ridotta durata della sessione hanno impedito a molti di tentare un giro veloce a pista libera. Il risultato delle due sessioni potrebbe far sperare in un buon equilibrio tra le vetture delle due case, pur non dimenticando il salto prestazionale che puntualmente caratterizza il pacchetto Chevrolet in qualifica. Il poco tempo a disposizione è stato ulteriormente ridotto a inizio sessione da un incidente di Takuma Sato, fuori pista all’ultima curva durante l’installation lap. L’uscita, con ogni probabilità causata da un guasto meccanico, ha costretto il giapponese all’inattività per il resto della sessione.
La giornata di sabato si apre con l’ulteriore conferma delle vetture Honda, che monopolizzano le prime posizioni della classifica in modo ancora più perentorio di quanto visto nel primo giorno di prove. Scott Dixon chiude ancora una volta in testa, facendo registrare il miglior tempo del fine settimana: 1.01.624, solo un secondo e mezzo in più della pole 2016, risultato frutto della nuova curva 3, il cui rallentamento è mitigato dalla riasfaltatura di parte del percorso. A un soffio dal neozelandese ha chiuso James Hinchcliffe, che conferma il buon passo mostrato nella prima giornata, precedendo di 30 millesimi Alexander Rossi, primo rappresentante di un team Andretti che vede anche Marco in sesta posizione e Hunter Reay ottavo e in recupero dopo i problemi ai freni del venerdì. Tra le vetture del team Andretti si è inserito un buon Chilton, 4°, davanti a Bourdais, stabilmente nelle parti alte della classifica. Il primo pilota Chevrolet, Newgarden, si è piazzato al settimo posto, con Kanaan e Power a chiudere la top ten davanti a Pagenaud. Nonostante i primi 10 siano racchiusi in poco più di due decimi e Castroneves, 15°, abbia ostentato sicurezza sulle prestazioni della sua vettura, è innegabile che lo scenario prospettato dalle prove libere differisce notevolmente dalle aspettative della vigilia, con almeno tre squadre Honda in ottima forma e una Penske meno incisiva del previsto. I piloti del Capitano avranno indubbiamente bisogno di un cambio di ritmo nelle qualifiche, soprattutto considerando la composizione dei gruppi della Q1, che vedrà subito un escluso eccellente tra Newgarden, Castroneves, Pagenaud, Dixon, Bourdais, Kanaan e Rossi. Meno sorprese dovrebbero invece arrivare dal secondo gruppo, specie considerando il ritmo non irresistibile visto fin ora dai piloti del team ECR.
St. Petersburg – 11/03/2017 – Libere 3
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
General Electric
01:01.6240
2
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:01.6660
0.0420
3
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:01.7015
0.0775
4
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:01.7477
0.1237
5
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:01.7634
0.1394
6
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
hhgregg
01:01.8085
0.1845
7
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Verizon
01:01.8229
0.1989
8
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:01.8550
0.2310
9
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:01.8562
0.2322
10
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:01.9166
0.2926
11
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
PPG
01:02.0310
0.4070
12
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:02.0345
0.4105
13
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Stake n’ Shake
01:02.0793
0.4553
14
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:02.3289
0.7049
15
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
Hitachi
01:02.3314
0.7074
16
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy Vodka
01:02.4174
0.7934
17
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:02.4205
0.7965
18
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy Vodka
01:02.4207
0.7967
19
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:02.4928
0.8688
20
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:02.5968
0.9728
21
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:02.7788
1.155
Gruppi primo turno di qualifica
Gruppo 1
Gruppo2
James Hinchcliffe
Scott Dixon
Max Chilton
Alexander Rossi
Marco Andretti
Sebastien Bourdais
Ryan Hunter-Reay
Josef Newgarden
Will Power
Tony Kanaan
Charlie Kimball
Simon Pagenaud
Carlos Munoz
Graham Rahal
JR Hildebrand
Helio Castroneves
Spencer Pigot
Takuma Sato
Mikhail Aleshin
Ed Jones
Conor Daly
Il primo gruppo vede passare alla Q2 i protagonisti attesi, tranne Marco Andretti, fuorviato da una modifica alla vettura effettuata nel passaggio dal primo tentativo con la mescola dura a quella “rossa”. L’americano partirà quindi in ottava fila. Il compagno Hunter Reay si è salvato per pochi centesimi dall’attacco di Spencer Pigot, mentre a sorpresa Carlos Munoz ha portato al secondo turno la vettura del team Foyt dopo delle libere non entusiasmanti.
Il secondo gruppo ha subito presentato una sorpresa quando un errore di Bourdais all’inizio della sessione ha ridotto il tempo a disposizione a meno di 5 minuti, oltre a porre subito fine alle speranze del pilota francese. Scott Dixon ha confermato il ritmo impressionante mostrato nelle libere, riuscendo ad abbattere il muro del minuto e un secondo. La sorpresa vera è arrivata però con la bandiera a scacchi, che ha visto Pagenaud e Castroneves non riuscire a mettere insieme un giro sufficiente a passare il taglio. Impresa riuscita invece a Sato e Rahal, in difficoltà nelle prove.
St. Petersburg – 11/03/2017 – Qualifica 1
Gruppo 1
Gruppo 2
Pos.
Pilota
Tempo
Distacco
Pilota
Tempo
Distacco
1
Will Power
1.01.0506
Scott Dixon
1.00.9602
2
Charlie Kimball
1.01.1823
0.1317
Josef Newgarden
1.01.1110
0.1508
3
James Hinchcliffe
1.01.2237
0.1731
Takuma Sato
1.01.3775
0.4173
4
Max Chilton
1.01.3032
0.2526
Tony Kanaan
1.01.5067
0.5465
5
Carlos Munoz
1.01.5238
0.4732
Alexander Rossi
1.01.5347
0.5745
6
Ryan Hunter-Reay
1.01.5416
0.4910
Graham Rahal
1.01.5874
0.6272
7
Spencer Pigot
1.01.5898
0.5392
Simon Pagenaud
1.01.6129
0.6527
8
Marco Andretti
1.01.6070
0.5564
Helio Castroneves
1.01.7159
0.7557
9
Mikhail Aleshin
1.01.7674
0.7168
Ed Jones
1.01.7598
0.7996
10
JR Hildebrand
1.01.8465
0.7959
Conor Daly
1.02.2030
1.243
11
Sebastien Bourdais
senza tempo
La Q2 ha visto subito Hunter-Reay fuori gioco per una toccata di troppo contro il muro, senza però causare l’uscita della bandiera rossa. Scott Dixon ha addirittura migliorato il giro impressionante sfoderato in Q1, rimanendo il solo a potersi avventurare sotto il muro del minuto e un secondo. Alle sue spalle un Hinchcliffe in gran forma ha preceduto Newgarden e il sorprendente Sato, unico dei piloti del team Andretti ad accedere alla Fast Six. Accesso arrivato un po’ con il fiatone anche per Will Power e Tony Kanaan, con il brasiliano protagonista anche di un dritto. Un po’ di delusione per Chilton e Rossi, frenati dal traffico e fuori dalla Q3 per meno di un decimo.
St. Petersburg – 11/03/2017 – Qualifica 2
Pos.
Pilota
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
1.00.9293
2
James Hinchcliffe
1.01.1891
0.2598
3
Josef Newgarden
1.01.1915
0.2622
4
Takuma Sato
1.01.2691
0.3398
5
Will Power
1.01.3176
0.3883
6
Tony Kanaan
1.01.3211
0.3918
7
Max Chilton
1.01.3516
0.4223
8
Alexander Rossi
1.01.5198
0.5905
9
Charlie Kimball
1.01.6066
0.6773
10
Graham Rahal
1.01.6168
0.6888
11
Carlos Munoz
1.01.7399
0.8106
12
Ryan Hunter-Reay
1.03.1588
2.229
Nonostante le difficoltà in Q2, quando il giro veloce vale la posizione in griglia Will Power tira fuori il meglio e la Fast Six di St. Petersburg ne è stata l’ennesima prova. L’australiano ha infatti pressoché replicato il proprio giro più veloce, segnato in Q1, centrando la settima pole sulle strade della Florida. Un errorino nel primo settore ha invece impedito a Scott Dixon di ripetere i tempi inavvicinabili segnati nelle prime due frazioni di qualifica. Il neozelandese ha comunque centrato la prima fila, precedendo un solido Hinchicliffe. Il Sindaco ha confermato il buon ritmo mostrato in prova, piazzandosi davanti a Newgarden, bravo comunque ad approdare in Fast Six nella sua prima uscita con il team Penske. Takuma Sato si è fatto valere anche nella ultima sessione, risultando più veloce di Tony Kanaan.
Il warm up vede Scott Dixon chiudere ancora una volta in testa davanti a Castroneves, Pagenaud, Pigot e Rahal. A fare notizia però è il brutto incidente che vede coinvolto Hunter-Reay, finito violentemente contro il muro di gomme della curva 10 a causa di un guasto ai freni posteriori. Inizialmente ricondotto ai problemi di surriscaldamento osservati nei giorni precedenti, il problema sembra invece risiedere nel circuito di alimentazione dell’impianto frenante. Un contatto con il muro meno grave ha poi visto coinvolto anche Aleshin, che se l’è cavata sostituendo l’ala posteriore.
St. Petersburg – 12/03/2017 – Warm Up
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
Distacco
1
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
General Electric
01:01.9292
–.—-
2
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
Hitachi
01:02.5026
0.5734
3
Simon Pagenaud
Penske
Chevrolet
1
PPG
01:02.5051
0.5759
4
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy Vodka
01:02.6087
0.6795
5
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Stake n’ Shake
01:02.6570
0.7278
6
Sebastien Bourdais
Coyne
Honda
18
Sonny’s
01:02.7550
0.8258
7
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
hhgregg
01:02.9578
1.029
8
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
01:03.0345
1.105
9
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
01:03.0660
1.137
10
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
01:03.1105
1.181
11
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
01:03.1608
1.232
12
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
01:03.1610
1.232
13
Will Power
Penske
Chevrolet
12
Verizon
01:03.1619
1.233
14
James Hinchcliffe
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
01:03.2049
1.276
15
Takuma Sato
Andretti
Honda
26
Panasonic
01:03.2400
1.311
16
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy Vodka
01:03.2874
1.358
17
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
01:03.4837
1.555
18
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
01:03.5015
1.572
19
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
01:03.5956
1.666
20
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Verizon
01:03.6579
1.729
21
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
01:03.7141
1.785
Nonostante la pole mancata, il ritmo mostrato nelle prove sembrerebbe consegnare a Scott Dixon il ruolo di favorito, temperature dei freni permettendo. Alexander Rossi potrebbe essere la sorpresa della corsa, essendo risultato il più veloce con gomme dure mentre le sventure in qualifica di Pagenaud, Castroneves e Bourdais garantiranno spettacolo nelle prime fasi, nonostante la modifica della curva 3 abbia probabilmente ridotto le possibilità di sorpasso nella staccata della curva 4. Dopo due giornate di sole il meteo potrebbe comunque giocare un ruolo decisivo sullo svolgimento della gara, in quanto le previsioni indicano come probabile la pioggia per la giornata di domenica.
Griglia di Partenza
Pos.
Pilota
Tempo
Pilota
Tempo
1
Will Power
1.01.0640
2
Scott Dixon
1.01.2219
3
James Hinchcliffe
1.01.3039
4
Josef Newgarden
1.01.7229
5
Takuma Sato
1.01.9851
6
Tony Kanaan
1.02.0824
7
Max Chilton
1.01.3516
8
Alexander Rossi
1.01.5198
9
Charlie Kimball
1.01.6066
10
Graham Rahal
1.01.6168
11
Carlos Munoz
1.01.7399
12
Ryan Hunter-Reay
1.03.1588
13
Spencer Pigot
1.01.5898
14
Simon Pagenaud
1.01.6129
15
Marco Andretti
1.01.6070
16
Helio Castroneves
1.01.7159
17
Mikhail Aleshin
1.01.7674
18
Ed Jones
1.01.7598
19
JR Hildebrand
1.01.8465
20
Conor Daly
1.02.2030
21
Sebastien Bourdais
senza tempo
I tempi riportati sono riferiti all’ultima sessione cui i piloti hanno partecipato. Per i piloti eliminati in Q1, le file sono formate dai piloti che hanno terminato nella stessa posizione nei due gruppi, con il posto più alto appannaggio dei piloti del gruppo 1.
I test di Sebring avevano dato delle speranze ma una vittoria Honda a St.Petersburg, feudo Chevrolet dal 2012, suonava quasi impossibile. Pensare poi che fra Ganassi, Andretti e Schmidt sarebbero stati proprio Bourdais e il pur rinnovato team Coyne a fare il colpaccio, sembrava pura fantascienza. E invece è andata proprio così, con il francese in victory lane, per di più dopo il disastro in qualifica e conseguente ultimo posto in griglia. La gara ha avuto il suo momento cruciale al giro 26, quando la direzione gara ha fatto uscire la pace car per ripulire i detriti di un contatto tra Kanaan e Aleshin. L’intento poteva essere giusto, ma il momento è stato totalmente sbagliato, perchè la neutralizzazione è arrivata nel bel mezzo di una finestra di rifornimento, con il gruppo di testa non ancora transitato in pit lane. Fino a quel momento la corsa, dopo un prevedibile incidente in curva 3 tra Rahal e Kimball che ha poi coinvolto anche Munoz, aveva vissuto sulla fuga solitaria di Hinchcliffe. Conquistato il comando con un’abile manovra all’esterno su Power, il canadese ha guidato largamente la corsa fino all’uscita della bandiera gialla, durante la quale ha poi effettuato la prima sosta insieme agli altri piloti di testa: Dixon, Sato, Newgarden, Pigot, Rossi, Kanaan e Chilton.
Non avendo alternative al fermarsi durante la neutralizzazione, il pacchetto di testa si è così ritrovato alle spalle di chi, come Pagenaud, Bourdais, Andretti, Jones e Castroneves tra gli altri, era stato meno efficace nel gestire il carburante. Fermatosi poco prima della bandiera gialla, questo gruppo ha invece ricevuto un regalo inaspettato e, a dirla tutta, immeritato dalla direzione gara, che avrebbe potuto attendere il completamento delle soste prima di avviare le operazioni di pulizia. Così non è stato e alla bandiera verde del 31° giro, mentre nel gruppo succedeva di tutto, Bourdais è andato all’attacco di Pagenaud assumendo il comando della gara. Senza ulteriori neutralizzazione e con gli altri favoriti invischiati nel traffico, la lotta per la vittoria si è ristretta ai due francesi, che hanno ingaggiato un duello a vista, basato in parte sulla velocità e in parte sui consumi. Dopo l’ultima sosta il campione in carica ha cercato di mettere pressione al connazionale, che però si è dimostrato più efficace nei doppiaggi, potendo anche contare su consumi migliori. Il distacco tra i due non è mai sceso sotto i due secondi, permettendo a Bourdais di centrare un successo insperato e per questo ancora più bello.
Alle loro spalle si è avuta invece una certa alternanza. Inizialmente il terzo posto è stato occupato da un sorprendente Jones, che liberatosi di Marco Andretti ha occupato il gradino più basso del podio fino alla seconda sosta, che lo ha visto sparire dalle posizioni di vertice. Il suo posto è stato quindi rilevato da Takuma Sato, che dopo aver superato un Power in crisi coi consumi sembrava avere il podio in cassaforte, prima che un problema all’ultima sosta lo facesse retrocedere al quarto posto alle spalle di Dixon. Il neozelandese è stato il migliore del gruppetto penalizzato dalla seconda bandiera gialla. Sopravvissuto in ripartenza a un bloccaggio delle ruote posteriori e conseguente intervento dell’anti stallo, il 4 volte campione ha dato l’ennesima dimostrazione del gran potenziale mostrato in prova, issandosi dal 14° al 4° posto grazie a una buona combinazione di sorpassi e strategia, raggiungendo poi il terzo posto grazie ai problemi di Sato. Senza bandiere gialle però Dixon non ha potuto fare nulla per rientrare nel discorso vittoria, risultando staccato da Bourdais di oltre 25″ dopo l’ultima sosta.
Quarto ha concluso Hunter-Reay, protagonista di una domenica infernale. A muro nel warm up per un guasto ai freni, un problema elettronico ha costretto l’americano a precipitarsi in pit lane prima della bandiera verde, salvandosi per pochi secondi dal doppiaggio grazie all’incidente tra Rahal e Kimball. Dopo di che è iniziata un’infinita rincorsa a ritmo da qualifica, che dopo l’ultima sosta ha visto il campione 2012 emergere davanti a Hinchcliffe, Newgarden e Castroneves, con cui ha lottato per buona parte della corsa, per poi riuscire a soffiare il quarto posto a Sato all’ultimo giro.
Anch’essi aiutati dalla bandiera gialla del 26° giro, Castroneves e Andretti hanno chiuso rispettivamente al sesto e settimo posto. Se il brasiliano, protagonista di una prova solida ma senza acuti, ha completato l’ultimo tratto di corsa in solitario, Andretti ha dovuto difendersi da Newgarden, penalizzato dalla strategia ma meno efficace di Dixon e Hunter-Reay nel recupero. Discorso estendibile a Hinchcliffe, che dopo essersi preso con la forza il primo posto e aver comandato d’autorità le prime fasi, non è riuscito a venire fuori dal gruppo, rimanendo anche staccato dopo l’ultima sosta. La top ten è stata chiusa da un positivo Ed Jones, a lungo tra i primi cinque ma inghiottito nel gruppo dopo l’ultima sosta. Una problema a una gomma ha impedito a un veloce Alexander Rossi di continuare la sua infinita battaglia con Hinchcliffe e Newgarden, relegandolo all’11° posto davanti a Kanaan, la cui corsa è stata segnata dall’evitabile contatto con Aleshin che ha causato la famigerata neutralizzazione del 26° giro. In difficoltà con i freni, il brasiliano ha chiuso davanti a Hildebrand e Aleshin, impalpabili per tutto il fine settimana. Dopo aver brevemente lottato in mezzo al gruppo Conor Daly si è presto ritrovato staccato di un giro come Max Chilton, che ha navigato in top ten nelle prime fasi.
Will Power è stato classificato come il primo dei ritirati. Una corsa complicata per il campione 2014, subito passato da Hinchcliffe e afflitto da problemi al motore. Autore di una prima sosta molto anticipata, le cose sono peggiorate quando un errore dei meccanici ha costretto l’australiano a passare sulla pistola del cambio gomma, infrazione che gli è costata una penalità. La bandiera gialla del 26° giro ha graziato Power, rimettendolo in corsa, ma la diversa sequenza di rifornimenti lo ha poi costretto a un continuo gioco al risparmio che lo ha lentamente fatto scivolare fuori dalla zona podio. La sua corsa è poi finita quando i problemi al propulsore hanno ridotto le prestazioni della vettura a tal punto da costringere la direzione gara a “parcheggiare” la Dallara #12.
La delusione più grande della gara è venuta forse dal ritiro di Spencer Pigot. Dopo essere salito al 10° posto in seguito all’incidente del primo giro, il campione IndyLights 2015 ha inanellato una strepitosa sequenza di sorpassi, che lo ha visto raggiungere la quinta piazza dopo aver infilato Pagenaud, Chilton, Kanaan e Rossi. La sua corsa è però finita con l’esplosione del disco freno posteriore sinistro, proprio mentre il californiano si apprestava a effettuare la prima sosta.
Il ritiro di Pigot e i problemi denunciati da Kanaan sono stati apparentemente gli effetti più gravi della complicata situazione dell’impianto frenante misto Brembo-PFC, che sulle strade di St. Petersburg oltre ad aver confermato i problemi di surriscaldamento già sperimentati nei test di Sebring, ha evidenziato un comportamento inconsistente. Questo ha di fatto obbligato diversi piloti a sacrificare almeno la prima giornata di prove per adattarsi al comportamento particolare del nuovo sistema, che ha probabilmente condizionato il rendimento, tra gli altri, di Daly e Aleshin, mai della partita. I test previsti sullo stradale di Barber tra dieci giorni dovrebbero permettere a squadre e fornitori di risolvere i problemi di raffreddamento, con la speranza che tutti i piloti possano mostrare il loro pieno potenziale nel prossimo appuntamento di Long Beach, tra due settimane.
St. Petersburg – 12/03/2017 – Ordine d’arrivo
Pos.
Pilota
Squadra
Vettura
N
Sponsor
Tempo
1
Sebastien Bourdais (LL) (L)
Coyne
Honda
18
Sonny’s
110 giri in 02:04:32.4153 – 95.391 mph
2
Simon Pagenaud (L)
Penske
Chevrolet
1
PPG
10.351
3
Scott Dixon
Ganassi
Honda
9
General Electric
27.499
4
Ryan Hunter-Reay
Andretti
Honda
28
DHL
36.115
5
Takuma Sato (L)
Andretti
Honda
26
Panasonic
36.168
6
Helio Castroneves
Penske
Chevrolet
3
Hitachi
42.029
7
Marco Andretti
Andretti
Honda
27
hhgregg
49.522
8
Josef Newgarden
Penske
Chevrolet
2
Verizon
50.044
9
James Hinchcliffe (L)
Schmidt
Honda
5
Arrow Electronics
58.863
10
Ed Jones
Coyne
Honda
19
Boy Scouts of America
1.01.861
11
Alexander Rossi
Andretti
Honda
98
Napa
1 giro
12
Tony Kanaan
Ganassi
Honda
10
NTT Data
1 giro
13
JR Hildebrand
Carpenter
Chevrolet
21
Fuzzy Vodka
1 giro
14
Mikhail Aleshin
Schmidt
Honda
7
SMP
1 giro
15
Conor Daly
Foyt
Chevrolet
4
ABC Supply
1 giro
16
Max Chilton
Ganassi
Honda
8
Gallagher
1 giro
17
Graham Rahal
Rahal
Honda
15
Stake n’ Shake
2 giri
18
Charlie Kimball
Ganassi
Honda
83
Tresiba
3 giri
19
Will Power (P) (L)
Penske
Chevrolet
12
Verizon
Mechanical
20
Spencer Pigot
Carpenter
Chevrolet
20
Fuzzy Vodka
disco freno
21
Carlos Munoz
Foyt
Chevrolet
14
ABC Supply
Mechanical
P = Punto per la pole position;
L= Punto per aver condotto almeno un giro in testa;
LL= due punti per aver condotto il maggior numero di giri in testa
Il 2017 per l’IndyCar si presenta, ancora una volta, come una stagione di transizione. Dopo appena tre anni gli aerokit giungono al capolinea, rei di aver aumentato i costi, ridotto le possibilità di sorpasso, reso le vetture meno accattivanti ma soprattutto aver creato una differenza prestazionale tra i costruttori che, a ben guardare, è l’essenza di qualunque competizione tecnologica. In un tempo in cui ogni sconfitta costituisce un danno di immagine ed economico inaccettabile però, una sana lotta tra case non è sostenibile in una categoria in lenta ripresa come l’IndyCar, che tra l’altro ha sempre fatto vanto dell’equilibrio delle forze in campo. Se il 2017 sarà quindi l’ultima stagione con due vesti aerodinamiche diverse (fino a un certo punto dato lo scopiazzamento reciproco attuato nel 2016), l’ormai abituale divario tra squadre Chevy e Honda potrebbe essere mitigato dal clamoroso passaggio del team Ganassi tra le formazioni del costruttore giapponese. Con una mossa non proprio inedita (2000, passaggio Honda-Toyota), il manager di Pittsburgh scompagina ancora le carte, rassegnandosi a una corsa in salita verso l’ennesimo titolo come prezzo da pagare per tornare a bere il latte nel victory circle di Indianapolis. La seconda maggiore incognita della stagione riguarda l’altra grande compagine del campionato. Dopo 5 anni in costante crescita Roger Penske ha deciso che la gavetta di Josef Newgarden è finalmente finita, arrivando al punto di rinunciare a Juan Pablo Montoya per ingaggiare chi, a detta di tutti, dovrebbe rappresentare il futuro della squadra e della serie. Sarà Newgarden in grado di rispettare le attese e diventare il campione del futuro? Lo sperano tutti, in primis la stessa IndyCar, in disperato bisogno di un personaggio americano giovane, fotogenico e vincente, in grado di attirare un popolo di teenager ormai del tutto disinteressato al mondo dell’auto.
Con la gran parte delle serie motoristiche in crisi di pubblico, è difficile valutare oggettivamente lo stato di salute del campionato, in quanto coesistono diversi segnali discordanti. Jay Frye, successore di Derrick Walker nel delicatissimo ruolo di President of the Competition, ha indubbiamente fatto un lavoro egregio nel 2016, in primis risolvendo la grana del Gran Premio di Boston grazie ai suoi contatti Nascar, che hanno portato al clamoroso ritorno di Watkins Glen. Tramite gli stessi canali Frye è poi riuscito a portare dalla sua anche tappe storiche come Phoenix e St. Louis, che si sommano al gran successo riscosso dal tanto atteso ritorno di Road America. Nonostante la mancanza di Milwaukee rimanga un vuoto incolmabile, è indubbio che il campionato stia lentamente cambiando il suo baricentro, spostato sempre più verso gli stradali permanenti rispetto ai circuiti cittadini, cosa che unità alla buona varietà di ovali presenti segna, si spera, l’inizio di una tendenza al ritorno nei circuiti storici, piuttosto che l’aggiunta di appuntamenti esotici, problematici nell’organizzazione e quasi mai remunerativi.
Se il numero di presenze in tribuna è complessivamente aumentato, considerando i pienoni di Indianapolis, Long Beach e Road America (cui si sono però contrapposti i numeri sempre più critici di Iowa e Texas), dopo un 2015 in crescendo gli ascolti televisivi hanno vissuto invece un anno di stagnazione, continuando ad attestarsi su cifre insignificanti (circa 500.000 spettatori a gara) dato il pubblico potenziale. La stessa Indianapolis, tornata dopo 20 anni al tutto esaurito in occasione della 100° edizione, non ha registrato particolari sussulti, confermando un disinteresse generalizzato quasi impossibile da sovvertire. Con i contratti televisivi in scadenza nel 2018, è auspicabile un passaggio totale della serie su NBC e il suo canale sportivo NBCSN, che già trasmette buona parte del campionato, eccetto St. Pete e le corse di Indianapolis e Detroit, in onda su ABC con modalità tutt’altro che accattivanti. L’esposizione televisiva rimane un problema cruciale per una serie alla disperata ricerca di sponsor, in cui tre squadre schierano oltre la metà delle vetture impegnate a tempo pieno.
Il 2018 aprirà quindi una nuova frontiera, tecnica e commerciale, avviando la fase finale del progetto DW12. L’intento dietro il ritorno ad un’unica veste aerodinamica è incentivare l’ingresso non solo di nuove squadre (Juncos e Carlin, già al top in IndyLights), ma soprattutto di nuovi costruttori, non più gravati dal peso di dover realizzare il proprio aerokit. Tanta è quindi l’attesa nel conoscere gli sviluppi delle sfide che la serie ha davanti, ma per il momento è bene concentrarsi su un 2017 che, seppur di transizione, promette come sempre grande spettacolo e una lotta senza quartiere fino all’ultima bandiera a scacchi di Sonoma.
NOVITà REGOLAMENTARI
Il 2017 non presenta novità regolamentari particolarmente rilevanti, sia sul piano sportivo che tecnico. Dopo aver concesso nell’inverno 2016 alla Honda uno sviluppo supplementare per ridurre le distanze dalla Chevrolet, la serie ha congelato gli aerokit in vista dell’unica veste aerodinamica che verrà implementata nel 2018. Anche i motori, i cui sviluppi significativi sono concessi con cadenza biennale, non hanno subito particolari variazioni, con le case impegnate solo in leggere operazioni di ottimizzazione. In risposta alle richieste di alcune squadre, che avevano lamentato l’inconsistenza dell’impianto frenante Brembo, dopo alcuni test comparativi la serie ha deciso di affidare la monofornitura alla Performance Friction Corporation, già impegnata nei tre livelli della Mazda Road to Indy. Per il 2017 le squadre utilizzeranno una soluzione mista, con la preesistente pinza Brembo accoppiata al sistema PFC, per poi passare nel 2018 alla completa fornitura della società americana.
Dal punto di vista sportivo le modifiche principali riguardano una diversa gestione del push to pass, che non sarà più limitato in funzione del numero di attivazioni, ma dalla lunghezza di queste. Su tutti i circuiti stradali e cittadini ai piloti saranno infatti concessi 200 secondi complessivi di attivazione, limitati a 150 nei soli appuntamenti di Sonoma, St. Petersburg e Detroit. Ciascuna attivazione avrà un effetto utile tra i 15 e i 20 secondi, a seconda del circuito, interrompibile dal pilota nel caso non sia più necessaria, permettendone quindi una gestione più efficace. Non sarà inoltre possibile attivare il P2P in partenza e nelle fasi di ripartenza, salvo nel caso in cui questa arrivi con due o meno giri da completare. Si ricorda che la potenza supplementare garantita dal sistema è ottenuta grazie a un incremento di 15 kPa della pressione generata dal turbo compressore, portando a 165 kPa la pressione di aspirazione rispetto ai canonici 150 kPa consentiti su stradali e cittadini. Il push to pass non è ammesso invece sugli ovali, dove rimangono i limiti di pressione di 140 kPa per gli ovali corti e 130 kPa per i super speedways, Texas compreso.
Altre variazioni regolamentari riguardano la durata dei primi due turni di prove libere, limitati a 45 minuti, oltre allo svolgimento delle qualifiche di Phoenix e Gateway, che si terranno poche ore prima della gara. Dietro richiesta dei piloti, più volte lamentatisi della impossibilità di provare le gomme morbide durante le prove libere, la Firestone metterà poi a disposizione un treno di pneumatici “rossi” aggiuntivo, portando il totale a quattro. Uno di questi, come anche uno degli pneumatici più duri, dovrà però essere restituito alla fine di una delle prime due sessioni di libere.
La serie ha poi deciso di confermare il discusso sistema di attribuzione dei punti introdotto nel 2015, che prevede l’assegnazione di un punteggio doppio per la Indy500 e l’appuntamento finale di Sonoma. Anche le qualifiche per la 500 miglia continueranno ad avere un punteggio dedicato. Un punto verrà ancora assegnato al pilota in pole position e a coloro che condurranno la corsa almeno per un giro. Due punti andranno invece a chi condurrà la corsa per il maggior numero di giri.
Posizione
Punteggio regolare
Qualifica Indy500
Indy500/Sonoma
1
50
42
100
2
40
40
80
3
35
38
70
4
32
36
64
5
30
34
60
6
28
32
56
7
26
30
52
8
24
28
48
9
22
26
44
10
20
24
40
11
19
23
38
12
18
22
36
13
17
21
34
14
16
20
32
15
15
19
30
16
14
18
28
17
13
17
26
18
12
16
24
19
11
15
22
20
10
14
20
21
9
13
18
22
8
12
16
23
7
11
14
24
6
10
12
25
5
9
10
26
5
8
10
27
5
7
10
28
5
6
10
29
5
5
10
30
5
4
10
31
5
3
10
32
5
2
10
33
5
1
10
1 punto per la pole position
1 punto per aver completato almeno un giro in testa
2 punti per aver completato il maggior numero di giri in testa
Le qualifiche su stradali e cittadini continueranno a seguire il formato dei tre turni a eliminazione, tranne nel doppio appuntamento di Detroit. Per entrambe le corse nella città del Michigan si svolgerà una sessione di qualifica composta da due turni, con le vetture divise tra questi in base alla classifica della sessione di prove libere precedente. I piloti in posizione pari parteciperanno al primo turno, quelli in posizione dispari al secondo. Le posizioni pari in griglia andranno ai piloti della sessione più veloce, quelle dispari ai piloti dell’altra. Ai piloti più veloci nelle due sessioni verrà assegnato un punto.
CALENDARIO
La grande novità del calendario è il ritorno dopo 14 anni dell’ovale corto di St. Louis, struttura costruita per la CART, che vi corse per la prima volta nel 1997. Nel 2001 il circuito venne inserito nel calendario IRL, fino al 2003, ultima corsa per vetture stile IndyCar, vinta da Helio Castroneves. La corsa, come nel caso di Phoenix, Texas e Iowa, si svolgerà in notturna. Il resto del calendario è confermato rispetto al 2016, con l’unica differenza data dallo slittamento della tappa di Phoenix, spostata a fine aprile. La struttura del calendario risulta così estremamente equilibrata, componendosi di 5 cittadini, 6 stradali permanenti e 6 ovali, di cui due super speedway, 1 ovale da 1.5 miglia e tre ovali corti.
Gara
Data
Evento
Pista
Tipologia
1
12 marzo
Firestone Grand Prix of St. Petersburg
St. Petersburg
Cittadino
2
9 aprile
Toyota Grand Prix of Long Beach
Long Beach
Cittadino
3
23 aprile
Honda Indy Grand Prix of Alabama
Barber
Stradale permanente
4
29 aprile
Desert Diamond West Valley Phoenix Grand Prix
Phoenix
Ovale corto
5
13 maggio
INDYCAR Grand Prix
Indianapolis GP
Stradale permanente
6
28 maggio
101st Indianapolis 500
Indianapolis
Super speedway
7
3 giugno
Chevrolet Detroit Grand Prix Race 1
Detroit 1
Cittadino
8
4 giugno
Chevrolet Detroit Grand Prix Race 2
Detroit 2
Cittadino
9
10 giugno
Rainguard Water Sealers 600
Texas
Ovale medio
10
25 giugno
Kohler Grand Prix
Road America
Stradale permanente
11
9 luglio
Iowa Corn 300
Iowa
Ovale corto
12
16 luglio
Honda Indy Toronto
Toronto
Cittadino
13
30 luglio
Honda Indy 200
Mid Ohio
Stradale permanente
14
20 agosto
ABC Supply 500
Pocono
Super speedway
15
26 agosto
Bomarito Automotive Group 500
Gateway
Ovale corto
16
3 settembre
INDYCAR Grand Prix at the Glen
Watkins Glen
Stradale permanente
17
17 settembre
Go Pro Grand Prix of Sonoma
Sonoma
Stradale permanente
TEAM E PILOTI
Con i primi quattro piloti della classifica 2016 in casa e i prevedibili problemi di adattamento del team Ganassi all’aerokit Honda, sono in molti a preventivare un poker del team Penske per il 2017. L’ipotesi è plausibile perchè gli ingredienti, tecnici e umani, ci sono tutti. Dopo un 2015 di transizione, data l’aggiunta della quarta vettura, nella passata stagione la squadra ha dimostrato di poter mettere in campo quattro programmi vincenti, che diventeranno cinque a Indianapolis, dove ai titolari si aggiungerà anche Montoya, che potrebbe prendere il via anche in qualche altra corsa.
Non ci sono motivi per cui Simon Pagenaud non possa imitare il suo mentore Gil De Ferran, conquistando due titoli consecutivi. Nel 2016 il francese ha mostrato un’applicazione maniacale, portando al limite un potenziale velocistico già eccelso (ben 8 le sue pole positions) e soprattutto ritornando quel mastino apprezzato ai tempi del team Schmidt, in grado di imporre il ritmo, tenere d’occhio i consumi e, all’occorrenza, mostrare i muscoli infilando un sorpasso dietro l’altro anche nei confronti dei compagni, cosa non sempre accaduta nel 2015. Anche sugli ovali i suoi progressi sono stati evidenti, non vale ancora un Montoya ma non ha nulla da invidiare a Power. La vittoria a Indianapolis è ormai un obiettivo dichiarato e ampiamente alla sua portata. Il modo aggressivo con cui in Texas ha lottato nel finale per recuperare un giro, accontentandosi poi del quarto posto, è la testimonianza di un cervello perfettamente in grado di dosare con sapienza aggressività e calcolo. Il francese sarà ancora supportato da una squadra ormai perfettamente coesa, con il fido Ben Bretzman come ingegnere e Kyle Moyer sempre pronto a raddrizzare con la strategia le (poche) giornate storte.
L’approdo di Newgarden alla Penske è, insieme al cambio di casacca del team Ganassi, il principale motivo di interesse della stagione. Un matrimonio quasi obbligato, data la pressione di pubblico e media che ormai da anni spingevano per il passaggio del pilota del Tennesse in un top team. Dopo la parentesi Allmendinger, per la Penske si tratta del ritorno in grande stile di un pilota americano, come non accadeva dai tempi di Hornish. Con il pensionamento ormai prossimo di Castroneves e la tipica ricerca di stabilità che accompagna il Capitano nella scelta dei piloti, è evidente che l’ingaggio di Newgarden rappresenta un investimento a lungo termine per la squadra. Tutti lo aspettano come il dominatore del futuro, già si prospettano opportunità in Nascar, Tim Cindric ha lasciato Power per assicurare una transizione indolore e la squadra a sua disposizione è quella di Montoya, ormai del tutto collaudata. Sarà Newgarden all’altezza di cotante premesse? In base a quanto visto gli ultimi due anni, si. In qualifica non è sempre stato un fulmine di guerra, ma la sua velocità in gara è indubbia, la grinta evidente, l’adattabilità ai diversi circuiti assodata. Rimane da vedere se gli errorini visti qua e là nel 2016 vanno attribuiti all’estremo tentativo di far primeggiare una vettura non al top o sono sintomo di una maturazione ancora non completa.
Due sono i principali problemi che Newgarden dovrà superare. Fin dai test di fine 2016 è emersa una profonda differenza negli assetti di base del team Penske rispetto a quanto sviluppato da Newgarden e Jeremy Miless nei team CFH/ECR. Sarà quindi fondamentale entrare subito in sintonia con Brian Campe, un processo non aiutato dalla riduzione delle giornate di test invernali. Sostituire un pilota della statura di Montoya, ben voluto e perfettamente inserito nel team, non sarà per niente semplice. Sarà quindi interessante osservare la reazione del gruppo esistente di piloti all’inserimento di un personaggio che, seppur rispettoso e dalla personalità aperta, vorrà comunque imporsi da subito, vincendo lo spauracchio della difficile stagione d’esordio di Pagenaud.
Will Power ha esattamente le stesse possibilità di Pagenaud di portare a casa il titolo. Superate le difficoltà fisiche di inizio 2016, l’australiano ha messo sù nel giro di sei gare un recupero che pochi, credevano possibile. Sugli ovali è ormai un pilota maturo, in grado di adattarsi all’evoluzione della corsa, come dimostrato a Pocono, dove ha ricordato Rick Mears per la gestione tattica della gara. Da questo punto di vista sarà però da valutare l’impatto della defezione di Tim Cindric, passato a gestire la strategia di Newgarden. Il suo posto verrà preso da Jon Bouslog, già al timone, con alterne fortune, delle ultime due stagioni di Montoya. Nonostante i progressi in qualifica di Pagenaud, forse l’unico pilota in grado negli ultimi anni di rivaleggiare apertamente con Power sotto l’aspetto della velocità, l’australiano appare ancora leggermente avvantaggiato in termini di prestazione pura, pur concedendo al rivale una visione strategica di corsa e campionato più efficace. Con una preparazione atletica ottimale e l’entusiasmo dato dalla nascita del figlio Beau, Power ha tutti gli strumenti per lanciare la sfida a Pagenaud fin da St. Pete. Se anche fosse vera la storia di Enzo Ferrari di un secondo perso dai piloti per ogni figlio, l’australiano potrebbe avere ancora margine su una parte della griglia.
Castroneves è probabilmente all’ultima stagione completa della sua carriera. Vinto lo spareggio con Montoya per lasciare il posto a Newgarden, grazie non solo a un contratto più lungo ma a una stagione tutto sommato positiva, il brasiliano si presenta ai nastri di partenza con le solite ambizioni: entrare finalmente nel circolo dei quattro volte vincitori di Indy e puntare sulla costanza per giocarsi il titolo fino alla fine. Ormai consapevole di non poter rivaleggiare con Power e Pagenaud in tutte le corse, Helio sa però di avere ancora la velocità per portare a casa risultati importanti. Solo la sfortuna nel 2016 gli ha negato 2/3 vittorie assolutamente alla sua portata. Nonostante non sia esente da errori, Roger Penske è ancora perfettamente in grado di risolvere la corsa per il suo pilota, ancora assistito tecnicamente da Jonathan Diuguid. Se sarà finalmente in grado di limitare i danni nelle (troppe) giornate storte, un’arte che non lo ha mai visto eccellere, a 42 anni Castroneves può ancora dire la sua per quel titolo troppe volte sfuggitogli.
Nuovi piloti, nuovo pacchetto tecnico, nuovo ingegnere, basteranno a far uscire finalmente dalla mediocrità il team Foyt? Che negli ultimi due anni la compagine texana sia stata affossata dall’aerokit Honda è un dato evidente, considerando le brillanti prestazioni di Sato nel 2013 e, in misura molto minore, nel 2014. Il fatto che, con due vetture, la squadra non sia però riuscita a capitalizzare il potenziale del pacchetto almeno negli ovali veloci, non depone a favore di un reparto tecnico che trova nell’innesto dell’ex direttore IndyCar Will Phillips un valido rinforzo. Nonostante gli sforzi di Larry Foyt, che ha lentamente cambiato la mentalità di una squadra che per anni ha fatto a meno anche dell’ingegnere di pista, una certa disorganizzazione latente rimane, come denunciato da Hawksworth. Al termine di due anni neri alla guida della vettura #41, l’inglese non le ha mandate a dire, accusando il team per la lentezza dei pit stop e salvando solo alcuni ingegneri, tra cui Daniele Cucchiaroni, che seguirà Conor Daly. Le cose inizialmente non saranno aiutate dalla migrazione del team, che avrà Indianapolis come base del programma #4 mentre il #14 rimarrà per il momento in Texas. Dato il ridottissimo numero di test a disposizione, anche il passaggio al pacchetto Chevrolet non darà probabilmente benefici immediati.
Sul fronte piloti, Daly e Munoz portano una boccata d’aria fresca. L’americano, al ritorno nel team dopo la Indy500 del 2013, ha già dimostrato di saper sgomitare nel gruppo e mettere a frutto strategie stravaganti. In gara è veloce, sbaglia poco e sa gestire i consumi, mentre la velocità in qualifica è ancora da verificare. Rimangono dei dubbi sul suo rendimento negli ovali, data la scarsa esperienza e il terribile assetto base del team Coyne nel 2016. Dopo tre anni all’ombra di Hunter Reay, Munoz riteneva di essere pronto per un trattamento da professionista, ma forse la chiamata non è stata esattamente quella attesa. Il colombiano ha un rapporto speciale con Indianapolis e in generale ha fatto vedere buone cose sugli ovali. Rimane invece più indecifrabile su stradali e cittadini, dove difficilmente ha tenuto il passo di Hunter Reay nelle corse (poche) in cui il team Andretti ha mostrato del potenziale. Per rivestire il ruolo di capo squadra dovrà trovare maggiore consistenza, oltre a controllare quell’aggressività che più volte lo ha condotto a incidenti evitabili.
Sam Schmidt ha apertamente dichiarato di aspettarsi delle vittorie da entrambi i suoi piloti, un obiettivo forse troppo ambizioso, per quanto non lontano dal realizzarsi nel 2016. Per entrare nel novero dei top team, la squadra ha deciso di puntare sulla consistenza, confermando piloti e ingegneri protagonisti del discreto 2016. Se la permanenza di Hinchcliffe non è mai stata in discussione, quella di Aleshin, dopo un’iniziale conferma, ha suscitato non poche speculazioni. Il russo e il suo sponsor SMP hanno infatti a lungo vacillato, attratti dall’idea di appoggiare il tentativo di Trevor Carlin di acquisire il team KV. Alla fine però il buon senso ha prevalso e il russo ha preferito il certo all’incerto, nonostante il rapporto di vecchia data con la squadra inglese, che nel 2010 lo ha portato al titolo World Series.
Superato pienamente il terribile incidente di Indianapolis, James Hinchcliffe è tornato il pilota veloce e versatile apprezzato al team Andretti. Reduce dall’ondata di popolarità seguita alla partecipazione a Dancing with the Stars, il canadese si è rituffato nella sua attività principale. Lui e Allen McDonald hanno ormai raggiunto una buona chimica, testimoniata dalla presenza quasi costante tra i migliori piloti Honda. E’ però il canadese il leader che la squadra cercava dopo la partenza di Pagenaud? Probabilmente no. Hinchcliffe è veloce, sbaglia poco e si adatta bene alle diverse configurazioni di tracciato, ma a volte sembra mancare della giusta dose di cattiveria per portare a casa il successo, come accaduto in Texas. Una o due vittorie non sono da escludere, ma il titolo, indipendentemente dalle prestazioni Honda, appare ancora un obiettivo fuori portata.
Superata la solita telenovela sui suoi finanziamenti russi, condita quest’anno dalla tentazione Carlin, Aleshin torna per la terza stagione con il team. Il russo è una delle personalità più interessanti del paddock. Non è uno show man fuori dalle piste (nonostante un notevole talento alla chitarra), parla poco, ma quando lo fa, dimostra di avere le idee chiare. Non fa segreto di volere un’IndyCar ancora più brutale e old-style, cosa che lo sta progressivamente tramutando in un favorito del pubblico. Una volta in pista poi da seguito alle poche parole, mettendo in mostra un pelo sullo stomaco notevole, come visto un po’ su tutti gli ovali e in particolare a Indianapolis, dove le sue correzioni hanno infiammato le qualifiche. Si è poi ripetuto a Pocono, andando vicinissimo al primo successo. Seppur ancora un po’ incostante, il russo ha mostrato di poter dire la sua su ogni tipo di circuito, correndo in modo sempre aggressivo ma, a differenza di alcuni colleghi, senza dare troppo da fare ai suoi meccanici. Come ammette lui stesso ha ancora bisogno di un po’ di esperienza, ma quando si tornerà al kit unico tutti dovranno fare i conti con lui. Per il 2017 l’obiettivo, a nostro avviso alla sua portata, è mettersi in mostra stabilmente tra i migliori piloti Honda, spostando a suo favore il confronto con Hinchcliffe.
Il 2017 apre per certi versi una nuova era per il team Ganassi, orfano della Target e di ritorno sotto il tetto Honda dopo tre stagioni. C’è chi legge una connessione tra le due cose, con la casa giapponese indiziata di fornire un cospicuo supporto economico alla squadra. Di certo la vettura completamente bianca che Dixon ha portato in pista ai test di Phoenix, non ha aiutato a dissipare i dubbi, ma è chiaro che la squadra non lesinerà sforzi nel sostenere l’impegno del suo alfiere principale, tanto che importanti annunci di sponsorizzazione sono attesi a breve. In molti pensano che nelle mani del team Ganassi sarà finalmente possibile vedere il potenziale dell’aerokit Honda. Ricordando le difficoltà di adattamento al motore Chevrolet, e soprattutto considerando i pochissimi test a disposizione prima di St. Petersburg, anche per una struttura di tale qualità sarà comunque difficile risultare immediatamente competitiva per la vittoria. Se il ritorno alla Honda rientra in un progetto a lungo termine, non è comunque da sottovalutare l’importanza per Chip Ganassi di Indianapolis, dove nel 2016 la casa giapponese ha dominato mentre la compagine di Chip non trionfa da ben 5 anni.
Dopo qualche incertezza sulla posizione di Kanaan e sulle intenzioni di Chilton, Ganassi ha confermato lo schieramento di forze del 2016, facendo ancora gravare il peso delle responsabilità su Scott Dixon. Il neozelandese rimane con Power e Pagenaud uno dei tre migliori piloti della serie. Nel 2016 solo problemi tecnici e sfortune varie lo hanno tenuto fuori dalla lotta per il titolo, anche se gli errori di Mid Ohio e Texas sono stati tutti farina del suo sacco. Il migliore nell’andare forte risparmiando carburante, con la sua maestria nei circuiti stradali, i suoi continui miglioramenti nei cittadini e la sua solidità sugli ovali, il 4 volte campione non ha particolari punti deboli. Mago delle rimonte in campionato, non è forse altrettanto bravo nel togliersi dai guai quando, per strategia o sfortuna, si ritrova in mezzo al gruppo, una condizione in cui gli alfieri del team Penske risultano più efficaci. Aldilà dell’infinita classe di Dixon, è chiaro comunque che le sue possibilità di titolo dipenderanno essenzialmente dal se, e quando, il team Ganassi riuscirà a rendere il pacchetto Honda costantemente competitivo con le Penske.
Nonostante condizioni di debutto favorevolissime, il 2016 di Chilton è risultato piuttosto incolore. A parte due belle qualifiche a Road America e Watkins Glen, l’inglese non è infatti andato oltre un settimo posto, finendo abbondantemente dietro Alexander Rossi nella battaglia dei rookies. La squadra però si è detta soddisfatta della stagione dell’ex F1, forse più attirata dai soldi sicuri garantiti dal padre che dalla sua effettiva abilità al volante. Con una stagione intera alle spalle comunque Chilton, guidato via radio da Julian Robertson e seguito tecnicamente da Brandon Fry, ha tutti gli strumenti per smentire i suoi critici, non ultima la conoscenza dei cittadini più sconnessi, la tipologia di circuito cui ha faticato maggiormente ad adattarsi. Dopo un 2016 di proclami disattesi non ci si aspetta miracoli, specie considerando le incertezze legate alla competitività del pacchetto Honda. Mettersi dietro Kimball con regolarità e accorciare le distanze da Kanaan e Dixon dovrebbero essere obiettivi alla sua portata.
Con Newgarden e Rossi sul mercato e l’eccellente test svolto da Felix Rosenqvist a Mid Ohio, Ganassi aveva diverse possibilità per rafforzare il suo parco piloti, decidendo però di dare ancora fiducia a Tony Kanaan. Il brasiliano, che pare sia adorato dallo sponsor NTT Data, dopo un 2014 da sorprendente spina nel fianco di Dixon, si è visto progressivamente relegato a spalla del neozelandese, risultando spesso meno efficace, soprattutto in qualifica. Questo su stradali e cittadini, perché nei circuiti ovali il campione 2004 è ancora in grado di rivaleggiare con chiunque. Data la superiorità Honda a Indianapolis, il brasiliano ha quindi ottime possibilità di centrare il secondo successo al Brickyard, mentre nell’arco del campionato sembra improbabile che possa invertire gli equilibri interni, che ormai appaiono ben cristallizzati.
Per Charlie Kimball il 2017 sarà la settima stagione al team Ganassi. Dopo due anni di apprendistato, la vittoria di Mid Ohio e il gran finale di 2013 sembravano averlo sbloccato, preparandolo a mostrare tutto il suo potenziale. La tanto attesa esplosione non è invece arrivata, consegnandoci tre stagioni ugualmente mediocri, fatto salvo il bel terzo posto a Indy 2015. Con ormai una lunghissima esperienza nella serie e una crew che comprende figure di spicco come l’ingegnere Eric Cowdin, una colonna del team come Ricky Davis a fare da crew chief e il team manager Scott Harner al muretto, non dovrebbero esserci più scuse. Anche in questo caso i risultati dipenderanno dall’adattamento all’aerokit Honda, ma per Kimball sarà imperativo non finire dietro Chilton come accaduto talvolta nel 2016.
Gli ultimi due anni con l’aerokit Honda possono essere stati duri per il team, ma sono certamente serviti per rilanciare l’immagine di Graham Rahal. Dopo la negativa esperienza al team Ganassi e due stagioni pessime sotto l’ala protettrice del padre, la carriera di Graham sembrava davvero al capolinea, tale era non solo il volume di critiche ma anche lo sconforto con cui il pilota dell’Ohio ha affrontato la stagione 2014. L’arrivo degli aerokit, insieme alla costituzione di un gruppo di lavoro estremamente coeso che vede Eddie Jones alla regia tecnica e Ricardo Nault al muretto al posto di papà Bobby, hanno però ridato motivazione a Graham, tornato stabilmente il pilota veloce e aggressivo intravisto fino al 2011. Se un pilota vincente e un metodo di lavoro snello e privo di fronzoli hanno dimostrato di poter fruttare più delle risorse di un top team come Andretti Autosports, nel 2016 i pochi mezzi a disposizione della squadra si sono però fatti sentire nella preparazione di Indianapolis, in cui l’impossibilità di effettuare estensive prove e simulazioni ha fatto precipitare il team in una spirale tecnica senza uscita. L’assunzione di Tom German, storico ingegnere di De Ferran e Hornish alla Penske e con Alexander Rossi nel 2016, dovrebbe aiutare a correggere queste derive nello sviluppo, oltre a far crescere il team sugli ovali corti, configurazione in cui raramente Rahal ha brillato. Per il 2017 l’obiettivo è quindi confermare l’eccellente forma mostrata sugli stradali, limitando i danni sulle piste sconnesse, vero tallone d’Achille dell’aerokit Honda, per poi puntare alla vittoria a Indianapolis e negli altri ovali veloci. In attesa del kit unico nel 2018, per sperare nel titolo quest’anno si dovranno ripetere le circostanze favorevoli, in termini di strategia e imprevisti ai favoriti, che nel 2015 hanno tenuto la contesa aperta fino a Sonoma. La squadra schiererà una seconda vettura per Oriol Servia alla Indy500. Lo spagnolo, tornato in eccellente forma e desideroso di un’ultima stagione da titolare, gode della profonda stima dei Rahal, fiduciosi che la sua esperienza possa far crescere l’intera operazione, a differenza di quanto accaduto nel 2016 con Spencer Pigot, troppo giovane per poter aiutare nello sviluppo. Il programma di Servia prevede al momento la sola 500 miglia, ma la squadra si sta muovendo per schierare la seconda vettura in quante più appuntamenti possibili, specie se Rahal dovesse risultare ancora in corsa per il titolo nelle ultime gare.
Dopo due stagioni di sofferenza, Dale Coyne torna a fare le cose in grande nel 2017, ingaggiando Sebastien Bourdais, già con il team nel 2011, accompagnato dal suo ingegnere in KV Olivier Boisson. A loro si aggiunge poi Craig Hampson, storico ingegnere del francese al team Newman Haas, da anni impegnato al team Andretti Autosports. Il duo Boisson-Hampson farebbe invidia anche ai top team, se poi a loro si aggiunge Michael Cannon, da due anni in forza alla squadra, si capisce che quello messo insieme da Coyne è un organico tecnico di prim ordine. Nonostante la squadra non navighi nell’oro, l’esperienza maturata sul kit Honda da Cannon e Hampson, unita alle conoscenze acquisite da Boisson sul pacchetto Chevrolet, potrebbero infatti permettere al team di presentarsi ai nastri di partenza con un set up di base decisamente competitivo, dando a Bourdais la possibilità di inserirsi da subito nelle posizioni che gli competono.
Bourdais rimane uno dei piloti più veloci del campionato. Reduce da una stagione frustrante al team KV, in cui incertezze economiche e continui cambiamenti di personale si sono uniti a problemi tecnici curiosi (specie ai freni), il 4 volte campione ChampCar ha alternato lampi di classe alle solite leggerezze che un pilota della sua levatura ed esperienza non dovrebbe più commettere. Non lotterà per il titolo ma non è difficile vederlo vincitore di qualche corsa, sia per la potenziale competitività della squadra che per la sagacia strategica di Coyne, che unite all’abilità/fortuna del francese di trovarsi al posto giusto nel momento giusto (come accaduto a Detroit negli ultimi due anni), rappresentano un mix di sicura efficacia
Per la prima volta da anni la squadra dovrebbe avere due piloti fissi per tutta la stagione, potendo contare sul milione di dollari ricevuto da Ed Jones per la conquista del campionato IndyLights. La promozione del pilota degli Emirati è ampiamente meritata, considerando non solo la conquista del titolo, ma anche lo scintillante esordio con il team Carlin nel 2015. Da un lato, debuttare nell’anno del congelamento degli aerokits costituisce un grosso ostacolo per Jones, che non potrà contare sul gran numero di test concessi la passata stagione. Dall’altro approdare al team Coyne in concomitanza di un rafforzamento tecnico di queste proporzioni, non potrà che avere effetti positivi su entrambe le vetture, consegnando al rookie una macchina già sulla strada tecnica corretta. In IndyLights Jones si è affermato come un pilota solido, veloce e dalla buona adattabilità. Il suo compito sarà imparare il più possibile da Bourdais, cercando di non farsi travolgere dal confronto col francese. Come accaduto a Daly, gli capiterà spesso di trovarsi nella parte alta del gruppo grazie alle strategie e dovrà essere bravo a mettersi in luce, dimostrando di poter subito lottare alla pari con i big della serie.
Quanto vale il team Carpenter senza l’accoppiata Newgarden-Miless? Questo è il quesito che aleggia sulla formazione del pilota di Indianapolis, che pur puntando per quanto possibile sulla continuità, affronta forse la stagione con più incognite che certezze. La defezione dell’ingegnere Jeremy Miless verso il team Andretti è stata compensata dall’ingaggio di Justin Taylor, fino a ottobre in forza all’Audi nel programma WEC ed elemento di sicuro talento, seppur a digiuno totale di ovali. Le vere incertezze derivano però dalla scelta dei piloti. Dopo aver brevemente sondato la possibilità Montoya, Carpenter ha deciso di puntare su JR Hildebrand come naturale evoluzione di un rapporto che va avanti da tre anni. Nessuna novità invece per il programma #20, con Spencer Pigot che si alternerà ancora con il patron dopo aver vinto la concorrenza di Zach Veach.
Per Hildebrand si tratta evidentemente di un’opportunità che capita una sola volta nella vita. Dopo il burrascoso licenziamento dal team Panther e tre anni di quasi totale inattività, in pochi onestamente avrebbero scommesso in questa seconda occasione…e molti sono gli interrogativi sulla scelta di Carpenter. Un titolo IndyLights vinto con ampio merito e alcune corse modeste con i team Herta e Dreyer&Reinbold, rimangono troppo poco per valutare le prestazioni di Hildebrand al di fuori di quanto fatto vedere al team Panther, una squadra tradizionalmente più concentrata sugli ovali. In questo tipo di piste Hildebrand si è spesso distinto, facendo vedere cose egregie ma commettendo anche errori terribili, come il muro di Fontana 2012 e ovviamente la Indy500 2011 buttata via all’ultima curva. Su stradali e cittadini invece il suo rendimento è sempre stato abbastanza mediocre. Carpenter però crede in lui. Le sue recenti uscite col team, sia alla Indy500 che nell’Indy GP, sono state tutto sommato positive, non lasciando trasparire i segni della lunga inattività, ne disagio nell’adattamento agli aerokit. Conferme di questo sono poi arrivate nei test di giugno a Road America, in cui l’americano ha dato prova di notevole acume tecnico (è laureato in ingegneria), oltre che di buona velocità. Sarà abbastanza per non far rimpiangere Newgarden? Probabilmente no, ma una vittoria su ovale è alla sua portata.
Anche per Spencer Pigot il 2017 è l’anno della verità. Dopo una Road to Indy immacolata, il giovane americano ha faticato più del previsto nell’adattarsi alla serie maggiore, risultando meno efficace non solo di Rossi e Daly, ma anche di RC Enerson, nettamente battuto in IndyLights. In gara ha già dimostrato di poter tenere un buon passo, correre con la testa e stare fuori dai guai. I problemi iniziano però prima, in qualifica, dove ha faticato parecchio a trovare il limite delle gomme di mescola più tenera. Se la scarsità di test invernali non gli sarà d’aiuto, una mano arriverà almeno dal treno aggiuntivo di gomme “rosse” concesso per il 2017. In una serie dove conquistare un sedile è difficile e conservarlo quasi impossibile (Chaves, Vautier e Karam insegnano), Pigot è stato bravo e fortunato ad avere una seconda possibilità, ma come per Hildebrand il suo 2017 farà la differenza tra trovare un posto stabile nella serie o dover cercare sistemazione in IMSA.
L’americano lascerà a patron Carpenter il sedile per i 6 ovali in calendario, trovando probabilmente posto su una terza vettura del team per la Indy500. Se il 2014, primo anno di condivisione della vettura, aveva visto il pilota di Indianapolis trionfare in Texas e lottare negli altri ovali, le ultime due stagioni sono risultate estremamente frustranti, dando adito a speculazioni su un possibile ritiro. La bella prova in Texas nel 2016 dimostra che Carpenter è ancora perfettamente in grado di lottare al vertice, ma con Pigot ancora in fase di apprendimento e il punto interrogativo sulle prestazioni di Hildebrand, il 2017 porta un carico di pressione aggiuntivo per il pilota-proprietario, da cui potrebbe dipendere l’intero bottino di vittorie di una squadra a segno da 5 stagioni consecutive. Se anche il 2017 dovesse risultare un buco nell’acqua, forse Carpenter dovrebbe considerare la possibilità di correre solo a Indianapolis, dando maggiore continuità al programma #20.
Il team Andretti è probabilmente la squadra più “all’angolo” del campionato. Nonostante una Indy500 dominata, nel 2016 l’organizzazione di Michael Andretti è uscita ancora sconfitta dal confronto con una struttura nettamente più piccola come il team Rahal, subendo spesso anche il sorpasso del team Schmidt. Un doppio affronto inaccettabile per quello che doveva essere il team di punta della compagine Honda. Con l’inaspettato arrivo di Ganassi poi è chiaro che, nonostante i segnali di crescita intravisti a fine 2016, il rischio di sprofondare ancora più indietro nelle gerarchie è reale. Per questi motivi Andretti è corso ai ripari, riportando in IndyCar Eric Bretzman, storico ingegnere di Scott Dixon, dal 2015 impegnato nel programma Nascar del team Ganassi. Compito di Bretzman sarà rimediare al pasticcio compiuto dal team nello sviluppo degli ammortizzatori, vero tallone d’Achille della squadra negli ultimi due anni. Il team potrà poi contare sui servigi di Jeremy Miless, stimatissimo ingegnere di Newgarden al team Carpenter, che seguirà Alexander Rossi.
Dopo quattro anni modesti ma illuminati da alcuni picchi spettacolari, Takuma Sato lascia il team Foyt, trovando casa grazie alla Honda in un top team. Inaspettatamente il giapponese si ritrova quindi tra le mani la migliore occasione della sua avventura americana, ritrovando Garrett Mothersead, suo ingegnere ai tempi del team KV. Dopo tanti anni tra F1 e IndyCar l’essenza di Sato è ormai chiara, per cui è facile prevedere prestazioni di altissimo livello alternate a errori marchiani e incidenti evitabili. Considerato quanto fatto vedere talvolta in piccole strutture come Rahal e Foyt, non si fatica comunque a vedere il giapponese in lotta per la vittoria in più di un’occasione. Chissà che non possa arrivare quello storico successo a Indianapolis sfumato per un soffio nel 2012. Sarà anche interessante osservare l’interazione con i nuovi compagni, alcuni dei quali vittime in passato di qualche improbabile manovra del giapponese.
Marco Andretti è reduce dalla peggior stagione della carriera. Se in altre occasioni l’americano era infatti riuscito a mettere a segno almeno qualche prestazione degna di nota, il suo 2016 ha visto solo una lunga sequenza di corse insulse, indipendentemente dal tipo di pista o dalla competitività delle vetture del team. Spiegare questa involuzione (solo tre anni fa era stato in lotta per il titolo) risulta francamente difficile, considerando soprattutto gli anni di esperienza e l’abitudine alle situazioni cariche di tensione e aspettative. Anche quest’anno l’inverno non ha mancato di portare le solite dichiarazioni bellicose, condite di una ritrovata serenità e un’attitudine più positiva verso il lavoro e le pressioni esterne. Sarà veramente così? Difficile a dirsi. Sicuramente Andretti ha tutte le doti per primeggiare negli ovali e anche su stradali e cittadini, pur rimanendo un gradino sotto ad Hunter Reay, è senza dubbio un pilota migliore di quanto mostrato nel biennio 2015/2016. Un aiuto nella gestione non solo della gara, ma dell’intero week end, potrebbe arrivare da Bryan Herta, soffiato a Rossi e chiamato a portare calma, ordine e serenità nella gestione tattica delle corse, in passato motivo di grandi discussioni tra Marco e il padre Michael.
Ryan Hunter-Reay rimane senza dubbio l’uomo di punta della squadra. A secco di vittorie per la prima volta dal 2009, l’americano è sempre uno dei piloti più completi della serie: grintoso, preciso e in grado di eccellere in ogni tipologia di circuito. Se la squadra avrà finalmente risolto i problemi che nel 2016 lo hanno condannato a numerose gare anonime, il campione 2012 ha ancora tutte le carte in regola per puntare al successo numero 2, sia in campionato che a Indianapolis. Per la corsa al titolo dovrà però limitare i cali di concentrazione che nel 2013 e 2014 hanno portato talvolta a errori non degni di un pilota del suo livello. Con l’arrivo di Eric Bretzman a ricoprire il ruolo di direttore tecnico, l’americano potrà anche contare sul supporto full time del suo storico ingegnere Ray Gosselin, che nel 2016 si divideva tra la sua vettura e il coordinamento di tutto il reparto tecnico.
La vittoria di Indianapolis può aver distolto l’attenzione dal resto, ma il 2016 di Alexander Rossi è stato in generale molto positivo. Nonostante i problemi nel set up di base della squadra, il giovane americano sugli stradali ha ampiamente rispettato le attese, dimostrandosi un pilota veloce e maturo, in grado di lottare duramente senza commettere errori. Sui cittadini neanche il suo talento ha potuto porre rimedio a una cronica mancanza di aderenza, mentre sugli ovali l’adattamento è andato oltre le previsioni di Herta e Andretti. Il trionfo di Indianapolis è arrivato si grazie a una prodigiosa opera di risparmio, ma solo diversi problemi durante le soste hanno impedito all’americano di inserirsi prima nelle posizioni di testa. Con un anno di esperienza alle spalle, sperando che la squadra veda la luce in fondo al tunnel tecnico in cui si è cacciata, Rossi ha tutte le carte in regole per lottare stabilmente nelle posizioni di alta classifica, rappresentando la più valida alternativa ad Hunter Reay. Aver perso Bryan Herta e Tom German potrebbe provocare un po’ di confusione nelle prime corse, ma con l’esperienza di Rob Edwards al muretto e Jeremy Miless come ingegnere, il team #98 non dovrebbe faticare troppo a ritrovare la strada giusta.
Per tutti telaio Dallara DW12 e gomme Firestone. Con pacchetto tecnico si intende motore e aerokit.
La stagione di addio degli aerokits, responsabili di una divisione in due classi della griglia nelle due stagioni precedenti, si rivela paradossalmente la più combattuta del triennio. Nell’inverno la Honda infatti cambia approccio nella gestione elettronica del motore, adottando mappature molto più aggressive che permettono non solo ai nuovi arrivati del team Ganassi di lottare per il titolo, ma anche a compagini come SPM e Coyne di arrivare al successo. La contropartita è però un’affidabilità tutt’altro che esemplare, specialmente a Indianapolis, dove i propulsori giapponesi saltano a più riprese. Chi vede il traguardo però lo fa da protagonista, come Takuma Sato, che al termine di una prestazione maiuscola, nega a Castroneves il quarto sigillo al Brickyard sfruttando l’indubbio vantaggio di potenza del motore targato HPD. Sugli scudi chiude anche Ed Jones, veloce e solido debuttante che a fine anno porta a casa il titolo di rookie of the year. Quello di rookie a Indianapolis gli viene però soffiato da Fernando Alonso, la cui clamorosa partecipazione risveglia l’interesse internazionale sulla corsa. In ombra a Indy eccezion fatta per Castroneves, la Penske mena però le danze nel resto della stagione, guidata da uno stellare Josef Newgarden, capace di imporsi nella squadra fin dalla prima stagione, mettendo in mostra una solidità mentale oltre le aspettative, che gli permette nel finale di avere la meglio su un altrettanto superlativo Dixon e il campione in carica Pagenaud.
Nonostante la sorprendente rimonta Honda, il team Penske ha ancora una volta capitalizzato il potenziale del pacchetto Chevrolet, dimostratosi ancora superiore nelle piste da alto carico, ma ancora deficitario sul terreno più caro alla casa di Detroit, Indianapolis. In lotta per il titolo con tutti e quattro i piloti, nonostante la tensione tra Pagenaud e Newgarden questa volta Tim Cindric e compagni hanno gestito il finale di stagione con intelligenza, evitando ulteriori duelli fratricidi e scongiurando l’ennesima beffa da un Dixon sempre in agguato.
Per Newgarden un titolo ampiamente meritato. Nonostante qualche errore di troppo, il pilota del Tennesse si è infatti dimostrato l’unico vero mattatore della stagione, vincendo ben 4 volte e su tutti i tipi di piste, eccetto gli ovali veloci. Soprattutto ha avuto il merito di inserirsi immediatamente in una realtà complessa come la Penske, instaurando subito un ottima collaborazione con il suo ingegnere Brian Campe, reduce da una deludente stagione con Montoya. Implacabile nel passo gara e duro quanto basta nel traffico, l’americano ha confermato di essere la potenziale superstar a stelle e strisce tanto attesa dalla serie. Pagenaud cede lo scettro con onore, al termine di una stagione positiva ma non esaltante. Inizialmente in difficoltà con il nuovo sistema frenante e raramente in totale sintonia con la sua vettura, il francese non ha mai mostrato il passo da dominatore del 2016, puntando tutto sulla regolarità. Fortunato in più occasioni a inizio stagione, è stato malamente beffato da una bandiera gialla proprio a Toronto, la gara che più avrebbe meritato. La sua stagione si è però decisa a St. Louis, dove i quindici punti persi nel discusso contatto con Newgarden hanno fatto la differenza nella classifica finale.
La miglior stagione degli ultimi anni è incredibilmente anche l’ultima in IndyCar per Helio Castroneves, dirottato in IMSA nel 2018. Sempre consistente ma anche incredibilmente veloce, il brasiliano dopo la vittoria (finalmente!) in Iowa e la pole a Toronto sembrava lanciatissimo in chiave titolo, motivato anche dalla speranza di rimanere in IndyCar, ma nelle ultime corse lo slancio si è smorzato, facendogli perdere la via del podio. Rimane comunque una stagione di alto livello, impreziosita da una superba prestazione a Indianapolis che avrebbe meritato miglior esito. Diversamente da Pagenaud, costante ma raramente spettacolare, nel 2017 Will Power ha alternato gare di assoluto dominio ad errori e prestazioni sottotono. Sul suo bilancio pesano in particolare l’evitabilissimo contatto con Kimball a Long Beach, la foratura in Alabama e l’incidente solitario di St. Louis. Nonostante le sei poles, il campione 2014 è sembrato soffrire Newgarden nella seconda metà stagione. Costante miglioramento in generale sugli ovali, con due successi e una vittoria sfiorata in extremis a Phoenix.
Dopo due anni catastrofici con Honda il team Foyt sperava di invertire la tendenza passando a Chevrolet, ma il tempismo non poteva essere peggiore. Mentre il pacchetto nipponico faceva infatti significativi progressi, il kit di Detroit ha mostrato il proprio potenziale solo nelle mani del team Penske. Con pochi test a disposizione, la squadra texana ha quindi impiegato metà stagione per venire a capo del nuovo pacchetto, non aiutata dalla ristrutturazione interna, con il direttore tecnico Will Phillips in difficoltà dopo anni passati a capo del team ingegneristico della serie. Ne è scaturita quindi una stagione sconfortante, con entrambe le vetture solo in sporadiche occasioni in grado di affacciarsi in top ten.
Difficile in questo caos tecnico trovare colpe dei piloti. In grande difficoltà con i freni nelle prime gare, Conor Daly ha vissuto un avvio di stagione orrendo, con il punto più basso segnato dall’evitabile incidente di Indianapolis e dal ritiro per problemi tecnici a Phoenix, corsa in cui il kit Chevy avrebbe garantito un posto in top ten. Grazie ad alcuni test proficui, l’americano è poi stato protagonista di un finale di stagione in crescendo, cogliendo un grande quinto posto a St. Louis, il miglior risultato del team. Munoz si è invece segnalato come la punta della squadra nella prima fase della stagione, riuscendo a mettere insieme 6 arrivi in top ten, tra cui Indianapolis.
Un 2016 in crescita e la stabilità dell’organico facevano ben sperare per il team SPM, protagonista di un avvio di stagione scoppiettante con James Hinchcliffe, velocissimo a St. Petersburg e poi stupendo vincitore a Long Beach. Dopo metà stagione però la luce sembra essersi spenta per la squadra, in grave difficoltà sugli stradali, il terreno meno adatto al pacchetto Honda insieme agli ovali corti. Le inaspettate difficoltà di Aleshin, meno veloce di Hinchcliffe e troppo spesso coinvolto in incidenti, hanno fatto il resto, portando ad un avvicendamento di piloti sulla vettura #7 che non ha certo aiutato lo sviluppo.
Un campionato a due velocità per il team Ganassi, super competitivo con Scott Dixon ma solo mediocre con gli altri tre programmi. La squadra ha dimostrato ancora una volta la sua strepitosa abilità tecnica, tirando subito fuori il meglio dal complesso kit Honda, caratterizzato da una banda di utilizzo molto più stretta rispetto a un pacchetto Chevrolet più “user friendly”. Il neozelandese, autore per una volta di un avvio di stagione efficace, ha guidato la carica mancando solo per sfortuna la vittorie nelle prime corse sui cittadini e dimostrandosi l’unico pilota Honda in grado di rivaleggiare con le Penske sugli stradali. Dopo il capolavoro di Road America, nonostante una leggera flessione nelle ultime corse il kiwi avrebbe potuto fare suo il titolo senza gli sfortunati (e del tutto incolpevoli) incidenti di Indy e Texas, costati ben oltre 50 punti.
Insieme al 2009, l’ultima stagione di Kanaan al team Ganassi è stata forse la peggiore della carriera. Inizialmente coinvolto in vari contatti sfortunati, il brasiliano ha perso via via motivazione, rimanendo sempre lontano da Dixon su stradali e cittadini, non riuscendo a brillare neanche sul terreno solitamente amico degli ovali, dove ha comunque aiutato il compagno in più di un’occasione. La stagione di Kimball si riassumo con i due motori rotti di Indy e Texas, le uniche due corse in cui il californiano, all’ultima stagione col team, ha effettivamente mostrato un buon potenziale. Senza acuti e particolari progressi anche la stagione di Chilton, in testa più a lungo di tutti a Indy grazie alla strategia e autore di prove effettivamente convincenti solo a Road America e Watkins Glen, confermando un adattamento alla serie ancora parziale.
Dopo un 2016 di conferme, un’altra stagione solida per Graham Rahal, che pur non riuscendo a inserirsi nel discorso titolo si è sempre segnalato tra i più veloci piloti Honda, mettendo insieme ben 12 arrivi in top ten e 6 presenze in Fast Six. Il momento topico della stagione è ovviamente arrivato a Detroit, dove l’americano ha guidato il dominio Honda in casa Chevy, cogliendo due perentorie affermazioni che lo hanno reso l’unico pilota in grado di vincere almeno una corsa nelle tre stagioni con l’aerokit giapponese. La doppietta del Michigan è andata a sanare la delusione di Indianapolis, dove il pilota dell’Ohio ha dovuto dire addio alle speranze di vittoria per via di una foratura.
Una stagione di scommesse perse per Ed Carpenter, a secco di vittorie per la prima volta dal 2013. I tre anni di assenza da un impegno full time non hanno infatti giovato a JR Hildebrand, mai a suo agio su stradali e cittadini. Non ha inoltre pagato la scelta di affiancare all’americano un ingegnere talentuoso ma esordiente nella serie come Justin Taylor. Non sorprende quindi che i due abbiano brillato solo negli ovali corti, dove Hildebrand ha potuto contare sulle efficacissime basi di assetto sviluppato dal duo Newgarden-Milless nel 2016. La punta del team è stato quindi più volte Spencer Pigot, spettacolare nelle prime corse in alcune rimonte dal centro gruppo, viziate però spesso da errori evitabili e qualche problema tecnico. Il californiano, ancora insufficiente in qualifica, ha però faticato a ripetere tali guizzi nella seconda metà di stagione. Stessa storia per Carpenter, raramente in grado di competere con Hildebrand sugli ovali.
Dopo due stagioni buie, eccezion fatta per Indianapolis, arriva finalmente il ritorno alla competitività per il team Andretti, in generale meno efficace del duo Ganassi-Dixon, ma comunque in grado di schierare almeno una vettura da top 5 in quasi ogni appuntamento, cosa verificatasi raramente nel 2016. Prezioso a questo proposito l’innesto di Ben Bretzman, che come nelle intenzioni ha fatto da collante nel reparto tecnico, oltre che di Jeremy Milless, subito in sintonia con Rossi.
Un anno memorabile per il trionfo a Indianapolis, ma incredibilmente con qualche rimpianto per Sato. Per nulla scoraggiato dalle ultime due stagioni catastrofiche al team Foyt, il giapponese ha mostrato la velocità e la grinta dei giorni migliori, centrando un successo che oltre a coronarne la carriera sembrava poterlo lanciare nella lotta per il titolo, sensazione confermata anche da un positivo Dual in Detroit. Peccato che poi sia arrivata la follia del Texas a frenare gli entusiasmi, con una stagione proseguita poi tra buone prestazioni (soprattutto in qualifica) alternate a qualche errore e varie sfortune. Per Andretti solo timidi miglioramenti ma niente di quanto la collaborazione con Herta faceva presagire. L’ex pilota californiano ha portato calma e metodo nella pit stand #27, contribuendo a migliorare la gestione dell’evento di Andretti, spesso tra i più veloci nelle prove libere ma poi immancabilmente in ombra in qualifica. Innumerevoli problemi tecnici nelle prime corse hanno poi fatto il resto, interrompendo la progressione e portando alla solita stagione da comparsa.
Il week end di St. Pete si apre con un grosso punto interrogativo sul sistema frenante ibrido PFC-Brembo, che dopo dei primi test incoraggianti da parecchi grattacapi nelle ultime prove di Sebring e poi anche in Florida. Scott Dixon e il team Ganassi dominano le prove, guidando la sorprendente carica delle squadre Honda. A beffare tutti in qualifica è per il solito Will Power, che dopo una bandiera gialla iniziale per un incidente tra Rahal e Kimball deve cedere il comando all’arrembante Hinchcliffe. Mentre Power è tra i primi a visitare la corsia box, il canadese comanda con margine la prima fase di gara, fino a quando la pace car non è mandata in pista per eliminare alcuni detriti. L’infelice chiamata della direzione gara segna la corsa, spedendo in fondo alla classifica il gruppo di testa, che fermandosi sotto bandiera gialla finisce dietro ai piloti già transitati in pit lane. A trarne vantaggio sono Pagenaud, in difficoltà con i freni nelle prove, e Bourdais, contro le gomme in qualifica. Il pilota di Coyne, partito ultimo, dopo aver passato il connazionale assume il comando delle operazioni, controllando un non irresistibile Pagenaud fino al traguardo per andare a cogliere un’insperato successo. Alle loro spalle Sato occupa a lungo la terza piazza, prima che un ultima sosta difficile lo spedisca dietro al rimontante Dixon, bravo a recuperare fino al podio dopo essere finito quasi in fondo al gruppo. Un bel finale conduce al quarto posto Hunter-Reay, che beffa Sato in vista del traguardo, mentre problemi elettronici costano un buon piazzamento a Power.
A Long Beach nelle prove Castroneves tiene alto l’onore Chevrolet, conquistando la terza pole di fila in California in una Fast Six che coinvolge ben cinque piloti Honda. Un problema di elettronica lascia però indietro il brasiliano in partenza, lanciando al comando Scott Dixon, che dopo una neutralizzazione per un incidente tra Kimball e Power guida la corsa pressato da Hunter-Reay, Hinchcliffe e Rossi, fino a quando Andretti non rallenta in pista. Memore del disastro strategico di St.Pete, Mike Hull richiama subito Dixon in pit lane, ma l’intervento della pace car non arriva. Il neozelandese è quindi costretto ad abbandonare la strategia a due soste, rassegnandosi alle tre fermate come molti avversari tra cui Pagenaud, in rimonta dopo essere partito dal fondo per una penalità in qualifica. Quando tutti completano l’ultima sosta, Hinchcliffe assume il comando della corsa davanti ad Hunter Reay e Rossi. Dopo aver passato spettacolarmente il compagno, il rookie of the year 2016 si lancia all’inseguimento del canadese, prima di essere tradito dal motore. Poco dopo problemi elettronici costano il ritiro anche a Sato e Hunter Reay, completando il disastro del team Andretti. In seconda posizione si ritrova così Bourdais, che nel finale lascia andare Hinchcliffe, guardandosi le spalle da Newgarden. Per il canadese arriva quindi il primo successo dopo l’incidente di Indy 2015, mentre il francese consolida il comando in classifica e Newgarden coglie il primo podio per la Penske. Dixon porta a casa un deludente quarto posto precedendo Pagenaud, sopravvissuto anche a una foratura.
Dopo due corse difficili, Will Power centra la seconda pole position stagionale a Barber, precedendo Castroneves. Newgarden è solo settimo, ma con un treno di gomme fresche in più comincia la sua rimonta, facendosi largo a ruotate tra Hinchcliffe e Pagenaud, per poi installarsi in seconda piazza dopo la prima sosta. Nonostante un certo elastico rispetto al duo Dixon-Newgarden, Power in testa sembra avere la corsa in pugno, ma una foratura nel finale lo obbliga a una sosta supplementare, lasciando il campo libero al nuovo arrivato, che dopo un bel sorpasso in ripartenza contiene Dixon fino al traguardo, centrando il primo successo stagionale.
Come ampiamente previsto, la Chevrolet la fa poi da padrona a Phoenix, occupando i primi cinque posti in qualifica. La gara è quindi un affare privato tra le Penske e Hildebrand. Peccato che anche la loro battaglia sia però quasi del tutto dipendente dai pit stop, data l’estrema difficoltà di sorpasso indotta da una deportanza esagerata. Mentre Newgarden getta al vento un probabile podio rovinando per ben due volte la propria ala anteriore nel traffico, Power domina la gara, rimanendo però beffato da una bandiera gialla che lancia al comando Pagenaud. Protetto da un mare di doppiati Honda, il francese nel finale è quindi libero di veleggiare verso il primo successo su ovale, precedendo l’australiano, che nel finale deve guardarsi le spalle da un aggressivo Hildebrand. Un incidente multiplo alla prima curva rovina invece la corsa del capo classifica Bourdais.
Pos.
Pilota
Punti
1
Simon Pagenaud
159
2
Scott Dixon
141
3
Josef Newgarden
133
4
Sebastien Bourdais
128
5
James Hinchcliffe
120
6
Helio Castroneves
118
7
Will Power
91
8
Tony Kanaan
87
9
Ryan Hunter-Reay
82
10
Ed Jones
81
Will Power ci riprova nel successivo Indy GP, precedendo ancora Castroneves. L’australiano comanda le prime fasi, subendo però il sorpasso del compagno dopo la prima sosta. Mentre un problema in pit lane rovina la spettacolare rimonta di Pigot, risalito ai margini della top 5 dal 15° posto, e Newgarden compromette la sua corsa con una penalità, Dixon stacca Pagenaud e Hunter-Reay, avvicinandosi al duo di testa. Su una strategia di gomme diversa dagli altri, Castroneves decide però di chiudere la corsa con pneumatici duri, trovandosi costretto a lasciare spazio non solo a Power, ma anche a Dixon e al duo Hunter-Reay Pagenaud. Per l’australiano arriva così il tanto sospirato primo successo stagionale.
Scott Dixon prosegue il momento positivo centrando la più veloce pole position a Indianapolis dal 1996, il giorno dopo aver visto il violentissimo incidente in cui Bourdais (velocissimo fino a quel momento) si frattura il bacino. In gara il neozelandese è poi fortunato a uscire illeso da un incredibile incidente, che dopo 50 giri lo vede finire centrare la vettura fuori controllo di Howard, decollare e infine impattare contro le reti interne, con il casco a sfiorare il muretto per pochi centimetri. Fino a quel momento la corsa vive sull’incredibile prestazione di Fernando Alonso, assoluto catalizzatore del mese di maggio, che dopo un inizio titubante prende autorevolmente il comando della corsa. Alla ripresa delle ostilità lo spagnolo continua poi a gravitare nelle posizioni di testa, alternandosi al comando con i compagni del team Andretti, ancora una volta padrone della corsa grazie alla maggiore potenza del motore Honda. Dopo metà gara però i piloti della casa giapponese cominciano a tremare per una sequenza di rotture che in breve costringe al ritiro Kimball, Hunter-Reay e lo stesso Alonso, acclamato dai 300.000 in tribuna. Nel finale Max Chilton, a lungo in testa per via di una strategia alternativa, deve lasciar strada a Takuma Sato, il meglio piazzato dei piloti Andretti, e Helio Castroneves, sopravvissuto per miracolo alla carambola di Dixon. Il brasiliano negli ultimi giri mette a segno alcune manovre spettacolari che mandano in visibilio il pubblico, ma alla fine deve arrendersi alla maggiore velocità di un irriducibile Sato, che porta a casa il successo sfuggitogli nel 2012. Terzo un sorprendente Ed Jones.
Reduce da una 500 miglia sfortunata, Graham Rahal conquista a sorpresa la pole della prima corsa di Detroit, precedendo Castroneves. Dopo una neutralizzazione per un testacoda di Hinchcliffe alla prima curva, il pilota dell’Ohio domina le prime fasi mentre un errore strategico di Roger Penske esclude il brasiliano dalla lotta per la vittoria. Le posizioni si assestano dopo l’ultimo pit stop, con Rahal che va vincere in scioltezza davanti a Dixon, che nonostante la piccola frattura al piede rimediata a Indy riesce a emergere da un gruppetto comprendente Rossi, Newgarden e Hinchcliffe, incredibilmente terzo dopo il contrattempo iniziale.
Detroit 2
Pos.
Pilota
Punti
1
Scott Dixon
303
2
Helio Castroneves
295
3
Takuma Sato
292
4
Simon Pagenaud
278
5
Josef Newgarden
259
6
Graham Rahal
251
7
Alexander Rossi
246
8
Will Power
233
9
Tony Kanaan
223
10
James Hinchcliffe
216
In Texas Charlie Kimball conquista la sua prima pole position, precedendo Scott Dixon. Dopo una movimentata fase iniziale in cui Vautier da spettacolo in sostituzione di Bourdais, le Penske di Power e Pagenaud prendono il controllo della corsa, interrotta lungamente da numerose incidenti. Il peggiore vede Kanaan, già coinvolto nel precedente ritiro di Rossi, stringere Hinchcliffe contro il compagno Aleshin, innescando un incidente a catena che fa fuori 8 vetture ma non il suo artefice, punito con due giri di penalità. Se non bastassero gli incidenti, tra cui quello solitario di Newgarden, la corsa viene interrotta a più riprese per motivi di sicurezza legati ad un anomalo consumo delle gomme. Si creano quindi i presupposti per un finale di gruppo che negli ultimi giri vede Power respingere i decisi attacchi di Dixon, fino a quando Sato non si inserisce nella lotta, finendo per travolgere il neozelandese e causare l’ultima neutralizzazione che chiude le ostilità, consegnando a Power il successo davanti a Pagenaud e Kanaan.
Un incredibile dominio Penske in qualifica, con Castroneves a precedere Power, sembrerebbe ridurre ai quattro piloti del Capitano la rosa dei possibili vincitori a Road America. Nessuno tiene però conto di Dixon, che fa fuori Power e Pagenaud dopo la prima sosta e dopo aver bruciato Castroneves supera all’esterno Newgarden in una ripartenza. Nel finale neanche il brutto incidente di Kanaan, mandato contro il muro della curva “Kink” da Rossi, mette in dubbio il risultato, con Newgarden che può solo scortare il capo classifica fin sotto la bandiera a scacchi.
IOWA
TORONTO
Pos.
Pilota
Punti
1
Scott Dixon
423
2
Helio Castroneves
420
3
Simon Pagenaud
404
4
Josef Newgarden
400
5
Will Power
359
6
Graham Rahal
359
7
Takuma Sato
351
8
Alexander Rossi
330
9
Tony Kanaan
306
10
James Hinchcliffe
297
MID OHIO
POCONO
St. Louis, ultimo arrivato tra gli ovali corti in calendario, conferma il dominio Chevy su questo tipo di pista. Will Power guida infatti il solito poker Penske in qualifica, con Carpenter a chiudere la top 5. Dopo la bella vittoria di Pocono, St. Louis chiude però subito le speranze di titolo dell’australiano, in testacoda e contro il muro in curva 1 (insieme allo stesso Carpenter) dopo aver ceduto il comando a Newgarden. Il capo classifica mena le danze per quasi tutta la corsa, simile nella sua noiosità a Phoenix. All’ultima sosta collettiva però un pit stop lento sembra potergli negare il quarto successo, ma quando Pagenaud sembra avviato verso la vittoria, Newgarden trova un pertugio insperato in curva 1, spostando fisicamente il francese per prendere il comando. Il campione in carica evita il contatto col muro, non potendo però nulla contro Dixon, inaspettatamente veloce nel finale, che lo precede fino al traguardo. Per Newgarden arriva così l’ennesimo successo, nonostante una feroce polemica interna al team con Pagenaud.
Pos.
Pilota
Punti
1
Josef Newgarden
547
2
Scott Dixon
516
3
Helio Castroneves
505
4
Simon Pagenaud
504
5
Will Power
464
6
Graham Rahal
436
7
Alexander Rossi
422
8
Takuma Sato
410
9
Tony Kanaan
365
10
James Hinchcliffe
351
A Watkins Glen Alexander Rossi in qualifica mette d’accordo Dixon e Newgarden, centrando la prima pole position in carriera. La corsa è però condizionata dalla pioggia mattutina, che rende la scelta dell’assetto una lotteria. Le Penske puntano su una gara bagnata, ma dopo i primi giri sull’umido il resto della gara si corre sull’asciutto, mandando in crisi i piloti del Capitano. Rossi comanda a lungo la corsa, dovendosi però guardare da Dixon, in continua rimonta dopo varie vicissitudini in pit lane. Anche quando una bandiera gialla rischia di rovinare la corsa del californiano, finito in fondo al gruppo, un’altra neutralizzazione nel finale rimette a posto le cose, creando le premesse per il duello finale a colpi di giri da qualifica in cui Rossi riesce a precedere Dixon fin sotto il traguardo. Per il neozelandese un secondo posto fondamentale, considerando l’incredibile incidente che nel finale vede Newgarden centrare il muretto in uscita dalla pit lane, costringendolo a un 18° posto che compatta la classifica in vista dell’ultimo appuntamento di Sonoma. La grande giornata del team Andretti è completata da Hunter-Reay, che chiude il podio davanti a Castroneves e Rahal.
Pos.
Pilota
Punti
1
Josef Newgarden
560
2
Scott Dixon
557
3
Helio Castroneves
538
4
Simon Pagenaud
526
5
Will Power
492
6
Alexander Rossi
476
7
Graham Rahal
466
8
Takuma Sato
421
9
Tony Kanaan
375
10
James Hinchcliffe
360
Newgarden reagisce alla grande all’errore del Glen, conquistando a Sonoma la prima pole position stagionale a capo del solito poker Penske, con Dixon sesto. Mentre il leader della classifica guida agevolmente le prime fasi, la marcia del neozelandese è invece rallentata da Castroneves, che tiene Dixon a distanza dai compagni e sotto attacco da parte di Rahal e Hunter-Reay. Se buona parte del gruppo opta per una strategia a tre soste, Pagenaud e Kyle Moyer scelgono invece di fare quattro stint a ritmo di qualifica, tentando la carta delle quattro fermate. L’azzardo riesce, proiettando negli ultimi giri il francese davanti a Newgarden, che istruito da Tim Cindric si accoda. Dopo l’ultima sosta intanto Dixon ha finalmente la meglio su Castroneves, ma è ormai troppo lontano per impensierire Newgarden, che tagliando il traguardo dietro Pagenaud si laurea meritatamente campione IndyCar 2017.